Apprendimento cooperativo e ascolto didattico, per una scuola che mette al centro individuo e collettività, aperta a 360 gradi
“Solo se lavoriamo insieme possiamo andare lontano”: è un principio che, se applicato all’apprendimento attivo, può diventare linfa di una nuova scuola che vada nella direzione di una società più coesa e inclusiva.
Tra le metodologie didattiche innovative studiate negli ultimi due decenni, infatti, quella dell’apprendimento cooperativo è sicuramente una delle più coinvolgenti e interessanti per i risultati ad ampio spettro. Non è sempre facile da mettere in pratica con successo, in particolare in contesti complessi e classi numerose, perché prevede una buona dose di esperienza, un’accurata programmazione dell’attività didattica e una spiccata predisposizione all’ascolto e all’osservazione dei bisogni degli studenti e delle competenze pregresse. Entrare nel mondo dell’apprendimento cooperativo non significa solo spiegarne il funzionamento dal punto di vista didattico, ma comprenderne la filosofia che ne è alla base e che mette al centro l’individuo, non in competizione con gli altri ma come parte della collettività.
Ne abbiamo parlato con Elena Melita e Marina Michelon, insegnanti e formatrici, autrici del saggio La scuola con “buoni principi”: apprendimento cooperativo. L’arte dell’ascolto didattico, Europa Edizioni.
Una metodologia efficace
L’apprendimento cooperativo è una delle metodologie più efficaci per imparare, non solo perché in gruppo e in modo attivo apprendiamo meglio. “Non si tratta solo di un metodo finalizzato allo sviluppo di competenze didattiche, ma include anche la sfera emozionale e la crescita dell’individuo”, spiega Marina Michelon.
“L’apprendimento cooperativo va di pari passo con la didattica ma ha un approccio molto più ampio: è un ponte per apprendere nozioni, competenze e abilità. Attenzione però a non confondere il semplice ‘lavoro di gruppo’ con l’apprendimento cooperativo. Questo è molto più strutturato, articolato e pensato per fare in modo che ogni studente venga valorizzato. Favorisce l’apprendimento attivo che sappiamo essere molto più efficace e duraturo se passa attraverso il movimento e l’azione”.
Il ruolo dell’insegnante guida
L’insegnante gioca un ruolo complesso e cruciale: non si limita ad assegnare un compito, ma prepara con cura il contesto di apprendimento, l’ambiente e le attività:
“Si lavora in piccoli gruppi ma è importante che si rispettino i ruoli che l’insegnante attribuisce e che le indicazioni date siano chiare”, spiega Elena Melita.
“Con l’apprendimento cooperativo si sviluppano le abilità sociali, come la gestione delle emozioni, la risoluzione dei conflitti e le competenze relazionali. L’insegnante non è un giudice esterno ma un facilitatore che si muove tra gli studenti e che ascolta, monitora e coordina.
Una presenza attiva, che valorizza le loro risorse e che allo stesso tempo ne promuove l’autonomia. Gli insegnanti non sono quindi tenuti a risolvere ogni problema o esaudire ogni richiesta; gli allievi imparano a fare affidamento sul gruppo, ovvero sui compagni, che sono una risorsa gli uni per gli altri. Gestire la relazione nel gruppo è una delle grandi sfide, ma il conflitto è normale. È proprio nel processo interattivo che si cresce e che si costruiscono i “buoni principi”: per questo è sempre importante dedicare un momento anche per capire cosa non ha funzionato e cosa si può fare per migliorare.
Pratico e inclusivo
L’apprendimento cooperativo funziona in tutti contesti, eterogenei o omogenei, a tutte le età ed è adattabile a qualsiasi programmazione. Le fasi dell’attività didattica devono però essere progettate con cura ed è essenziale che sia prevista una fase individuale seguita da una fase di gruppo, che migliora le prestazioni individuali attraverso la collaborazione. Anche la valutazione finale sarà individuale e di gruppo, per consentire il raggiungimento di obiettivi didattici e sociali la cui finalità è il miglioramento continuo, che porterà a fare scelte migliori attraverso l’esperienza.
“Inoltre, nella programmazione di un’attività è importante considerare ciò che il bambino o il ragazzo sanno già”, aggiunge Marina Michelon, “e costruire sulla base delle conoscenze preesistenti. Per questo l’apprendimento cooperativo deve tenere conto di tutte le dimensioni del sapere, dal saper essere al sapere fare. Solo così possiamo creare un ambiente di apprendimento ricco e davvero inclusivo che tiene conto delle singole abilità, conoscenze e competenze pregresse”.
L’arte dell’ascolto
‘L’arte dell’ascolto didattico’ è una significativa parte del titolo del manuale di Elena Melita e Marina Michelon, prezioso supporto per aiutare gli insegnanti a mettere in pratica le nozioni teoriche.
“L’ascolto è un elemento fondamentale nell’apprendimento cooperativo”, precisa Elena Melita. “Introspezione ed empatia sono alla base della nostra formazione”. Proprio per questo, aggiunge Marina Michelon, “L’insegnante deve essere in grado di accogliere l’altro in se stesso, trattando ogni studente come un’opera d’arte. E, come proprio come accade con un’opera d’arte, entriamo in relazione solo dopo averla osservata con attenzione”.
“Una relazione profonda, che rende l’apprendimento più bello e significativo, fa vivere in un ambiente in cui gli studenti si sentono ascoltati e felici di andare a scuola, unica condizione che garantisce l’apprendimento di qualità”, specifica Elena Melita.
L’approccio basato sull’ascolto didattico viene generalmente applicato alla scuola dell’infanzia e in parte alla primaria, ma si perde nei successivi cicli scolastici, che cedono spazio ad altre priorità come l’apprendimento individuale, più astratto e nozionistico.
