Che cos’è, come si ascolta e si affronta il mutismo selettivo, un disturbo originato da un forte stato d’ansia che compromette la comunicazione verbale
Esistono bambini e ragazzini che fanno grande fatica a relazionarsi a scuola e negli ambienti non familiari: sono i “bambini silenziosi”. Per loro l’interazione verbale rappresenta uno scoglio insormontabile da affrontare ogni giorno. Il mutismo selettivo, oggi riconosciuto come vero e proprio disturbo, rende difficile la comunicazione verbale: anche se a casa dialogano normalmente, a scuola o in altri ambienti sociali le parole proprio non escono.
Come “ascoltare” questi bambini e quali strategie possono attivare i genitori e gli insegnanti per aiutarli a superare i momenti di disagio e per migliorare il benessere a lungo termine?
Ne abbiamo parlato con Loredana Pilati, psicologa, bibliotecaria e mamma di una bimba con mutismo selettivo. È stata fondatrice nel 2009 della prima Associazione Nazionale sul Mutismo Selettivo, oggi è la presidente dell’Associazione F94.0 Mutismo selettivo e disturbi d’ansia, un’organizzazione di volontariato con sede a Torino.
Non è solo timidezza
Il mutismo selettivo si manifesta generalmente intorno ai 3/4 anni, spesso in corrispondenza con l’ingresso nella scuola materna, il primo ambiente sociale fuori dalla famiglia in cui il bambino si trova a trascorrere l’intera giornata.
“Sono bimbi che con i genitori, in un contesto familiare più raccolto, appaiono esuberanti e chiacchieroni, ma appena fuori di casa tendono a nascondersi dietro la gamba della mamma o del papà se qualcuno rivolge loro la parola, pone loro una domanda, non aprono bocca”, spiega Loredana Pilati. “Il mutismo selettivo non va confuso con un ritardo del linguaggio e neanche con quell’imbarazzo iniziale tipico dei bambini molto timidi, i quali, però, dopo poco tempo, si ‘sbloccano’.
Quando questo atteggiamento perdura, solitamente oltre il mese di frequentazione del nuovo ambiente, è bene prendere in considerazione l’eventualità che si tratti di mutismo selettivo, una risposta a un forte stato emotivo legato all’ansia”.
Un disturbo d’ansia
I primi casi di mutismo selettivo risalgono alla fine del 1800, quando era conosciuto come afasia voluntaria. “Dopo qualche tempo, si iniziò a chiamarlo ‘mutismo elettivo’. La complessità nel definire questo disturbo inizia già dalla sua definizione. Oggi qualche esperto lo chiama ancora così, anche se è ormai ben più diffusa, anche a livello internazionale, l’espressione mutismo selettivo, definizione molto più adeguata: sottolinea il fatto che non è il bambino a scegliere con chi non parlare, perché in verità vorrebbe farlo, ma non ci riesce.
Questo limite è generato dalla relazione con l’altro, soprattutto se estraneo alla cerchia familiare. Infatti, generalmente coloro che mostrano una certa sensibilità verso l’altro riescono a instaurare una relazione verbale con questi bambini, prendendosi il tempo necessario; il contrario, invece, accade con chi sente il bisogno o ha l’urgenza di ascoltare la voce a tutti i costi, come gli insegnanti a scuola quando devono valutare la preparazione scolastica. Questo tipo di approccio blocca ancora di più la parola, allontanando opportunità di successo per il dialogo verbale”.
Oggi il mutismo selettivo è stato ufficialmente riconosciuto come uno dei disturbi d’ansia all’interno del DSM-5, la versione più recente del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Le cause scatenanti sono legate a una particolare ipersensibilità emotiva, una certa fragilità del bambino verso ambienti, persone, cose con cui ha poca familiarità.
Ancora troppo poco conosciuto in Italia, in un primo tempo veniva confuso con altre patologie specifiche o altri disturbi, come lo spettro autistico.
