“Ancora dalla parte delle bambine” di Loredana Lipperini. Un libro da leggere

da | 8 Mar, 2018 | Libri, Lifestyle

Come sono le bimbe di oggi? Quali sono i modelli delle “nuove” bambine? Che cosa sognano di essere? Madri? Ballerine? Estetiste? Mogli di calciatori?

Quanto è cambiato il mondo delle immagini in cui le bambine diventano donne? Dai fumetti alla Tv, dalla scuola a Internet, Loredana Lipperini, giornalista e scrittrice, raccoglie il testimone lasciato nel 1970 da Elena Giannini Belotti nel libro “Ancora dalla parte delle bambine” e setaccia, insegue e analizza i miti, i conflitti, i sogni, le miserie, l’ansia di riscatto che abitano nel giovanissimo immaginario femminile. Difficile non ritrovarci la nostra infanzia, con ampio rammarico. E se qualcosa sta cambiando, lo sta facendo così lentamente che ci troveremo anche  l’infanzia delle nostre bambine.

Un libro che ha fatto e fa discutere, tanto che all’uscita ci sono state quaranta presentazioni in cinque mesi in tutta Italia. “Ho attraversato l’Italia in lungo e in largo, sono mancate solo le isole ma chissà, magari sarò chiamata anche là – racconta Loredana Lipperini -. Vado sempre con gioia ed entusiasmo quando mi chiamano librerie, biblioteche, scuole, associazioni culturali. Cerco di rispondere anche alle mail che inondano il mio blog, soprattutto a quelle critiche. Ma la mail che più mi ha fatto piacere è stata la prima che ho ricevuto, di una ragazza di quindici anni, grazie a lei ho capito che il libro è servito a qualcosa, o meglio, a qualcuno”.

Ancora dalla parte delle bambine

Loredana Lipperini ci racconta di un mondo in cui le eroine dei fumetti invitano le bambine a essere belle, sempre e comunque. Ci porta nel loro mondo e in quello delle loro riviste, che propongono test sentimentali e consigli su come truccarsi. Ci calano nei loro testi scolastici, dove le mamme continuano ad accudire la casa per padri e fratelli.

E poi nel mondo della pubblicità, che le dipinge come piccole cuoche o modelle in miniatura in top e minigonna. Le loro bambole sono sexy e rispecchiano (o inducono) i loro sogni: diventare ballerine, estetiste, infermiere, madri.

Questo è il mondo delle nuove bambine. E la Lipperini si chiede poi come sia potuto succedere che “le ragazze che volevano diventare presidenti degli Stati Uniti abbiano partorito figlie che sognano di sculettare seminude al fianco di un rapper”.

Passaggio di testimone 

Negli anni Settanta, Elena Giannini Belotti, insegnante montessoriana, osservando con attenzione piccoli e adulti, raccontò in un libro che fece storia, “Dalla parte delle bambine”, come l’educazione sociale e culturale all’inferiorità femminile si compisse nel giro di pochi anni, dalla nascita all’ingresso nella vita scolastica.

A trent’anni di distanza, le cose non sono cambiate, anche se le apparenze sembrano andare nella direzione contraria. “Quello che mi ha spinto a immergermi nell’universo delle bambine e delle donne, – racconta Loredana Lipperini – è la discrepanza che passa fra l’immagine che viene data della donna e la realtà”.

Nessuno, è vero, impone più il grembiulino rosa alle bambine dell’asilo, ma in tutti i toni del rosa è dipinto il mondo di Barbie e delle sue molte sorelle. Libri, film, cartoni e pubblicità propongono, certo, più personaggi femminili di un tempo: ma confinandoli nell’antico stereotipo della fata e della strega.

“Parlare oggi di discriminazione di genere fra bambini e bambine – afferma la giornalista – sembra irreale. Sembra, è vero. Ma non lo è. Appena arriva l’età della scuola, non appena inizia il confronto con il gruppo e soprattutto con altri adulti, le cose cambiano”.

Per scoprire come cambiano basta immergersi nell’immaginario popolare, partendo dalle semplici realtà che costellano la vita di ogni bambina. Dai primi giochi alle prime riviste, dai cartoni animati alle pubblicità, dalle eroine dei telefilm ai programmi televisivi.

Dati e riflessioni

Fittissimo di dati, interventi, interviste, il libro della Lipperini ci spalanca gli occhi, dai quali abbiamo finalmente tolto le proverbiali fette di prosciutto. Ci parla dell’ossessione per la bellezza, per la chirurgia estetica, anche nelle giovanissime, anche in quelle bambine che una volta a nove, dieci, undici anni portavano ancora i calzettoni al ginocchio.

Ci parla di bullismo, dell’anoressia che uccide, della violenza filmata e poi messa in rete. Per non parlare degli stupri e del femminicidio – scrive Elena Giannini Belotti nell’introduzione al libro – un massacro che continua nell´indifferenza generale: se accadesse il contrario, se cento uomini venissero uccisi ogni anno dalle donne ci sarebbero furibonde interrogazioni parlamentari e misure di sicurezza eccezionali compreso il coprifuoco”.

