Adotta una famiglia è un’iniziativa lanciata da Nawal Soufie, un’attivista dei diritti umani che da anni lotta accanto alle famiglie migranti. Un progetto di solidarietà tra famiglie per abbattere tutte le barriere
All’origine di tutto c’è una giovane e coraggiosa attivista indipendente catanese che da anni si muove sui fronti più caldi delle rotte migratorie.
Lei si chiama Nawal Soufie, è una studentessa e mediatrice culturale poco più che trentenne, di origine marocchina. Da anni è considerata un saldo punto di riferimento per i migranti in difficoltà, tanto da essere coinvolta come intermediaria con le persone in pericolo di naufragio.
Il suo ruolo di attivista ha dato voce a centinaia di persone che scappano da zone di guerre o situazioni di povertà, attraverso i social ma anche attraverso udienze al Parlamento Europeo.
Dopo un’esperienza attiva e sul luogo nei campi profughi in Grecia, Nawal ha dato inizio a una rete di sostegno semplice e informale, in grado di mettere in contatto diretto famiglie italiane e famiglie, o persone singole, che da tanto tempo hanno intrapreso il lungo e difficile percorso della migrazione verso l’Europa.
Nawal non lavora per alcuna organizzazione in particolare, ma cerca di collaborare con tutti gli enti e associazioni coinvolte per migliorare la situazione dei rifugiati e creare un movimento collettivo per denunciare le violazioni dei diritti umani dei migranti che entrano in Europa.
Una giovane donna che ha scelto di andare nei luoghi in cui vivono, o che percorrono i migranti, dove i bisogni fondamentali non sono garantiti, per raccontare ciò che vede senza filtri e per raccontare al mondo storie, drammi, sogni o bisogni fondamentali.
Tante persone hanno scelto di sostenere le famiglie bloccate da tempo nella realtà disumana del campo di Moria o che si trovano costretti ad affrontare i pericoli e le difficoltà della rotta balcanica.
C’è chi partecipa inviando un aiuto economico, chi prende accordi con un grossista di pannolini in Grecia, chi provvede alla ricarica telefonica o all’acquisto di un biglietto di trasporto e chi supporta le richieste di visto. Ci sono persone disponibili a fare lezioni di inglese online oppure medici che si rendono disponibili per chat di gruppo.
Sulla Rotta Balcanica
Da più di un mese Nawal è in viaggio sulla Rotta Balcanica per sostenere da vicino i richiedenti asilo in un cammino di speranza che, a causa del gelo e dei violenti respingimenti, mette in pericolo la sopravvivenza di chiunque.
“In meno di 24 ore abbiamo visto tanti pericoli quanti un essere umano potrebbe vivere in una vita. Tra delinquenti di frontiera, trafficanti di merce umana, cani, polizia e freddo, la situazione è sempre più difficile e complessa.
Siamo sfiniti e abbiamo capito le vere conseguenze di queste barriere che rendono l’Europa accessibile solo attraverso le mafie organizzate – scrive Nawal sui social –. Perché la chiusura delle frontiere non favorisce la legalità. Giuro che riesco a raccontare solo l’1% di quello che mi passa sotto gli occhi ogni giorno”.
Adotta un migrante
Raccontare veramente quanto fa Nawal è difficile. Tra le tante attività, “Adotta un migrante” è un progetto nato per portare un po’ di respiro alle persone che ha incontrato Nawal nel campo profughi o lungo il cammino, tutte in estrema difficoltà e senza sostegno di nessun tipo.
Liberamente, senza vincoli che non siano quelli umani e morali, ciascuno sceglie come offrire il proprio aiuto. Si creano così chat di gruppo che mettono in contatto direttamente le persone dall’uno e dall’altro lato della frontiera: “Cosa ti serve? Dove sei? Come stai? I tuoi figli, la tua famiglia?”.
Si procede come si farebbe per aiutare un amico o un parente: una persona ha l’incarico di raccogliere e trasferire il denaro, altri raccolgono vestiti e materiale d’emergenza. Si parla, tutti insieme. In qualche caso ci si riesce persino a incontrare. E sono storie toccanti, che restano nel cuore.
È il caso di un ragazzo ospitato nel campo di Moria, in Grecia, il cui documento stava per scadere. Aveva bisogno di acquistare immediatamente un biglietto navale, pena l’arresto. Il costo del biglietto: 48 euro.
“Dopo il terzo mese valutiamo tutti insieme le condizioni della persona adottata – dice Nawal -. Se l’emergenza è passata si può decidere di dirottare l’aiuto su qualcuno altro che ha una situazione di emergenza più immediata. L’obiettivo è dare una spinta, almeno per tre mesi, a tutti quelli che ne hanno bisogno”.
Muhammad, Alaa e Wateen
La famiglia di Alaa e Muhammad è bloccata sull’isola di Chios, in Grecia. Muhammad ha 30 anni ed è sposato con Alaa, 19 anni, al nono mese di gravidanza. Insieme hanno una bambina, la piccola Wateen di 1 anno.
