Quale acqua per i bambini, dal biberon alle prime pappe

da | 28 Feb, 2019 | Lifestyle, Salute e Benessere

Come il cibo, l’acqua diventa improvvisamente importante quando si è genitori. Quale acqua utilizzare per la prima pappa? Per i primi sorsi durante lo svezzamento? E il latte artificiale?

Quale acqua utilizzare per la prima pappa? Per i primi sorsi durante lo svezzamento? Per il latte formulato? Va bene l’acqua del rubinetto o ha qualche controindicazione? E l’acqua degli erogatori pubblici? Meglio preferire l’acqua “speciale” per neonati venduta in farmacia o al supermercato?

La verità è che l’acqua è tutta uguale: lo affermano molti pediatri, come Vincenzo Calia (medico pediatra ed ex direttore della rivista UPPA).

Non c’è differenza apprezzabile (a parte il costo) fra il latte ottenuto diluendo la polvere in acqua “speciale” e quello che si ottiene diluendo la stessa polvere nell’acqua del rubinetto. E lo stesso vale per la preparazione delle pappe.

Quale acqua per i bambini

Certo, l’acqua deve rispettare taluni parametri. Il residuo fisso deve essere basso (meno di 500 mg per litro), nitrati e sodio meno di 10 mg per litro, calcio meno di 100 mg per litro, cloro meno di 25 mg per litro e fluoro meno di 1,5 mg litro.

Ovviamente l’acqua non deve contenere nitriti né ammoniaca. Tutti questi minerali (a parte nitriti e nitrati che sono pericolosi per altri motivi) alterano la composizione del latte.

Nel confronto svolto da Vincenzo Calia fra diverse acque che si trovano comunemente in vendita, quella speciale comprata in farmacia e quella del rubinetto proveniente dagli acquedotti di Milano, Roma e Bari, emerge che solo il calcio è presente in maniera maggiore nell’acqua del rubinetto.

Il calcio è responsabile della maggior durezza dell’acqua, ma a livello pediatrico non è un problema, perché il calcio in eccesso viene eliminato con l’urina. Medesimo discorso per l’acqua erogata negli erogatori pubblici, dato che in genere proviene dagli acquedotti che riforniscono le case.

Attenzione a nitriti e nitrati

Nitriti e nitrati sono indice di inquinamento. I nitrati sono responsabili della “sindrome del bambino azzurro”, ovvero di una forma di tossicità acuta che può colpire i neonati. Alte concentrazioni di questa sostanza possono causare metaemoglobinemia, ossia l’accumulo nel sangue di una forma alterata di emoglobina che non è in grado di legare l’ossigeno e di trasportarlo ai tessuti.

L’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) rassicura: “bisogna considerare le concentrazioni: quelle di nitrati e nitriti nell’acqua potabile sono molto basse, quasi inesistenti”.

In Italia un decreto del 2003 ha stabilito che i nitriti debbano avere una concentrazione inferiore a 0,5 mg/L, mentre per i nitrati la massima concentrazione consentita è 50 mg/L. Entro questi limiti, le acque potabili possono essere consumate in condizioni di sicurezza nell’intero arco della vita.

Per chi usa il biberon e il latte formulato

Ergo, secondo gli esperti possiamo usare l’acqua che preferiamo, a patto che rispetti i numeri di cui sopra. I neo-genitori possono tirare un sospiro di sollievo. Ma non proprio tutti.

Un secondo dubbio può colpire infatti il genitore che allatta con latte “artificiale”. Qualunque sia l’acqua prescelta, basta usarla così com’è? Va fatta bollire? C’è qualche precauzione da prendere per stare tranquilli?

In effetti, l’acqua è la risorsa potenzialmente meno inquinata che usiamo per la ricostituzione del latte. Ma possiamo dire lo stesso dei sacchetti aperti del preparato o dei suoi misurini? No. Così, per ridurre la possibilità di sviluppo della flora patogena eventualmente presente nella polvere e per evitare contaminazioni ambientali nella fase di preparazione del latte formulato, la FAO e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomandano di far bollire un litro di acqua del rubinetto. L’acqua va fatta raffreddare per 30 minuti, fino a quando la temperatura scende a circa 70 °C. Solo a questo punto si preleva il quantitativo necessario di acqua per la ricostituzione del latte in polvere.

Inoltre il Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare (Cnsa) invita a mantenere un’igiene accurata di contenitori, biberon, tettarelle e, non per ultimo, delle mani. Sulla temperatura il Cnsa invita, una volta che questa è scesa al di sotto dei 56 °C, a non tenere in frigo il preparato per più di 4 ore. Infine, sempre per una maggiore precauzione, dopo ogni poppata va eliminata ogni rimanenza.

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