Dai requisiti all’affidamento pre-adottivo: la complessa procedura dell’adozione internazionale
Ogni anno, in Italia, centinaia di famiglie scelgono di accogliere bambini e ragazzi che si trovano in stato di abbandono in altri Paesi. La nostra è una delle nazioni con i più alti tassi di adozione internazionale ed è anche una di quelle che continuano ad adottare, registrando – secondo i dati forniti dalla Commissione per le adozioni internazionali – tassi costanti nell’ultimo decennio.
Le statistiche, però, non illustrano la procedura affrontata dalle famiglie che scelgono questo percorso. Una procedura complessa, che ha le sue fondamenta nella “Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale”, stipulata all’Aja nel 1993.
I requisiti per accogliere nella propria famiglia un bambino proveniente dall’estero sono gli stessi richiesti per l’adozione nazionale.
Vengono dichiarati idonei quei genitori appartenenti a una coppia sposata da almeno tre anni, senza separazioni da almeno tre anni e con una differenza di età rispetto al minore di almeno 18 e non più di 45 anni.
Come inizia il percorso di adozione
Come primo passo, i coniugi risiedenti in Italia devono presentare al Tribunale dei minorenni del loro comune una dichiarazione di disponibilità, chiedendo che venga accertata la loro idoneità all’adozione.
A questo punto, i servizi socio-assistenziali svolgono le opportune indagini sulle potenzialità genitoriali e sulla situazione familiare e sanitaria.
Tutte queste informazioni compariranno in una relazione inviata al tribunale, che stabilirà se la coppia è o meno in possesso dei requisiti per l’adozione.
Dopo il decreto di idoneità
Una volta ricevuto il tanto atteso decreto d’idoneità, i coniugi devono procedere, entro un anno, alla fase successiva del procedimento di adozione, rivolgendosi a uno tra gli enti autorizzati dalla commissione per le adozioni internazionali.
La scelta è del tutto libera ma è forse la più complessa, perché si tratta di un passo importante, indirizzato ad assicurare supporto tecnico e l’assistenza (anche psicologica) agli adottanti.
Bisogna infatti ricordare che dietro ognuno di questi step ci sono due persone che si avvicinano con lunghissimi tempi di attesa, a un cambiamento radicale nella loro vita, con tutte le ansie e le preoccupazioni del caso.
Il paese d’adozione
L’ente autorizzato compie gli atti necessari presso le autorità competenti del Paese estero indicatogli dalla coppia.
Dalle autorità riceve informazioni di carattere sanitario e personale sul minore, nonché la proposta di un incontro tra i coniugi e il bambino. La coppia deve acconsentire per iscritto all’adozione.
Qualora l’autorità straniera dia la propria autorizzazione, l’ente trasmette tutta la documentazione alla commissione per le adozioni internazionali, che stabilirà se l’adozione risponda pienamente all’interesse del minore.
In tal caso la bambina o il bambino potranno finalmente arrivare in Italia, ovviamente accompagnati dalla coppia.
L’affidamento pre-adottivo
A questo punto comincia un periodo di affidamento pre-adottivo. Per non meno di un anno gli adottanti sono assistiti dai servizi socio-assistenziali.
Infine, il tribunale ordina di trascrivere il provvedimento di adozione e il bambino acquisisce la cittadinanza italiana.
Per quanto riguarda la tempistica, l’iter può durare anni. L’attesa (e la tanta burocrazia!) sono però giustificate dalla necessità di garantire al minore, già proveniente da una situazione difficile, una famiglia il più possibile adatta ad assicurargli affetto e supporto.
Quanto costa
Una ulteriore difficoltà nell’adozione internazionale è rappresentata dai costi: la dichiarazione di disponibilità che i coniugi presentano al tribunale è gratuita, ma tutto ciò che ne consegue è a carico loro.
La spesa può raggiungere decine di migliaia di euro. Le coppie che adottano un minore straniero possono però dedurre dalla denuncia dei redditi il 50% delle spese sostenute e le spese per i viaggi all’estero.
L’adozione internazionale, aldilà di questi ostacoli, continua a rappresentare una grande opportunità per i bambini in stato di abbandono all’estero, per le famiglie e anche per l’intera Italia, uno dei paesi con il più basso tasso di natalità al mondo.