Loredana Lipperini ricorda che: “Per giudicare una cultura occorre guardare ai suoi miti, grandi, piccoli o addirittura infimi che siano. Le storie nascoste, quelle che rimangono in ombra in quanto dettagli, raccontano molto più della narrazione principale”.

E allora immergiamoci in questi dettagli, piccoli ma tanto significanti. Fermiamoci un attimo a guardare gli spot. “Il messaggio che passa è: le femmine devono vivere in un mondo rosa pastello, truccarsi anche da bambine, essere sexy, saper ballare e cantare, usare il corpo e non i neuroni per andare avanti. Devono anche esser materne e curare bambolotti, non sporcarsi e saper spadellare in cucina. Avete mai visto uno spot con una bimba che corre in bici guadando pozzanghere e sbucciandosi le ginocchia? Nel libro della Lipperini si incontrano giovani donne (quelle che volevano fare le ricercatrici biomolecolari e le astronaute) che alla prima gravidanza si imbattono nella grande idea della maternità che le trasforma in esseri angelici, dedite solo ai figli. Si passa per le scuole dove le madri si coalizzano contro le insegnanti che puniscono troppo severamente i loro figli. Si sfogliano giornaletti dove sono assegnate a maschi e femmine, dandole per scontate, aspettative, sogni e destini diversi: per le femmine la bellezza, per i maschi l’avventura. Per i maschi mostri superpotenti, per le femmine bambole con superlabbra al silicone. I manga. I siti Ana dove le ragazze anoressiche cercano “la perfezione”: entrare nella taglia 0-6 anni. Poi l’adolescenza precoce, la biancheria intima per bambine, la linea di reggiseni che regala il libro su come fare lo strip tease per lui e stirargli una camicia.

Partiamo dalle bambine

Per comprendere cosa è successo alle donne di oggi bisogna capire cosa sta succedendo da quasi vent’anni alle bambine. “Dalla metà degli anni Novanta c’è infatti stata una graduale re-genderization – precisa la Lipperini – un ritorno ai generi nella produzione e diffusione di giocattoli, programmi televisivi, libri, film e cartoni”. Ma chi ha deciso che ai bambini, partendo dall’asilo, dovessero essere indirizzati giochi selezionati per genere? Chi ha deciso che i film di Walt Disney fino a quel momento solo per bambini diventassero per maschi o per femmine, che nascessero le riviste dedicate a Minnie, che le più grandi case editrici varassero letteratura per ragazze, poi adolescenti sempre più precoci, infine per bambine. La televisione, i pubblicitari, la rete, gli editori?

La pubblicità, come la pubblicitaria Anna Maria Testa spiega nel libro molto bene, segue di un passo la realtà ma non la anticipa mai: studia i gusti e li asseconda, deve vendere e per vendere deve andare sul sicuro, non rischia.

La televisione è ugualmente un mezzo che adatta il proprio prodotto alla domande dell’utenza: “Cosa piace? Diamo quello”. Dunque non ha imposto un modello, lo ha assecondato e radicato. Sul Web si è diffuso, scomposto e ricomposto, frammentato: c´era però, c´era già prima. Dunque chi ha decretato quindici anni fa il ritorno ai generi? La carta, dice Lipperini: la prima ondata è venuta dalla carta. Il viaggio a ritroso è lungo e appassionante, convincente. “Sono convinta che il rischio venga dalla carta: riviste, giornaletti, magazine. Ma anche da alcuni libri di testo scolastici obbligatori, questo vale soprattutto per le elementari dove il discorso sul sessismo va rivisto e senza dubbio migliorato”.

Mirare il bersaglio

Alla luce di questi dati, precisa la giornalista, “volevo fare giustizia sull’allarme adulto contro la tecnologia come mezzo in sé, rimarcando che non è Internet a essere sbagliato ma l’uso che se ne fa. Di fatto – prosegue la Lipperini – grazie a questi mezzi abbiamo una generazione di enorme intelligenza che sa rielaborare gli stimoli. L’allarme è piuttosto sui contenuti”.

Eppure Loredana Lipperini non è pessimista sul futuro di queste bambine. “È importante – precisa – essere riusciti a mettere a fuoco la realtà e alla luce di tutto quello che è stato evidenziato. Vigilare. Credo che nel quotidiano ciascuno di noi debba guardare con attenzione ciò che circonda noi e i nostri figli e cercare di mirare il bersaglio”.

Mirare il bersaglio, è questo che vuole sottolineare con forza Loredana Lipperini che prosegue “Non facciamoci sviare dai problemi secondari, dalle false preoccupazioni, miriamo dritto, istruiamoci, cerchiamo di conoscere e capire il mondo dei giovani e delle giovani. Molti adulti ignorano cosa stia succedendo nel mondo del web. Considerano i nuovi media come un’agenzia educativa concorrente. Così non è. Il Web è lo specchio della nostra realtà, un mondo parallelo in cui i giovani si muovono e agiscono, conoscerne i meccanismi significa entrare in contatto con i nostri ragazzi”.

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