Le donne senza figli guadagnano più delle mamme

da | 2 Mag, 2023 | lavoro

Assenze, part-time, congedi retribuiti: le mamme in Italia percepiscono 11 settimane di stipendio in meno rispetto alle donne senza figli

Avere figli in Italia non è penalizzante soltanto per quanto riguarda il tema delle opportunità e delle ambizioni, ma lo è anche economicamente. E non di poco. 

Il gap tra le donne che hanno figli e quelle che non ce l’hanno è piuttosto significativo

Molte famiglie hanno investito una parte del proprio reddito o dei propri risparmi per “concedersi il lusso” di congedi retribuiti al 50% o di un servizio di babysitting. 

 

11 settimane in meno all’anno

Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, ha evidenziato che le donne con figli lavorano in media 11 settimane in meno rispetto alle altre. Le madri che scelgono il part-time dopo la maternità facoltativa o i congedi parentali non retribuiti sono il triplo rispetto a chi è senza prole. Alla diminuzione del tempo lavorato corrisponde anche (il danno e la beffa) uno stipendio mediamente più basso: il 6% in meno.

 

Più assenze, meno riconoscimenti

Bimbi malati, visite e vaccini, portano le madri ad assentarsi dal lavoro. Il modello familiare carica soprattutto le donne del lavoro di cura e di quello domestico e perciò ha una ripercussione sulle assenze e la richiesta di congedi straordinari. Anche qui, si verifica una situazione di danno e di beffa: le madri sono spesso etichettate dai colleghi come “assenteiste e meno flessibili agli impegni lavorativi”. 

In Germania i genitori hanno diritto a 20 giorni di congedo retribuito al 90% ogni anno per ogni figlio. 

Al contrario, in Italia ferie e permessi sono esattamente gli stessi per i lavoratori con figli a carico e per quelli che invece figli non hanno.

Chi gode di un contratto a tempo indeterminato può chiedere 6 mesi di astensione facoltativa dal lavoro con una retribuzione al 30%, fino agli 8 anni del bambino – a seconda del reddito – e senza retribuzione tra gli 8 a i 12 anni.  Un tipo di congedo che raramente viene assegnato ai padri, per motivi culturali e per la scarsa disponibilità dei datori di lavoro. 

 

Per gli uomini si inverte la rotta

Per i papà il discorso non è lo stesso, anzi: secondo una ricerca della Columbia University, guidata dall’economista Solomon W. Polachek, un padre di famiglia ha più probabilità di vedere un aumento di retribuzione di un uomo single (e ovviamente anche di una donna).

Eppure anche i padri dovrebbero avere a che fare con figli malati, riunioni scolastiche, visite e vaccini. A quanto pare non è così, visto che gli effetti della maternità hanno ripercussioni solo sulla carriera professionale delle neomamme, anche a distanza di anni. 

 

Eppure le mamme lavorano di più

La logica sembra sostenere la tesi che le donne che diventano mamme guadagnano meno perché lavorano meno. 

Non è proprio così. Secondo la ricerca dell’IZA Institute of Labor Economics intitolata “Parenthood and Productivity of Highly Skilled Labor”, risulta che la maternità incrementa la produttività e che, nell’arco di trenta anni di carriera, le mamme riescono spesso a sorpassare le colleghe senza figli. 

La produttività della donna ha un calo dopo la nascita del figlio, ma aumenta poi dal 15 al 17%, un vantaggio portato dall’aumento delle competenze e dall’efficienza organizzativa. Chi più di una neomamma è capace di destreggiarsi tra le mille incombenze della vita?

Quindi: bando ai pregiudizi e sì al sostegno. Alle madri e ai padri (soprattutto a questi ultimi) servono contratti di lavoro che prevedano ferie e permessi, tenendo bene in mente che il sostegno non basta se non c’è una cultura che spinge per una equa divisione del lavoro di cura all’interno della famiglia.

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