Accelerando in curva: l’andamento demografico in Italia

da | 19 Mag, 2022 | Lifestyle

Di nascite, andamento demografico e pensioni: il futuro dell’Italia

18 anni, 6 mesi e 1 giorno è l’anzianità contributiva con cui la mamma di chi scrive è andata in pensione: aveva poco più di 40 anni ed era nel pieno delle sue forze, ma è comunque salita in cielo molto prima di diventare nonna e di quanto avessero potuto pronosticare le migliori statistiche dell’epoca. Sebbene si stia parlando del secolo scorso non sono passati poi così tanti anni da un mondo che non esiste più (per fortuna) e che non potrà più esistere in futuro (per necessità).

Si parla di nascita e di rinascita in questa fiorita edizione di maggio e mi è venuto spontaneo associare questo tema a quello della previdenza e dell’evoluzione del nostro sistema pensionistico perché è strettamente correlato alle nuove nascite, alla speranza di vita, alla distribuzione demografica per classi di età e al numero di persone attive (che lavorano, guadagnano e versano contributi e imposte). Ma andiamo con ordine.

Micro didattica sui tipi di pensione

Da ormai oltre 25 anni (riforma Dini della Legge 335) il nostro sistema previdenziale è stato incentrato su un criterio di calcolo contributivo della pensione. Questo significa che l’assegno pensionistico dovrebbe essere in qualche modo proporzionale al montante dei contributi versati nel corso della vita lavorativa (rivalutati in ragione del tempo trascorso dal versamento) e alla speranza di vita media stimata nell’anno di pensionamento.

Prima del 1996 il criterio di calcolo era di tipo retributivo e la pensione era in qualche modo proporzionale alle retribuzioni maturate negli ultimi anni di lavoro – incorporava nella stragrande maggioranza dei casi un regalo che le attuali generazioni di lavoratori stanno lautamente scontando.

Per non ledere i diritti di chi aveva iniziato a lavorare prima del 1996, ma non aveva ancora maturato la pensione, è stato previsto un regime transitorio in cui il calcolo della pensione spettante è di tipo misto. Attualmente si matura il diritto ad andare in pensione alternativamente al raggiungimento di:

• una certa età (pensione di vecchiaia), che oggi è fissata in 67 anni per uomini e donne (a condizione che ci siano almeno 20 di lavoro, altrimenti si passa a 71 anni);

• un numero prestabilito di anni di lavoro e di contributi versati (pensione contributiva), che oggi sono pari a 42 e 10 mesi (un anno in meno per le donne);

• un mix dei due limiti di cui sopra. Il legislatore nel tempo ha modificato questi limiti con valutazioni di carattere politico le cui finalità non sempre avevano come fine principale la sostenibilità complessiva del sistema previdenziale.

Andamento demografico e dei pensionati

Dal 1980 ad oggi la speranza di vita media si è allungata di circa 6 anni passando in media da 80 a quasi 86 con una consistente differenza tra gli uomini e le donne. 

Per il futuro è ragionevole prevedere un ulteriore incremento della longevità della popolazione. C’è però un problema: l’Italia sta invecchiando in modo più rapido rispetto a quanto stia crescendo la speranza di vita e ahinoi questo processo è destinato ad accentuarsi, salvo sorprese. Attualmente l’età media della popolazione si aggira intorno ai 45 anni, ma si stima che nel 2050 possa sfiorare i 51. Inoltre, la popolazione italiana sta progressivamente diminuendo: il numero di neonati è decisamente inferiore al numero dei nonni che ci lasciano.

L’ISTAT stima che nel 2065 la popolazione complessiva scenderà a circa 53 milioni rispetto agli attuali 60 scarsi ipotizzando uno scenario in cui la speranza di vita possa continuare a crescere. In questa proiezione è stato inoltre ipotizzato un saldo migratorio positivo in entrata per ben 165 mila persone in più ogni anno. Un’ulteriore considerazione è legata all’evoluzione della distribuzione della popolazione per classi d’età. Si stima che nel 2065 gli individui in età attiva (tra 15 e 64 anni) subiranno un calo considerevole passando dall’attuale 64% a meno del 55%, mentre gli ultra 65enni passeranno dall’attuale 23% a oltre il 33%.

Al crescere della speranza di vita e al diminuire del numero di potenziali lavoratori rispetto al totale dei pensionati cresce inevitabilmente la quota di spesa pensionistica e assistenziale a carico dello Stato. Questo significa che non bastano i contributi già elevatissimi a carico del costo del lavoro, ma si deve attingere alle risorse provenienti dalla fiscalità generale. Nella torta presente nel cassetto fiscale di ciascun contribuente italiano che descrive a quale tipologia di spesa è stata destinata l’Irpef, la fetta più grande dell’ultimo anno, pari a oltre il 21% è andata a integrare le pensioni. A parità di prelievo fiscale la necessità di destinarne una quota rilevante a beneficio dei pensionati potrebbe significare sottrarne una quota per esempio per gli asili, la scuola, la cura dei giardini, delle strade o non avere fondi a sufficienza per poter investire e rischiare qualcosa sul futuro.

Studio, lavoro o lavoro studiando?

Un ultimo aspetto da considerare è il progressivo aumento dell’età a cui i giovani iniziano a lavorare. Inoltre, la precarietà, la brevità e spesso anche il tempo parziale non voluto dei primi rapporti di lavoro in un sistema che vorrebbe conteggiare la pensione spettante in ragione di quanto versato e per quanto tempo, non può che contribuire ad alzare la soglia dell’età pensionabile.

Auspicio a lieto fine

Chi scrive crede che buona parte del nostro futuro non solo debba ancora essere scritta, ma che noi tutti possiamo contribuire a scriverne un bel pezzettino.

Dopo aver maturato una spannometrica consapevolezza delle dinamiche in atto, visto che maggio è anche il mese della fertilità, è bello potersi impegnare, ciascuno a modo suo, per fare in modo che nel 2065 possano essere raggiunti nuovi e diversi equilibri o più semplicemente che si riesca a essere ben più di 62 milioni e con un sacco di giovani quarantenni pieni di energia, entusiasmo verso il futuro e tantissima voglia di lavorare!

Di Alessandro Martini, Studio Fabbro Martini

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