Per una bella passeggiata nel verde, in uno degli ultimi tratti di quelle foreste che un tempo ricoprivano l’intera Pianura Padana e a pochi chilometri da Milano, la meta è il Bosco di Vanzago. Un’oasi gestita dal WWF che ci accoglie con il suo silenzio, ma anche con l’atmosfera familiare e calda degli edifici all’ingresso: la piccola foresteria, una casetta bianca circondata da un prato; il centro accoglienza con il pergolato ombroso nello spiazzo alle spalle; i portici dove trovano riparo gli attrezzi e il legname.
Con un’escursione guidata si va alla scoperta dei luoghi più pittoreschi dell’oasi, tra maestosi alberi centenari e nel cui fitto sottobosco trovano rifugio tanti animali tipici di questo ambiente: le volpi, le faine, i tassi, i ghiri, le lepri selvatiche, i ricci, gli scoiattoli, che saltellano in alto, tra i rami. Se si procede in silenzio, è possibile scorgere perfino un capriolo che occhieggia dietro un cespuglio: non a caso è proprio questo l’animale simbolo del parco. In primavera, poi, ci sono le farfalle, splendide e colorate e in estate le lucciole. L’escursione giunge fino al lago, uno specchio d’acqua al cui centro sorge un isolotto, rifugio dei caprioli e delle anatre. Nelle sue acque vive la rara testuggine palustre, mentre sulle sponde nidificano tante specie di uccelli (come il martin pescatore, l’airone, il germano) e altre vi sostano durante le migrazioni.
C’è un capanno dove è possibile fermarsi per osservare gli animali senza disturbarli: una bellissima esperienza per i bambini (a patto che riescano a stare in silenzio!). A sorpresa, nel cuore del bosco compare una piccola mandria di varzesi, una razza che rischiava l’estinzione.
Il fiore all’occhiello del Bosco di Vanzago è però il Centro di recupero degli animali selvatici (CRAS). Purtroppo non è possibile visitarlo, ma qui arrivano falchetti feriti dai cacciatori, rondoni caduti dal nido, lepri investite dalle auto, gheppi finiti sulle vetrate riflettenti di un edificio. Tutti sono accolti, curati, nutriti e pian piano rieducati finché non sono in grado di tornare liberi, nel loro habitat naturale.