“Le bugie non si dicono!” Quante volte ci è capitato di ripete questa frase? Eppure secondo il ricercatore canadese Kang Lee i bambini che dicono le bugie più precocemente dei loro coetanei hanno uno sviluppo cognitivo migliore.
Kang Lee, esperto di psicologia dello sviluppo all’Università di Toronto, da più di sette anni usa metodi sperimentali per studiare il modo in cui i bambini affrontano il concetto della menzogna, incluse le implicazioni morali e l’uso che ne viene fatto nelle varie situazioni sociali.
In uno dei suoi studi più noti, il ricercatore ha osservato il comportamento di 1.200 bambini di età compresa tra i 2 e 16 anni ai quali ha chiesto di non voltarsi per guardare un gioco che era alle loro spalle mentre uscivano da una stanza. I bambini, apparentemente soli, sono stati ripresi da una telecamera nascosta e i ricercatori hanno potuto vedere le loro reazioni per verificare la veridicità delle loro risposte. Quando gli studiosi hanno rivolto loro delle domande, il 90% dei bambini ha mentito. I più bugiardi sono stati in particolare i piccoli di età compresa tra i 2 e i 4 anni.
Kang Lee sostiene che mentire è normale e fa parte del sano processo di crescita dei bambini. Per raccontare bugie e convincere gli altri c’è bisogno di un grande sforzo intellettivo: se il bambino riesce a mentire vuol dire che ha buone capacità cognitive e sociali.
Lo studioso canadese sostiene inoltre che i bambini che da piccoli dicono le bugie non sono destinati a diventare imbroglioni da grandi. L’inclinazione a dire le bugie si modifica nel tempo, sia per numero che per tipologia di frottole raccontate. Con l’avvicinarsi dell’età adulta, i ragazzi imparano a usare le “bugie bianche” per evitare di ferire i sentimenti delle persone.
Come comportarsi davanti alle bugie
Il dottor Lee consiglia di utilizzare le bugie come “momento di apprendimento”. Né i rimproveri né le punizioni sono utili o efficaci per evitare che il bambino ricorra alle bugie. I genitori dovrebbero confrontarsi con i figli, parlando loro dell’importanza dell’onestà e della negatività della menzogna. Anche lodare eccessivamente i propri figli può avere, secondo il medico canadese, un risvolto negativo e indurre alla menzogna. I bambini sovrastimati mentirebbero, infatti, per non deludere le aspettative degli adulti. L’insegnamento migliore è sempre l’esempio. Se un genitore si comporta in modo onesto, probabilmente il figlio non solo tenderà a emularlo, ma riuscirà a interiorizzare il concetto di correttezza appreso attraverso l’esperienza.
Perché i bambini dicono le bugie?
Paola Scalari, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, nel suo libro “Parola di bambino” (scritto con Francesco Berto) sostiene che le frottole dei bambini non siano mosse dalla volontà di ingannare. Più che bugie, sarebbe corretto chiamarle “piccole storie”. I bimbi sono dominati dalla fantasia, non hanno una percezione corretta del tempo e spesso confondono le sensazioni emotive e corporee.
Inoltre prima dei 6 anni rappresentano un ottimo modo per sottrarsi alla dipendenza degli adulti, della mamma in particolare.
Dopo i 6 anni, con la crescita, le bugie divengono intenzionali e sono giustificate dalla ricerca di approvazione e dal desiderio di indipendenza.
Un’altra motivazione si trova nel desiderio di fuga dalle preoccupazioni dei genitori. In questo caso la frottola può rappresentare un modo per ricavarsi un margine di autonomia, specie nei casi in cui i genitori sono più pressanti.
La psicoterapeuta, specializzata nei problemi dell’adolescenza e nei rapporti genitori-figli, sostiene che il comportamento migliore per un genitore sia “ascoltare e mediare”, dando ai figli un margine di autonomia per spingerli a sperimentare e a sentirsi più sicuri. Allo stesso tempo non bisogna pensare che le bugie abbiano una connotazione solo negativa. Sentirsi spaesati dalle bugie del proprio figlio può essere normale, perché trasmette al genitore un senso di insicurezza all’interno del rapporto. Tuttavia, per il bambino dire qualche bugia è un modo di prepararsi al successivo e difficile periodo dell’adolescenza, nel quale sarà normale avere dei segreti. Il fatto di tenere qualcosa per sé sarà poi importante anche per imparare a ragionare con la propria testa e capire quando è il momento di tacere oppure no.