“In realtà, non c’è limite di età per mettere in pratica l’apprendimento cooperativo e l’arte dell’ascolto, non si diventa grandi improvvisamente, ma dobbiamo pensare a un percorso scolastico in grado di seguire una continuità educativa – dice Marina Michelon -. In ogni ciclo l’insegnante, attraverso la conoscenza del proprio gruppo, può declinare tutte le attività anche sulla base delle competenze sociali da raggiungere. Dovremmo conoscere lo studente e il suo percorso nella sua interezza per poter dare le giuste risposte alle sue esigenze”.
La collaborazione con le famiglie è al centro
In un’epoca come la nostra, in cui i genitori si sentono più coinvolti nell’esperienza scolastica dei figli, l’opinione tra chi sostiene l’esclusione delle famiglie dalla scuola è spesso in contrasto con chi invece sogna una scuola che coinvolga l’intera comunità.
Qual è il giusto equilibrio e soprattutto, come “convincere” i genitori che una metodologia come questa funziona davvero?
“La collaborazione con le famiglie è un aspetto cruciale e imprescindibile dell’apprendimento cooperativo”, sostengono Melita e Michelon.
“Solamente se insegnanti, genitori e studenti lavorano insieme possiamo creare un contesto educativo più ricco. Nel nostro caso proponiamo riunioni in cui i genitori partecipano attivamente ad alcune attività, per ‘toccare’ con mano e comprendere meglio la metodologia usata. Questo coinvolgimento è fondamentale per creare una relazione di fiducia reciproca e aiuta a sfatare l’idea che l’apprendimento cooperativo non sia efficace. Al contrario, aiuta a sviluppare competenze essenziali per il futuro e porta non solo a una crescita cognitiva ma anche relazionale e sociale.
È vero, può capitare di dover affrontare alcuni genitori particolarmente invasivi, apprensivi o che tendono a superare i confini. Ma con il rispetto reciproco e la comunicazione aperta possiamo anche superare queste sfide. Perché se vogliamo costruire un ambiente educativo efficace a 360 gradi non possiamo tenere fuori le famiglie. Dare spazio a loro non significa per noi arretrare, ma accogliere e fornire una risposta a ogni perplessità.
Se una società vuole progredire non si può non occuparsi dei genitori, e i genitori devono credere nella scuola”.
Valutazione e autovalutazione: capire la percezione di noi stessi
Tasto dolente della scuola oggi, è la valutazione. C’è chi vuole introdurre i giudizi alla primaria e chi sostiene che un solo numero non possa “raccontare” un percorso. Tuttavia le valutazioni sono ancora ben presenti e continuano ad avere un peso importante. Ma come farlo dopo un’attività di apprendimento cooperativo?
“Un’attività costruita secondo la modalità dell’apprendimento cooperativo non ha unicamente la valutazione della prestazione tra le sue finalità, ma considera fondamentale tutto il processo dell’apprendimento e dell’autovalutazione delle competenze acquisite. È molto importante coinvolgere i genitori rendendoli partecipi dei criteri di valutazione e autovalutazione utilizzati. Proprio per questo a fine anno organizziamo un incontro in cui si parla di autovalutazione anche in presenza dei genitori. Questa modalità permette di confrontare le percezioni di tutti, lasciando spazio a un dialogo costruttivo, che mette a fuoco i punti di forza e di debolezza dello studente e dà modo ai genitori di avere consapevolezza sul percorso formativo del proprio figlio”.
Cambiare la scuola e la società con i “buoni principi”
La scuola deve diventare un luogo dove si formano individui capaci di contribuire alla società in modo significativo; non solo nozioni e competenze didattiche, quindi, ma educare alla comunicazione efficace e alla crescita emotiva e relazionale.
“L’apprendimento cooperativo e l’arte dell’ascolto rappresentano una nuova prospettiva per la scuola”, concludono Melita e Michelon. “Una prospettiva che mette al centro l’individuo come parte di una collettività, capace di andare lontano grazie alla collaborazione e al rispetto reciproco. E come insegnanti dobbiamo metterci in discussione e creare lo spazio per sperimentare”.
Oggi più di ieri, quello dell’insegnante è un ruolo complesso: dalla valutazione alla didattica, le regole disciplinari e le abilità sociali, il rapporto con e tra gli studenti, la relazione con le famiglie. “Come abbiamo scritto nel libro, essere insegnanti è una fatica e anche una responsabilità, per questo abbiamo voluto offrire questo bagaglio di conoscenze e competenze, perché sia fruibile e replicabile. Noi insegnanti abbiamo la possibilità di fare dell’insegnamento uno strumento di “cura”, perché abbiamo l’opportunità di dare senso a ciò che facciamo dal punto di vista didattico ed emotivo. Prendersi cura e dare senso, ecco la nostra missione”.
La scuola cerca di stare al passo con la società; ma in quale direzione dovrebbe andare?
“Abbiamo bisogno di una scuola costruita in un’ottica altruista, perché il rispetto reciproco arriva quando ci rendiamo conto che abbiamo bisogno l’uno dell’altro. La scuola riflette la vita, e non può rimanere sempre uguale: ci chiede di cambiare e di pensare ai cambiamenti sociali. Ci piacerebbe una scuola costruita su misura per i bisogni dei bambini e dei ragazzi, che pensa alla complessità, al movimento, alla creatività, e che riguarda tutti. La scuola dei ‘buoni principi’, per noi, è la scuola in cui le buone prassi sono diffuse e messe in pratica grazie alla collaborazione tra gli insegnanti e le famiglie”.