Grazie anche allo sforzo compiuto nell’ultimo decennio da parte di organizzazioni di volontariato in Italia, come A.I.MU.SE o l’Associazione F94.0 Mutismo selettivo, tra le principali, il mutismo selettivo ora è molto più conosciuto ed è più facile riconoscerlo e sapere come affrontarlo.
L’attività di queste organizzazioni, fondate da gruppi di genitori, è mirata a diffondere una cultura del mutismo selettivo, con informazioni sul tema, fornendo sostegno alle famiglie che ne sono coinvolte.
“Capire” prima di affrontare
Il mutismo selettivo può riguardare anche chi è affetto da altre patologie o disturbi. Eppure un’alta percentuale di bambini che non parlano in ambienti sociali non presenta altri disturbi. Ed è proprio nei confronti di questi bambini che è facile adottare l’approccio sbagliato, in quanto definiti “normali”. La loro difficoltà non è riconducibile a un trauma, ma vivono una situazione familiare serena.
Recenti ricerche hanno individuato l’ereditarietà tra le cause, ovvero la presenza di persone in famiglia che hanno manifestato stati ansiosi. Può capitare che adulti che oggi soffrono di depressione o di chiusura sociale, nel corso dell’infanzia abbiano manifestato disturbi legati al mutismo selettivo e che verso di loro non sia stato adottato un approccio rispettoso.
“Forzare un bambino a parlare è come chiedere a una persona con un braccio ingessato di prendere un bicchiere d’acqua”, spiega Loredana Pilati. “La parola è solo la punta di un iceberg, è un sintomo ed è sbagliato focalizzare l’attenzione solo ed esclusivamente su questo aspetto: bisogna intervenire sullo stato d’ansia, lo sblocco della parola sopravverrà successivamente e spontaneamente. Riuscire a capire questo limite è il punto di partenza per affrontare la situazione. Accettandolo, si riesce a intervenire per aiutare correttamente il bambino ad affrontare le difficoltà comunicative.
Ci sono persone che percepiscono disagio davanti al silenzio o a una non-risposta e lo rispettano, altre che invece cercano di spronare il bambino, forzando la mano per tirare fuori qualche parola, perché lo considerano un ‘atteggiamento’ e non una difficoltà da risolvere. Questo tipo di approccio è controproducente e può provocare l’esito opposto: il bambino si ritrae ancora di più, non solo non parla, ma interrompe la relazione con queste figure. Attenzione, la persona in questione, ‘l’estraneo’, può anche essere un parente”.
Il ruolo fondamentale della scuola
La scuola è il luogo sociale che il bambino frequenta per più tempo durante la giornata ed è proprio lì che il mancato uso della parola rappresenta un problema per gli insegnanti.
“A volte per gli insegnanti costituisce l’unico vero ostacolo, pensano che sbloccando l’aspetto verbale tutto si risolva. Occorre, invece, agire sullo stato d’ansia, ovvero costruire una relazione che si basa sulla fiducia in un ambiente sereno.
Se non viene adeguatamente trattato, il mutismo selettivo rischia di sfociare in altri disturbi, come la fobia sociale o fobia scolare, la depressione, l’alcolismo, le dipendenze o altre reazioni auto-lesionistiche”.
Nel contesto scolastico, il campanello d’allarme sul disagio giovanile si è già acceso da tempo: molti adolescenti si sentono isolati e dopo il Covid molti bambini soffrono per un senso di insicurezza e precarietà.
“Purtroppo, il personale scolastico non sempre è adeguatamente formato o supportato. É capitato che a scuola casi di mutismo selettivo siano stati erroneamente confusi e segnalati come disturbi legati all’autismo.
Oppure è diffusa l’abitudine da parte degli istituti di richiedere l’insegnante di sostegno per i casi di mutismo selettivo, per poter contare su più risorse nelle classi numerose, nonostante non vi siano disturbi dell’apprendimento; secondo gli psicoterapeuti a cui abbiamo chiesto consulenza, l’accompagnamento del docente di sostegno può essere controproducente e addirittura accrescere il disagio nel bambino.
