Crescere bambine e bambini bilingui

da | 18 Feb, 2025 | Educazione, Lifestyle, Pedagogia

Anche in un contesto non nativo, anche se i genitori non sono madrelingua: intervista a Sara a Nicoliello Ellis, creatrice di Inglese Bimbi ed esperta in bilinguismo

Qualsiasi siano le lingue parlate, il bilinguismo è un superpotere, che porta vantaggi accademici e professionali, migliora le abilità cognitive e la creatività, e si accompagna a una maggiore sensibilità culturale.

Tra le tante lingue l’inglese continua a essere considerata la più utile per il futuro e tanti genitori investono in corsi per i propri figli già da piccolissimi, attività in inglese o babysitting madrelingua.

Un investimento che, però, non sempre porta i frutti sperati. E su cosa potremmo puntare se non abbiamo la possibilità di assumere una tata madrelingua full time o il tempo di portarli al corso più gettonato che magari dista venti minuti da casa?

Ne abbiamo parlato con Sara Nicoliello Ellis, insegnante madrelingua inglese e fondatrice del progetto Inglese Bimbi.

Crescere bambini bilingui

La missione appassionante di Sara è quella di crescere bambini bilingui. “Sono cresciuta in un contesto di bilinguismo simultaneo”, racconta Sara, papà italiano e mamma inglese. “La mia mamma mi parlava solo nella sua lingua, anche quando eravamo circondati da persone che non parlavano inglese. Sembra scontato, invece non lo è: in Italia spesso prevale la lingua maggioritaria, e conosco genitori stranieri che non sono riusciti a trasmettere la lingua nativa ai figli. Eppure, senza la conoscenza della lingua manca il legame con la cultura, fatta di parole del quotidiano ma anche di canzoncine o modi di dire, che quando sei piccola ti rimangono dentro”.

Sara di figli ne ha tre, di 16, 14 e 9 anni, e sono cresciuti rigorosamente bilingui.

“Ho sempre avuto ben chiaro che, se avessi avuto figli, avrei intrapreso la strada del bilinguismo. Parlavo loro in inglese già dalla pancia: se si hai questa intenzione, il tempo della gravidanza è un ottimo momento per capire come portare avanti questo progetto. Io ho scelto il metodo one parent one language – un genitore, una lingua ma ce ne sono tante altre adatte anche a chi non è madrelingua ma che portano ugualmente a risultati straordinari. Tra queste sono particolarmente efficaci Minority Language at Home (MLAH), in cui la lingua minoritaria viene usata esclusivamente in casa, o Time and Place (T&P), che prevede l’associazione di una lingua specifica a un momento della giornata o a un’attività, come il gioco o la lettura, rendendo l’apprendimento più spontaneo e divertente”.

Il momento migliore per iniziare

Non è mai troppo presto per imparare una lingua, anzi. Il cervello dei bambini è molto più plastico e adattabile, può formare più facilmente nuove connessioni. I piccoli sono più capaci di imitare i suoni di una nuova lingua e di acquisire una pronuncia più naturale. E poi non hanno pregiudizi o timori. “Iniziare a parlare con loro in inglese (o in un’altra lingua che conosciamo bene) sin da piccolissimi, inserendo gradualmente delle semplici routine è la cosa migliore che come genitori possiamo fare.

Nasce con questo obiettivo il progetto Inglese Bimbi, per portare l’inglese nella quotidianità dei bambini da zero a sei anni, ovvero il periodo della vita in cui si impara in modo spontaneo: ovviamente meglio se l’apprendimento avviene in modo bello e divertente, come un gioco che porta a far capire l’utilità della lingua”.

La motivazione del genitore

In questo processo, un genitore madrelingua inglese è avvantaggiato.

“Sicuramente, è innegabile. Tuttavia, una delle prime scoperte da insegnante è stato che sono la costanza e la frequenza con cui una bambina o un bambino viene esposto alla seconda lingua, oltre all’età in cui si inizia, a fare la differenza.

