Dopo l’esperienza in Finlandia, una mamma racconta il rientro in Italia e delle sue figlie, tra difficoltà, scuola e speranze per il futuro
All’inizio di quest’anno una notizia ha fatto il giro dei media italiani: una mamma finlandese, trasferitasi in Sicilia, dopo qualche mese è fuggita con la sua famiglia denunciando un sistema scolastico “povero”, con insegnanti impreparati, strutture inadeguate e rumorose, e un metodo d’insegnamento antiquato.
Un sistema fatto di persone, docenti e famiglie, che di sicuro ha bisogno di un cambiamento culturale e di visione verso il futuro: i problemi sono tanti, ma la soluzione al problema non è certo la fuga.
Competere con il sistema finlandese non è facile, altamente considerato per innumerevoli motivi, tanto da ispirare dibattiti ed esperimenti in tutto il mondo per migliorare l’istruzione.
Tra questi, l’approccio incentrato sugli studenti, l’accessibilità allo studio e la riduzione delle disuguaglianze, l’ambiente scolastico, gli investimenti nell’istruzione e la cultura stessa dell’istruzione, altamente valorizzata e rispettata.
A questo modello ci si può ispirare ma pensare di replicare il sistema scolastico finlandese altrove non è realizzabile, poiché la sua efficacia dipende da una serie di fattori culturali, politici ed economici specifici della Finlandia.
Di questo abbiamo parlato con Vincenza, architetto e mamma di Matilde e Federica, rientrate in Italia da circa due anni, che attraverso la sue esperienza di rientro nel proprio paese di origine ci introduce a questo paragone che è stato così tanto semplificato ma che in realtà è tanto complesso.
Asilo nido o aspettativa?
Situata a 150 chilometri da Helsinki, nel sud ovest del paese, Turku è la terza città della Finlandia, località turistica e costiera che si affaccia sul mar Baltico e centinaia di isole.
Qui Vincenza e Andrea si sono trasferiti nel 2010 per motivi di lavoro, ricercatore lui e architetto lei. Quattro anni dopo, la loro vita da expat cambia: arriva prima Matilde e dopo appena due anni Federica. Per entrambe, terminato il periodo di maternità della mamma, è ora di andare all’asilo – Päiväkoti, che significa casa di ogni giorno – e che ospita i bambini da 0 a 7 anni.
“Al contrario di quel che si pensa, il congedo di maternità in Finlandia non è più lungo che in Italia, anzi: dura solo quattro mesi. A questi però si possono aggiungere altri 5 mesi di congedo parentale, accessibile allo stesso modo a entrambi i genitori. L’idea più diffusa è quella, se possibile, di mandare il bambini all’asilo quando è il più autonomo possibile, senza fretta, utilizzando tutti i permessi a disposizione.
Poi c’è anche un’altra alternativa, che noi non abbiamo utilizzato, ma che reputo molto originale e vantaggiosa. Al termine della maternità infatti, ogni genitore lavoratore riceve una lettera da parte del governo che ti informa della possibilità di stare a casa in aspettativa per 3 anni. La posizione lavorativa è ‘congelata’, e ricevi un sussidio proporzionale al tuo stipendio.
Noi abbiamo però scelto di mandare le bimbe all’asilo a 10 mesi, in un asilo pubblico perché più vicino a casa, ma la qualità degli asili è molto buona ovunque. Dal punto di vista dei costi non cambia nulla, perché se si sceglie il privato il governo rimborsa la differenza rispetto al pubblico. In questo modo rendono l’asilo un servizio accessibile a tutti. Ma c’è una cosa che mi ha colpito più di tutte: gli asili nei campus universitari. Essere giovani, studiare e avere figli è ammesso ed è possibile”.
Un ambiente a misura di bambino
In Finlandia, l’età di inizio della scuola è generalmente fissata a 7 anni, leggermente più tardi rispetto a molti altri paesi. Questa politica educativa si basa su un approccio pedagogico che pone un’enfasi particolare sul gioco, sull’apprendimento informale e sulla socializzazione.