La soluzione consiste nel rispettare i tempi, accettare altri tipi di comunicazione non verbale e costruire una buona relazione”.
Sostenere le famiglie, incontrandosi
Era il 2006 quando Loredana Pilati ha iniziato a documentarsi sul mutismo selettivo a seguito di una diagnosi fatta alla sua secondogenita, all’epoca cinquenne, che manifestava grandi difficoltà a relazionarsi nella scuola dell’infanzia.
“Per due anni ho cercato informazioni sul web, associazioni, specialisti ed esperti, ma in Italia c’era poco o nulla, così ho iniziato a consultare pubblicazioni all’estero. Ho raccolto tantissimo materiale che poi ho messo a disposizione, nel 2008, creando un blog per condividere tutte quelle informazioni, il primo blog specifico sul mutismo selettivo.
Immediatamente hanno iniziato a contattarmi tanti genitori, da ogni parte d’Italia, quasi tutti con alle spalle la mia stessa storia.
Insieme sentivamo il bisogno di supporto e di investimento nella ricerca e conoscenza sul tema anche nel nostro paese, in modo da ricevere delle consulenze, un confronto e poter contare su professionisti adeguatamente formati.
Non esisteva nessuna associazione sul mutismo selettivo, e così è nata la prima associazione nazionale”.
Oggi Loredana Pilati è presidente dell’Associazione F94.0 Mutismo selettivo, un’organizzazione che continua a lavorare per sostenere le famiglie, agevolare il mondo della scuola nell’accogliere e includere i bambini coinvolti da questa condizione. F94.0 organizza laboratori nelle classi, incontri formativi con gli insegnanti, mette a disposizione uno spazio per genitori, un Gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto per famigliari che vogliano confrontarsi sulle difficoltà di gestione delle dinamiche comportamentali legate al disturbo.
“Li aiuta a non sentirsi isolati e soli nell’affrontare i problemi della quotidianità, ma, soprattutto, mette in relazione i genitori con situazioni risolte, instillando fiducia e incoraggiamento per il futuro dei loro piccoli. Attraverso incontri mensili e convegni periodici cerchiamo di stare più vicino alle famiglie. Inoltre, sono sempre più numerose le famiglie straniere che si rivolgono all’associazione perché i figli manifestano disturbi legati all’ansia, spesso a seguito di un’esperienza migratoria.
É importante, come prima cosa, tranquillizzare i genitori, rassicurarli sulla risoluzione del disturbo, che prima o poi si sbloccherà. Tanto che si è pensato di definire il mutismo selettivo più come ‘condizione’ che disturbo, per la sua caratteristica di fenomeno transitorio.
Un altro degli obiettivi della nostra attività è quello di favorire un lavoro di rete tra scuola, famiglia e specialisti, per scambiarsi informazioni, esperienze e strategie, e uscire dal tunnel del silenzio. È importante parlarne, in particolare con gli specialisti dell’educazione, per rendere la scuola un luogo di accoglienza e ridurre il rischio di allontanamento, rifiuto e abbandono scolastico. Il Servizio Sanitario Nazionale non sempre riesce a garantire un valido supporto con specialisti formati e i tempi per una valutazione diagnostica corretta sono estenuanti. Aspetti che spingono le famiglie a rivolgersi al comparto specialistico privato, con costi spesso elevati e non sempre accessibili a tutti. I genitori stessi, inoltre, spesso manifestano ansia perché non sanno come agire. La relazione vera, incontrandosi di persona, è la missione dell’Associazione, ma anche la prima arma contro il silenzio”.
Infine, l’Associazione F94.0 Mutismo selettivo ha creato e gestisce già da diversi anni la prima banca dati sul mutismo selettivo, unica biblioteca specializzata in Italia, con articoli, risorse e contributi scientifici italiani e stranieri sull’argomento, indicizzati e messi a disposizione di tutti per ricerca e approfondimento.