La mia prima esperienza è stata in un nido bilingue: anche i bambini più timidi dopo poche settimane in contatto quotidiano con la lingua iniziavano a parlare in inglese. E il salto avveniva dopo aver consigliato ai genitori di introdurre alcune routine in inglese anche a casa. Distribuivo loro una sorta di ‘copione’ da seguire, e i risultati erano incredibili. Quel poco tempo di gioco e attività quotidiana trasformava la percezione dell’utilità dell’inglese, che è alla base della motivazione”.

Questo percorso può essere quindi intrapreso anche da un genitore con un livello medio di conoscenza della lingua, ma che abbia voglia di imparare e mettersi in gioco. “Nel mio progetto ci sono diversi corsi, e i primi sono “Essential English For Parents e Inglese Together, dedicati ai piccolissimi, da 0 a 4 anni. Ma lavoro principalmente nella formazione e motivazione dei genitori, i quali, nel momento in cui lavorano sulla pronuncia corretta e si sentono sicuri, possono mettere in pratica due o tre attività al giorno con il proprio bambino”.

 

Costanza, frequenza, divertimento

Quando il tempo a disposizione è poco non importa la quantità ma la qualità, e la frequenza prima di tutto. Una lezione a settimana, un pacchetto di dieci lezioni seguito un’interruzione di due mesi, secondo Sara non rappresentano un metodo utile.  Meglio 10-15 minuti al giorno che un’ora a settimana.

“Anche i corsi più validi vanno seguiti con costanza. Per fare questo il metodo di Inglese Bimbi, ad esempio, si adatta alla quotidianità del genitore, integrando l’inglese nelle routine di ogni giorno, come giocare o leggere insieme, trasformando momenti semplici in opportunità di apprendimento e condivisione.

E poi il segreto è rendere la lingua pratica, utile e divertente, abbinando le parole anche a canzoncine o filastrocche. Si inizia inserendo semplici routine, come apparecchiare, fare colazione, vestirsi o lavarsi i denti.

Dopo l’entusiasmo iniziale, il rinforzo visivo è un alleato per la continuità. Se prendiamo, per esempio, la morning routine, un foglio appeso in camera con le varie tappe aiuta il bambino non solo a svolgerle in autonomia ma anche a ripetere le parole che caratterizzano quell’attività insieme al genitore.

Se l’esposizione alla lingua è quotidiana, il suono diventerà qualcosa di normale. E poi, ciò che conta davvero, è la relazione con il genitore. Un momento da trascorrere insieme, in cui si ascolta una canzone o si legge un libricino in inglese: questa è un’attività utilissima”. 

Less is more

E se non si inizia da piccolissimi, ma a 7, 8 o 9 anni, vale la pena cominciare il percorso o è troppo tardi? “Bisogna considerare che dopo i 5 o 6 anni l’apprendimento è meno naturale ma più cosciente: un bambino o una bambina potrà non capire perché il genitore sceglie di iniziare insieme una routine in inglese e potrà anche rifiutarsi. Spieghiamo quindi l’utilità e la bellezza di parlare un’altra lingua, se abbiamo la possibilità facciamo un viaggio all’estero; il coinvolgimento della famiglia continua a essere essenziale. Davanti all’opposizione, ritorniamo allo scopo e cambiamo metodo, andando alla ricerca di ciò che è per loro più stimolante. Il genitore non deve desistere ma mostrarsi sempre deciso in quello che fa. Non dimentichiamoci che praticare la lingua deve essere utile, divertente ed emozionante, perché i bambini imparano con la testa e col cuore”.

Se una strategia non funziona quindi, meglio cambiare metodo. Canzoni, app, video, letture, giochi: Internet oggi offre tante opportunità per assimilare e ascoltare l’inglese.

“Online si trova tanto, persino troppo materiale in cui si rischia di perdersi. In generale, dobbiamo selezionare e fare ordine: in questo caso è togliendo che si aggiunge tanto, e utilizzare bene il tempo che abbiamo a disposizione, anche se poco. Less is more – meno è meglio – come si dice in inglese: avere un piccolo obiettivo per volta, da raggiungere ogni giorno con tenacia e determinazione, per aprire una finestra sul mondo verso infinite possibilità”.

inglese bimbi

https://www.inglesebimbi.com

https://www.instagram.com/inglesebimbi

info@inglesebimbi.com

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