La stessa scuola ospita bambini da 0 a 7 anni, divisi in tre gruppi: fascia 0-3 anni, 3.5 anni e infine l’anno di pre-school, obbligatorio, per i bambini di 6 anni.
Che cosa hanno di diverso le scuole finlandesi rispetto a quelle italiane?
“Da architetto e mamma, una delle cose che ho apprezzato di più è stato l’ambiente, in senso di organizzazione dello spazio: è tutto curato ed esteticamente molto bello.
Accogliente, a misura di bambino, quando entri togli le scarpe e ti senti a casa. Come mamma, lasciarle in un ambiente così, mi faceva stare molto tranquilla.
Unico neo? Negli edifici fa troppo caldo e specialmente in inverno c’è un grande sbalzo di temperatura, bisogna letteralmente spogliare i bambini e lasciarli vestiti in cotone leggero. Credo però questo sia anche dovuto al fatto che in Finlandia, quando fa molto freddo, si sente la necessità di entrare in un posto molto caldo per far tornare il corpo alla sua normale temperatura”.
Aria aperta e autonomia
Al Päiväkoti, scuola dell’infanzia in finlandese, i gruppi di bambini fascia 0-3 non sono numerosi, al massimo 12 e c’è una maestra ogni 4 piccoli. Dai 3 ai 5, invece, un insegnante ogni 7 bambini.
“Sin da piccoli, sia a scuola che a casa, l’educazione è mirata al raggiungimento dell’autonomia. Ottimo, anche se a mio parere un po’ eccessivo alla scuola primaria: a 7 anni i bimbi vanno e tornano da scuola da soli, prendendo anche l’autobus. Non dico che sia sbagliato: i finlandesi sono tranquilli perché si fidano della comunità che si prende cura dei bambini. Ma un po’ troppo per la mamma italiana apprensiva che è in me: quando li vedevo al buio e al freddo, a piedi o ad aspettare l’autobus, mi sembrava davvero troppo presto. L’abitudine di andare a prendere i figli a scuola non è per nulla diffusa, quindi non c’è tanto contatto né con gli insegnanti né con gli altri genitori, come in Italia avviene fuori dalla scuola ogni giorno. I genitori stranieri che conosco soffrono un po’ questa mancanza di momenti di confronto”.
Un altro aspetto importante nelle scuole del Nord Europa è l’outdoor education, quasi quotidiana, eppure in Finlandia non è raro avere temperature pari a meno 20 in inverno. “L’’esperienza all’aria aperta è un aspetto che ho apprezzato molto e, da mamma italiana, mi ha aperto un nuovo punto di vista. La nanna fuori non è una leggenda: i bambini molto piccoli dormono nel passeggino, all’aperto, e i più grandicelli nei lettini.
Ogni giorno escono in giardino almeno un’ora la mattina e un’ora il pomeriggio, con qualunque condizione atmosferica. Nel giardino della scuola c’è anche una pista di pattinaggio; e un giorno alla settimana viene organizzato interamente all’aria aperta, nel bosco o in spiaggia.
Se la temperatura va sotto i meno 15, l’uscita è a discrezione dell’insegnante. Ovviamente ci sono state fornite tutte le indicazioni sul vestiario: stivali, scarpe da neve e tute termiche che cambiano a seconda della stagione”.
Pioggia e freddo, non vi temo
Nel 2021 Vincenza e Andrea decidono di fare ritorno in Italia, nella provincia di Firenze: lo shock culturale per le bambine non è da poco. Matilde deve iniziare la seconda elementare, Federica l’ultimo anno di scuola materna. “Nonostante le mascherine alla primaria e l’impostazione della giornata per nulla dinamica, quella che ha sofferto di più il rientro è stata Federica, che frequentava l’ultimo anno di materna: non potersi togliere le scarpe a scuola era davvero strano, come lo era l’impossibilità di fare il pisolino al pomeriggio. Dopo 2 anni le bambine si sono ben ambientate e sono contente di vivere in Italia, anche se pensano alla Finlandia con un po’ di nostalgia. Ancora oggi chiedono ‘Quando arriva l’inverno?’, perché qui in Italia, l’inverno è molto diverso.
