Natale, con i tredici giorni di festività che lo seguono, sono un periodo carico di sacralità e mistero. Riti e tradizioni scandiscono le regole e comportamenti che dettano un rassicurante ripetersi di tempi e azioni. È il momento sociale in cui la collettività si unisce, fiorisce il senso di solidarietà, si collega il presente col passato, il singolo al gruppo. Non è un discorso religioso, o non soltanto: che si faccia parte dei due miliardi di cristiani, del miliardo di atei o dei quattro miliardi di altre religioni, chi ha bambini sente che è importante regalare loro una tradizione che rimanga nel cuore e nei ricordi, perché, come si dice, sono due i lasciti inesauribili che dobbiamo trasmettere ai nostri figli: le radici e le ali.
Se possibile, andiamo alla ricerca di radici nell’intima storia della nostra famiglia o del nostro territorio. “I protagonisti principali della tradizione popolare italiana sono l’albero di Natale e il presepe – racconta Maura Piaccia, esperta di tradizioni popolari -. L’albero ha una storia più recente, ma è quello che ha conquistato l’immaginario contemporaneo, da nord a sud. Il presepe è il vero classico. Risale al 1223, quando San Francesco realizzò la prima rappresentazione della notte santa tra il 24 e il 25 dicembre. Ogni regione ha la sua rappresentazione, ma i personaggi del presepe napoletano sono i più conosciuti: Benito, il pastorello che dorme beato e che si immagina dia origine al presepe sognando; Cicci Bacco che è retaggio dell’antica divinità pagana di Bacco, dio del vino; il pescatore che ricorda simbolicamente San Pietro, pescatore di anime; la zingara, una giovane donna con vesti stracciate e appariscenti, che predice la Passione di Gesù”. In Liguria è ancora viva la tradizione del ceppo di Natale. “Anche in Abruzzo. È considerata una delle più antiche usanze natalizie; risale almeno al dodicesimo secolo. È molto diffusa in Europa, dalla Scandinavia alla Spagna, fino alla penisola balcanica. L’usanza ha luogo la Vigilia di Natale, quando il capofamiglia, con un brindisi benaugurale, brucia nel camino un grosso tronco di legno che viene lasciato ardere nelle successive dodici notti fino all’Epifania. I resti del ceppo andrebbero conservati perché si dice abbiano proprietà magiche, ma anche per dare un senso di collegamento agli anni: venivano riutilizzati per accendere il ceppo del Natale successivo. Da questa tradizione deriva il dolce Tronchetto di Natale, molto diffuso nei paesi di lingua francese”.
Chi porta i regali? “Oggi è sempre più Babbo Natale, ma i portatori di doni in Italia sono anche Santa Lucia (il 13 dicembre), Gesù Bambino o la Befana, il giorno dell’Epifania. Il nostro Babbo Natale è il Santa Claus dei paesi anglofoni, che deriva da un personaggio storico: San Nicola, vescovo dell’antica città turca di Myra, di cui si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti e uccisi da un oste, e che per questo è considerato il Protettore dei bimbi”.
Esistono anche alcune tradizioni curiose. “Natale è la notte più magica dell’anno. Per esempio non bisogna buttare il pane, il burro, l’olio e il vino avanzati dal cenone. Il pane va avvolto in un tovagliolo bianco e conservato fino al Natale successivo. Servirà qualora in famiglia qualcuno stia male, perché mangiando un po’ di quel pane sarà più facile guarire. Olio e burro servono a curare raffreddore e tosse. Anche le scaglie del pesce consumato a cena sono un amuleto potente: conservatene una e vi porterà denaro. Il vino avanzato della vigilia conserva il vino nuovo e impedisce che diventi aceto. Dopo il cenone, bisogna lasciare sul tavolo un po’ di cibo per i defunti: sentendosi ricordati in una circostanza così importante ci proteggeranno tutto l’anno. Per far sì che i vostri doni acquistino un vero potere beneaugurante, avvolgeteli in carta rossa o dorata e legate il pacchetto con un cordoncino rosso al quale avrete fatto tre nodi; nell’ordine di tre dovranno essere le eventuali pigne, le foglioline di agrifoglio o qualsiasi ornamento chiuda il pacchetto. Infine: non litigate con nessuno, sarebbe di cattivo auspicio per l’anno a venire”.
[Isa di Re]