Il Portogallo ha emanato la prima legge in Europa per tutelare le donne vittime di violenza ostetrica. Perché partorire in modo rispettoso è un diritto
Partorire in modo rispettoso e dignitoso è un diritto delle donne. Eppure da numerose ricerche e sondaggi, come quella “Le donne e il parto” nata su iniziativa dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane, emerge un’altra visione dei fatti. Può capitare, infatti, che la donna e la sua libertà di scelta non siano tutelate, come nel caso della prescrizione di farmaci senza consenso e quando si verifica una mancanza di rispetto del corpo femminile
Da un decennio ormai, a partire dalla Convenzione di Istanbul, la violenza ostetrica e ginecologica è considerata a tutti gli effetti una violenza contro le donne. La legge manata di recente in Portogallo prevede la penalizzazione di trattamenti e pratiche inserite nel concetto di violenza ostetrica e considerati abusivi.
Per violenza ostetrica e ginecologica si intende “un insieme di comportamenti che hanno a che fare con la salute riproduttiva e sessuale delle donne, come l’eccesso di interventi medici, la prestazione di cure e farmaci senza consenso o la mancanza di rispetto del corpo femminile e per la libertà di scelta su di esso”.
Un’esperienza da cancellare
Analizzando i diversi momenti vissuti dalle madri durante le fasi del travaglio e del parto, circa un milione di madri in Italia – il 21% del totale – afferma di essere stata vittima di una qualche forma (fisica o psicologica) di violenza ostetrica alla prima esperienza di maternità. Il ricordo di uno di quelli che dovrebbero essere i più belli della vita assume una connotazione negativa e traumatica tanto da spingere il 6% delle donne a decidere di non affrontare una seconda gravidanza.
E sono particolarmente allarmanti i dati che rilevano che 4 donne su 10 (41%) denunciano l’assistenza al parto come lesiva della propria dignità e integrità psicofisica.
Le violenze più comuni
Una delle principali criticità deriva dal fatto che la violenza ostetrica spesso non viene riconosciuta: il 23% delle donne, infatti, ignora le pratiche considerate violenza ostetrica.
Tra le forme di violenza ostetrica più riconosciute c’è senz’altro il mancato coinvolgimento nelle decisioni prese dall’equipe ospedaliera: una donna su tre non si è sentita coinvolta in nessun modo nelle decisioni e nelle scelte fondamentali che hanno riguardato il suo parto.
Il 61% delle donne che hanno subito l’episiotomia, cioè il taglio della vagina e del perineo per allargare il canale del parto nella fase espulsiva, dichiarano di non aver dato il consenso. L’episiotomia è ancora praticata in una donna su due, con picchi soprattutto nelle regioni del Sud Italia. Circa 350.000 partorienti con l’episiotomia hanno visto tradita la loro fiducia nel personale ospedaliero.
Cifre da capogiro anche in riferimento alla pratica del parto cesareo. Nonostante le ripetute raccomandazioni OMS, in Italia il 32% delle partorienti ricorre al parto cesareo. Di queste, solo il 15% dichiara che si è trattato di un cesareo d’urgenza.
Poca informazione e scarsa assistenza
Ma le inappropriatezze denunciate dallo studio sono molteplici. Il 27% delle madri lamenta una carenza di sostegno e di informazioni sull’avvio dell’allattamento e il 19% la mancanza di riservatezza in varie fasi e momenti della loro permanenza in ospedale. Inoltre, il 12% afferma che è stata negata la possibilità di avere vicino una persona di fiducia durante il travaglio, presenza che sappiamo essere importantissima, e al 13% non è stata concessa un’adeguata terapia per il dolore.
Infine, in relazione alla sicurezza e al rischio nel parto, il 4% delle intervistate (circa 14.000 donne all’anno) afferma di avere vissuto una trascuratezza nell’assistenza con insorgenza di complicazioni ed esposizione a pericolo di vita.
Monitorare il fenomeno e prevenirlo
Successivamente al quadro normativo della Convenzione di Istanbul, una risoluzione europea qualifica finalmente la violenza ostetrica e ginecologica come violenza.
Il Consiglio d’Europa ha quindi invitato gli Stati membri ad affrontare il problema, assicurarsi che l’assistenza alla nascita sia fornita nel rispetto dei diritti e della dignità umana e garantire la protezione delle donne partorienti da qualsiasi forma di maltrattamento fisico o verbale durante l’assistenza al parto.
Inoltre, i Ministeri della Salute degli Stati devono produrre dati sulla violenza ostetrica e ginecologica e renderli pubblici.
È necessario, nell’ottica di una maggiore umanizzazione della nascita, introdurre i temi legati alla violenza ostetrica nella formazione del personale sanitario e affrontare anche i temi legati agli aspetti relazionali, al consenso informato, al rispetto delle diversità e al sessismo.
Un primo doveroso passo verso una maggiore consapevolezza delle donne, dei medici, della politica.
Dal punto di vista legale
Grazie alla nuova risoluzione, gli Stati Membri dovrebbero anche prevedere meccanismi che permettano di effettuare denunce relative alla violenza ostetrica e ginecologica, istituendo sanzioni per gli operatori sanitari e valorizzando la figura del difensore civico. È necessario anche provvedere un’assistenza idonea alle donne vittime di violenza ostetrica e ginecologica.
Infine, è bene sapere che è prevista una tutela per tutti i casi di violenza ostetrica, che sia psicologica (derisioni, body shaming, scherni da parte del personale sanitario nei confronti della partoriente) o fisica (sottoposizione a manovre non autorizzate o procedure senza consenso informato).