Un viaggio alla scoperta di fantasmagoriche opere colossali di arte e design, per sentirsi bambini anche da grandi
Agli occhi dei bambini, si sa, tutto appare più grande. Ciascuno di noi ha un ricordo di quel giardinetto dell’infanzia che un tempo sembrava enorme e che oggi altro non è che un fazzoletto di terra. Se tutto pare grande, pensiamo all’effetto strabiliante che può fare l’osservazione di certi giganti veri e propri, opere d’arte e di design così immense da farci sentire tutti più piccini.
Papere di gomma e calamari gonfiabili
È dal 2007 che Rubber Duck, una enorme papera gialla di gomma creata dall’artista Florentijn Hofman, olandese di nascita ma tedesco di adozione, gira i mari in cerca di porti in cui approdare. L’ispirazione di Rubber Duck deriva da un episodio realmente accaduto: nel 1992 una nave da carico cinese diretta a Hong Kong riversò in mare centinaia di contenitori pieni di giocattoli, tra cui 28.800 papere di gomma che avrebbero galleggiato sulle acque per almeno un decennio.
L’ultima comparsa di Rubber Duck è stata l’anno scorso in Cile. non si sa dove sbarcherà la prossima volta, ma Florentijn Hofman ha in catalogo un tot di altre cosette, come l’ippopotamo gigante Hippopothames che galleggiò sul Tamigi o il Pink Floating Fish, un gigantesco pesce rosa galleggiante che in questi giorni si staglia pittoresco su un lago vicino Shanghai, in Cina. Sempre nel campo della “Inflatable art”, come non celebrare i calamari giganti degli art attack di Filthy Luker? Improbabili, spaventosi e divertenti, i tentacoli sbucano coloratissimi, senza avvertire, dai palazzi e dalle strade. E quando arrivano, è gioia pazza per i bambini.
Aghi, papaveri e panchine
Lavorare su grande scala è uno stimolo per la creatività di alcuni artisti contemporanei, primo fra tutti Claes Oldenburg, un “gigante” per la sua importanza nel movimento della Pop Art. Insieme alla moglie Coosje van Bruggen, Oldenburg ha realizzato innumerevoli sculture monumentali in diverse parti del mondo, con la particolarità di elevare alla grande dimensione oggetti comuni: un arco con la freccia, un cono gelato, una cravatta svolazzante. La scelta non è mai casuale e si ispira alle caratteristiche del territorio che lo ospita. Una di queste impressionanti opere d’arte giganti si trova a Milano, è un gigantesco ago che si infila sotto la pavimentazione di piazzale Cadorna. dall’altra parte della piazza sbucano i fili con il nodo finale. Si tratta di un omaggio al mondo della moda, così importante in città, mentre il colore dei tre fili richiama il colore delle tre linee metropolitane milanesi.
Non dimentichiamo che un’altra bellissima opera di Oldenburg e van Bruggen fa parte della Collezione Permanente del Castello di Rivoli, Museo d’Arte Contemporanea alle porte di Torino: è il “Fiore caduto”, un enorme papavero che sembra sfuggito dalle mani di un gigante e che suscita stupore e ammirazione ogni qualvolta viene presentato nelle antiche sale del Castello.
Un po’ meno imponenti, ma famosissime sui social, sono le Panchine Giganti delle Langhe. In questo caso, chi le ha pensate è un designer americano, Chris Bangle, che dopo una brillante carriera si è innamorato delle colline piemontesi e ci si è trasferito. Qui ha fatto installare le celebri panchine, la prima nel cortile di casa, poi in giro. ne è risultato un circuito turistico, il “Big Bench Community Project”, quarantaquattro panchine in zone panoramiche di grande bellezza. da Facebook a Instagram, centinaia di foto ritraggono turisti seduti e che si arrampicano, da soli o in gruppi, una vera icona del gigantismo.
photo courtesy Michele D’Ottavio
Atomi e mollette
Più stabile, ma decisamente fuori proporzione, è la molletta alta sei metri realizzata da Mehmet Ali Uysal ed esposta a Chaudfontaine Park, in Belgio, non lontana da un altro monumento fuori scala, L’Atomium, una costruzione in acciaio che rappresenta i nove atomi di un cristallo di ferro e che svetta nel parco Heysel di Bruxelles.
Se vi trovate in Svizzera nei pressi del Lago Lemano, a Vevey, ci potrete trovare piantata una enorme forchetta d’acciaio inossidabile, scolpita nel 1995 dagli artisti Jean-Pierre Zaugg e Georges Favre per offire ai turisti un “assaggio” di quello che vedranno su una delle sponde: l’Alimentarium, il Museo dell’Alimentazione.
Cani, bagnanti e iperrealismo
Si chiama Die badende (La bagnante) la colossale scultura di Oliver Voss che emerge dal lago di Alster ad Amburgo, che spunta dall’acqua con il volto e le ginocchia di una donna bionda. Lunga quasi trenta metri, ha provocato un bel po’ di critiche, ma è diventata una star in tutte le fotografie dei turisti.
Tra i giganti del gigantismo, come non citare Ron Mueck? Nato in Australia, questo grande artista che lavora in Gran Bretagna è figlio di artigiani costruttori di giocattoli. La sua arte prende spunto dalla costruzione di modelli e pupazzi, che riproduce in grandissime dimensioni con aspetto iperrealistico. Avvicinarsi alle sue opere produce stupore, paura, talvolta ribrezzo, persino un senso di tristezza e solitudine a sentirsi tanto piccini di fronte a figure umane così grandi. Molte sue opere sono conservate alla Tate Modern di Londra, un colosso dell’arte contemporanea che merita sempre una visita, anche per la nuova (enorme) ala piramidale, da poco inaugurata, che ne ha raddoppiato lo spazio espositivo.
Infine a Bilbao, nei Paesi Baschi, c’è il Museo Guggenheim, che già di per sé è una struttura fantasmagorica (c’è chi l’ha paragonato al corpo di una balena). Progettato dall’archistar Frank O. Gehry, lo strano edificio rivestito da fogli metallici risplendenti è considerato una delle architetture più rappresentative del Novecento. In aggiunta, a fare la guardia all’ingresso, appare una scultura gigante: Puppy di Jeff Koons, un “cagnolone” alto dodici metri e rivestito con ben settantamila fiori.
L’artista americano Koons, che ha raggiunto la fama internazionale negli anni Ottanta, è un mago degli eccessi. Le sue opere sono dei veri monumenti al kitsch e celebrano la nostra epoca dell’usa e getta, dell’apparenza e della spettacolarizzazione. In questo caso, il cucciolone fa riflettere sulla transitorietà della vita: non è un’opera destinata a sopravvivere secoli e secoli come le piramidi in Egitto, ma è frutto della cultura contemporanea. Una cultura che si sofferma sempre meno sulle cose, sulla bellezza che inesorabilmente è destinata a sfiorire, proprio come i fiori che ricoprono Puppy.