“Ci troviamo sull’isola di Chios, in Grecia. Ero un soldato del regime siriano ma non volevo partecipare alla guerra, così nell’estate del 2019 abbiamo deciso di andarcene, destinazione l’Europa. Per riuscire a pagare le spese di viaggio abbiamo venduto la casa.
Sono partito io per primo, entrando illegalmente in Turchia e poi in Grecia. Ho cominciato il viaggio da solo perché portare Alaa per mare era troppo rischioso. Mi ha raggiunto più tardi. È partita ai primi mesi di gravidanza e durante il trasferimento, in Turchia, ha dato alla luce Wateen, nostra figlia, che ho potuto vedere in Grecia solo due mesi dopo la nascita. La nostra famiglia è divisa.
Ho genitori e fratelli in Turchia e una sorella, sposata con cinque figli e malata, che è rimasta in Siria nella città di Hasaka. Dopo l’arrivo in Grecia mi è stata rifiutata la richiesta di asilo, senza un motivo valido.
La Grecia notifica decine di espulsioni ai richiedenti siriani, un vero respingimento collettivo che avviene sotto gli occhi di tutti. A differenza di altri, non sono stato deportato in Turchia, paese che avrebbe potuto riconsegnarmi alla Siria in qualsiasi momento, però sono stato messo in carcere per tre mesi.
Alaa e Wateen sono rimaste da sole, in una tenda nel campo profughi. Quando sono uscito di prigione ci hanno cacciato. Abbiamo trovato una stanza dove vivere per tre mesi. La nostra situazione è estremamente difficile. Vorrei andare via e raggiungere un paese capace di proteggere me e i miei figli. Vorrei trovare un lavoro per garantire loro una vita migliore.
Purtroppo la situazione sembra immobile e la via più semplice, pur contro la nostra volontà, sarebbe affidarci a chi può farci uscire illegalmente dalla Grecia. Un viaggio per cui servono migliaia di euro a persona”.
Lisa, Federico e Carlo
Lisa e la sua famiglia hanno partecipato all’adozione di Alaa, Muhammad e Watan. Lisa, 37 anni è laureata in medicina veterinaria, ma ha scelto di fare temporaneamente la mamma a tempo pieno. Vive a Padova con il compagno Federico e il piccolo Carlo, di 2 anni e mezzo.
“Da anni seguo le tematiche sociali e cerco di documentarmi per capire come offrire il mio piccolo contributo a chi si trova in difficoltà. È qualcosa che trovo doveroso, dal momento che nasciamo tutti liberi e uguali sotto lo stesso cielo.
Ho iniziato sostenendo alcune delle più note associazioni, con tesseramento, adozioni a distanza, regali solidali. Continuo, ma via via sono uscita dai sentieri più battuti.
Lo faccio perché mi sono sempre sentita in difetto, nata figlia unica in una famiglia che non mi ha fatto mancare nulla. Ho sempre trovato doveroso lottare per un mondo migliore. La nascita di mio figlio, che considero la cosa più bella che mi sia mai successa, ha acuito in me la sensazione di conflitto.
Il sentimento di totalizzante benessere che mi dà l’ascolto del suo respiro sereno addormentato, si contrappone allo strazio di una madre che non può proteggere suo figlio, ai corpi martoriati dei ragazzi in frontiera.
Li sento come miei figli cresciuti, fratelli mai avuti. Non credo di riuscire a spiegarlo. L’attività di Nawal mi ha colpito subito, così atipica, diretta, una coinvolgente sequenza di azione-reazione.
Nawal abbatte le distanze tra ‘il nostro’ e ‘il loro mondo’, documenta e denuncia quello che accade a pochi chilometri da noi, impegnandosi lei stessa fino alle ossa e regalando ai follower spezzoni vivi di cronaca e quotidianità”.
Come sei arrivata al progetto Adotta un migrante? “Ho aderito la prima volta sei mesi fa perché l’ho trovato meraviglioso. Scardina completamente il meccanismo dei classici sostegni a distanza e non segue uno schema, salvo la corrispondenza mensile di un importo libero prestabilito. Non ha vincoli di tempo (io solitamente mi ci dedico soprattutto quando il bimbo dorme, perché per ora è un terremoto).
Può essere sostenuto da una sola persona o fare capo a un gruppo attraverso una semplice chat. Aderendo al progetto si viene catapultati nella vita di un’altra persona o di una intera famiglia.
Si parla di quotidianità, di piatti preferiti, di sogni nel cassetto, di figli, fratelli, freddo, pesca, sole, frontiere e paure. Può diventare una forma di amicizia. Ora ho un giovanissimo amico nella Balkan route, che il suo Allah lo protegga (io sono atea) e ieri ho conosciuto una giovane famiglia con una meravigliosa bimba piccola e una sorellina in arrivo a cui, assieme ad altre belle persone, cerco di dare un piccolo aiuto concreto”.
Per sostenere Nawal
Nel suo piccolo, Nawal porta avanti un lavoro immenso di solidarietà e conoscenza. A oggi è riuscita ad “adottare” centinaia di migranti. Per chi vuole sostenere il suo impegno: Postepay 5333171053863284, Iban IT58Y0760101600001037851985, nawalnoborder2@libero.it, Facebook: Nawal Soufi