Un fatto curioso è avvenuto il primo giorno di pioggia in autunno. Avevo portato gli stivali perché a loro piace un sacco giocare sotto la pioggia e nelle pozzanghere, ma arrivate in piazza, non c’era nessuno, i bambini della scuola erano fuggiti via. Ho visto tanta perplessità nei loro visi, e hanno capito che in Italia, quando piove, la gente non esce.
Come mamma, ritengo che escano poco fuori e, a parità di ore, le vedo più stanche, forse perché la giornata a scuola era più leggera.
Noto anche molto più evidenziate le differenze di genere, rispetto alla Finlandia, dove da piccoli non si comprano vestiti da maschietto o femminuccia. I bambini sono bambini, per loro ci sono le righe, i pois e tutti i colori”.
Ancora più inclusiva
Un approccio che sta cambiando ma che è ancora radicato è quello legato alla punizione.
“Forse questo è l’aspetto in cui Italia e Finlandia differiscono maggiormente. Quando le bimbe hanno iniziato la scuola in Italia, ho scoperto che alcuni insegnanti utilizzano le punizioni e la collezione di X per chi si comportava male, con annessa umiliazione davanti alla classe.
Ecco, in Finlandia si usano altri metodi, talmente opposti da lasciarmi a volte basita.
Se un bambino corre quando non deve, si addormenta sul banco, o non si comporta come dovrebbe, non viene rimproverato sul momento. I maestri riferiscono il comportamento ai genitori mediante registro elettronico, un approccio davvero insolito e opposto rispetto al nostro. Con i nostri non funzionerebbe, ma con i bambini finlandesi sì”.
Ma a parte l’outdoor education, gli spazi scolastici, le punizioni, in cosa l’Italia dovrebbe guardare alla Finlandia? “Il sistema italiano è sempre stato considerato uno dei più inclusivi in Europa, eppure non lo è più come una volta. La società cambia, e la scuola deve saper rispondere alle nuove esigenze.
Anche se la maggior parte delle famiglie sceglie la scuola pubblica, crescere figli in Italia è molto più costoso rispetto alla Finlandia, dove la scuola fornisce tutta l’attrezzatura scolastica, dai tablet ai colori. Qui, oltre al materiale, ci sono anche le attività extra, lo sport a pagamento, i contributi a scuola, i corsi di inglese in più, la gita. E questo crea non poche disuguaglianze.
Ma non è solo una questione economica. Dal punto di vista dell’inclusione, si potrebbe fare molto di più per le famiglie straniere. L’attenzione che ho vissuto nella scuola finlandese verso i bambini che non parlavano la lingua, in termini di supporto linguistico e culturale, in Italia non l’ho vista quasi per nulla. A scuola della mie figlie ho preso molto a cuore le famiglie di bambini stranieri: ci sono cinesi, russi, rumeni, marocchini, somali. E non hanno il supporto che dovrebbero avere.
In Finlandia gli insegnanti hanno al collo una serie di disegni che descrivono le varie attività, e affiancano il parlato al disegno. Mia figlia è stata molto sostenuta quando, dopo un lungo periodo in Italia, ha avuto problemi a parlare la lingua. Allo stesso tempo, mantenere la propria lingua e cultura di origine è considerato un aspetto importante e la sua conservazione è sostenuta dal governo: dalla primaria in poi i bambini seguono un corso extrascolastico obbligatorio, di 3 ore a settimana, della lingua e cultura. Se fossimo restati lì, Matilde e Federica avrebbero dovuto seguire quello di italiano”.
Eppure la Finlandia non è un paese così aperto verso lo straniero: i finlandesi sono in genere molto chiusi e l’idea di paese multiculturale anche lì è ancora lontana.
“Sì è assolutamente così, ma sui bambini non si fa distinzione. I bambini devono partire tutti dallo stesso livello, avere le stesse opportunità, e il sistema sociale mette tutti in condizioni di avere pari diritti e dignità. E questa, a mio parere, è la vera inclusione”.