Comunità, gioia, conoscenza: gli orti Slow Food

da | 22 Set, 2024 | Dove Andare, Eventi, Green, Lifestyle, Sagre e Festival, Tutto food

Un progetto collettivo che promuove cultura alimentare, coscienza ambientale, senso di comunità: gli orti di Slow Food

Ovunque si sono sviluppati, hanno portato gioia, conoscenza e l’idea di comunità. Sono gli orti Slow Food, nati 20 anni fa da una felice intuizione dell’allora vicepresidente del movimento Alice Waters che già negli anni novanta, in California, apriva il primo orto scolastico, fino ad allestirne uno alla Casa Bianca con la complicità di Michelle Obama. In Italia prendono piede nelle scuole a partire dal 2004.

Quel che si coltiva insieme è più buono

L’Orto in condotta è nato con l’obiettivo di costruire una cultura alimentare basata sul piacere e su una forte coscienza ambientale. In questi anni l’orto ha varcato il cancello di oltre mille scuole e formato più di tre mila insegnanti, ma non solo. Perché negli anni la platea si è allargata. L’orto ha iniziato ad aprirsi all’esterno della scuola coinvolgendo anche genitori, nonni, produttori locali e la rete Slow Food per mettere in circolo i saperi legati alla cultura del cibo e alla salvaguardia dell’ambiente. Uno strumento didattico che, oltre a permettere di affrontare le materie curricolari sul campo, riesce a fornire gli strumenti per tutelare la biodiversità, elemento essenziale per costruire il nostro futuro e far crescere una coscienza ecologica a partire dall’esperienza quotidiana. E poi, citando una maestra coinvolta nel progetto: «I bambini mangiano più volentieri la verdura in mensa se è quella coltivata da loro». In questi anni grazie all’orto si sono affrontati anche temi come la crisi climatica, i grassi e gli zuccheri, l’uso dell’acqua, lo spreco alimentare. Questa esperienza pedagogica e sociale è apprezzata da molti insegnanti, che investono tempo ed energie per reimpostare la didattica e coltivare la terra nei modi più fantasiosi… Gli orti infatti sorgono, non solo negli istituti con terreno libero, ma nei cassoni, nelle vasche da bagno recuperate e persino in jeans cuciti per contenere la terra e stesi ai balconi.

Orto in Africa

Il potere di aggregazione e il fascino culturale dell’orto è stato anche portato da Slow Food in ospedali, istituti di detenzione, ma soprattutto in Africa. Grazie al progetto Orto in Africa, nato nel 2017, nelle scuole, nei villaggi e nei sobborghi delle grandi città sei stanno moltiplicando appezzamenti di terra coltivata che offrono da mangiare a migliaia di persone. Sono quasi tre mila in 36 nazioni. Il concetto di orto qui è diverso. Attorno a uno spazio ruotano moltissime persone che se ne prendono cura con competenze locali, semi autoctoni e selezionati per individuare quelli adatti al proprio terreno senza dover spendere denaro per acquistare le bustine. Sono uno strumento semplice ed economico per avere a disposizione cibo sano e nutriente. Anche nei villaggi più remoti e nelle scuole più povere, gli orti Slow Food sono al contempo luoghi di giochi, feste e divertimento. Sicuramente non risolvono la questione della malnutrizione e i numerosi problemi che quotidianamente deve affrontare l’Africa, ma se di questi orti ce ne sono mille, diecimila, e tutti insieme dialogano e si sostengono, il loro impatto cresce.

Un progetto collettivo che promuove la rigenerazione del tessuto sociale

Insieme, possono trasformarsi in un’unica voce: contro il land grabbing, gli ogm e l’agricoltura intensiva, a favore dei saperi tradizionali, della sostenibilità e della sovranità alimentare. E possono rappresentare una speranza per migliaia di giovani. Tutti noi possiamo sostenere la realizzazione di questi orti andando sul sito www.fondazioneslowfood.it e cercando la sezione Orti in Africa.

Il futuro dell’orto sarà sempre di più incentrato sul concetto di comunità. In Italia si sta cercando di ampliare il più possibile i luoghi in cui far crescere orti. Mettere in piedi Orti Slow Food di comunità (www.slowfood.it/educazione/) animati da persone legate dal concreto interesse e impegno di conoscere da vicino il proprio cibo, contribuire alla tutela della biodiversità e dalla voglia di stare insieme. Sono inclusivi e danno a ciascuno la possibilità di partecipare a un progetto collettivo che promuove la rigenerazione del tessuto sociale. Questi orti sono molto di più che appezzamenti di terra coltivati. Non ci resta che, con amici, colleghi, vicini di casa, cercare di creare uno spazio per far nascere un orto, far germogliare delle speranze.

Di Valter Musso

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