C’è un artista che ha dato colore alla velocità dipingendo il movimento e ha scomposto le forme per dare vita alle sue sculture e scolpire lo spazio. Il suo nome è Umberto Boccioni e Milano, nella ricorrenza del primo centenario della morte, gli dedica la mostra “Umberto Boccioni (1882-1916). Genio e memoria”, in programma fino al 10 luglio a Palazzo Reale. Nelle opere si trova la velocità delle macchine, degli uomini e dei paesaggi. Si vede il movimento e si percepisce il dinamismo. Si osserva la simultaneità e si gioca, raccontando il Futurismo di Boccioni tra forme, colori, idee e parole. Partite da una parola: “movimento” e da un dipinto: “L’autoritratto” che rappresenta simbolicamente Boccioni stesso mentre racconta il percorso della mostra e la linea tracciata lungo i disegni. L’artista ha sviluppato il concetto del dinamismo in rapporto alla figura umana (vedi “La donna al caffè”), al ritratto (della madre, in particolare, come in “Materia”), alla veduta paesaggistica e urbana (un esempio su tutti: “Elasticità”, considerato uno dei suoi massimi capolavori sulla rappresentazione futurista della città industriale moderna).
Ha rappresentato il movimento e la fusione fra i corpi e lo spazio anche nelle sculture, utilizzando – a volte anche in una stessa opera – materiali diversi, come il legno, la carta, il vetro e il metallo. “Antigrazioso”, per esempio, è un’opera scultorea, ma anche pittorica, che si presenta, già dal nome, piuttosto lontana dai modelli di bellezza canonici. La scultura rappresenta la mamma di Boccioni, ma il suo volto, composto da forme che si spezzano e si ricompongono, è quasi irriconoscibile. Ha applicato alle sue opere, infine, la tecnica divisionista, utilizzando colori puri, non mescolati tra loro. Avvicinatevi alle opere e guardate le tipiche pennellate a tratteggio che esaltano i movimenti e le figure, tenetele bene a mente e confrontatele con le vibrazioni del colore e della luce suggerite dalle piante e dai fiori del giardino ospitato nello spazio all’aperto retrostante il Palazzo Reale. Nell’unico percorso verde all’interno del perimetro museale è stato allestito, in occasione della mostra, il giardino “La primavera futurista a Palazzo Reale” su progetto dell’architetto paesaggista Marco Bay, con allestimento curato da Orticola di Lombardia, che trae ispirazione dal gesto futurista.
Dopo la festa dei colori in giardino, non abbandonate il Palazzo, ma avventuratevi nelle altre sale alla scoperta del futuro con “2050. Breve storia del futuro”, del simbolismo con “Il simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra” e della tecnologia attraverso l’esperienza polisensoriale di “Studio Azzurro. Immagini sensibili”, che racconta i 35 anni di quello che è un punto di riferimento della creazione artistica legata alle nuove tecnologie. In “2050”, la mostra ispirata al saggio Breve storia del futuro di Jacques Attali, 46 artisti contemporanei con 50 opere hanno interpretato il futuro del nostro pianeta. Il mondo viene rappresentato nel suo continuo cambiamento attraverso metafore (un esempio sono le torri gemelle perse nella nebbia di Hiroshi Sugimoto), denunce (David LaChapelle affronta il tema della produzione mondiale del petrolio) e visioni costruttive e ironiche. Guardate con attenzione le opere. “Gas Shell” mostra una stazione di servizio illuminata da una luce tra il kitch e il surreale, non si tratta però di un edificio vero e proprio ma di un modellino in scala realizzato con materiali riciclati (cartoni delle uova, schede madri per computer). E quello che vi sembra in “Nomad” di Gavin Turk il tessuto sdrucito di un sacco a pelo logoro è in realtà bronzo dipinto in modo più che realistico. “Little Sun”, dalla forma di un girasole tenuto in mano da una bambina, è in realtà una lampada creata dall’artista Olafur Eliasson e dall’ingegnere Frederick Ottesen alimentata a energia solare. In “Ear on arm” Stelarc – l’artista noto per l’utilizzo invasivo di strumenti medici, protesici e sistemi di realtà virtuale che coinvolgono il corpo come mezzo privilegiato di sperimentazione – mostra, infine, la protesi di un orecchio inserita nel braccio.
[Simona Savoldi]