Le esaltano già negli Stati Uniti e prima o poi arriveranno anche qui, nella provincia remota dell’impero. Sono bambole, ma non come le altre. Bambole, o meglio Toys (perché il marketing ha bisogno di nomi) ideate principalmente per i maschi
Peraltro, non sono le prime bamb… – ehm – Toys per maschietti. Sono le prime, tuttavia, con la pretesa di insegnare una cosa nuova, qualcosa che nessun altro riesce a trasmettere. Una qualità che sarà utile nella vita di coppia e nel lavoro. Toys a forma di supereroi-bambini da nutrire, coccolare, cambiare, consolare e di cui rallegrarsi per i sorrisi. Toys progettati appositamente per insegnare quella qualità che una volta era un’esclusiva caratteristica umana. L’empatia. Ordinateli subito, il giovane macho ve ne sarà grato.
Che sollievo. Con un pugno di dollari potete liberarvi di quel fardello e delegarlo alla bamb… al Toy. Non dovrete più interrompere le intense e importanti attività online che state svolgendo sul cellulare, né rivolgere attenzioni alla minuta creatura che vi sta accanto. Non dovrete più mostrare il vostro stato d’animo o fargli capire che tutti possono e hanno il diritto di essere felici e tristi, che uomini e donne possono sia ridere che piangere. Potete risparmiare i tempi dei lunghi abbracci, la fatica di capire perché quell’esserino sta piangendo. È finita l’orribile schiavitù di immedesimarsi, empaticamente appunto, nei pensieri del proprio figlio. Ci pensano i Toys.
È una rivoluzione genitoriale? Quante ore si possono risparmiare per dedicarle a riunioni e aperitivi? Padri e madri non dovranno più occuparsi di insegnare ai figli le virtù come la pazienza, o quegli atteggiamenti retrodatati come sapere dire NO alle ingiustizie, o ancora i comportamenti antisociali come resistere alla pressione commerciale. Se sono qualità utili, presto ci saranno le bambole adatte.
Lo so, forse state dubitando della capacità educativa delle bambole. Ripensateci. Guardate come la bambola magra-alta-bionda ha insegnato a generazioni di bambine a incarnare il desiderio maschile, ahimè, con tanto successo. Ora è arrivato il tempo dei Toys per l’empatia. Urrà.
Prima che diventi moda, e con il mio spiccato e anticipatore spirito imprenditoriale, vorrei fondare la mia attività professionale sull’empatia. Non so se chiamarla Empathology, approfittando del potere futuristico dell’inglese o adottare un prefisso scientifico come Psicoempatia.
Ai fini di rendere i bambini empatici, ci saranno dei corsi per insegnar loro come abbracciarsi, come guardare gli altri negli occhi (non più di tre secondi). Verranno mostrati filmati di persone – attenzione – persone che piangono. Ci sarà una piccola liberatoria da firmare, perché, per quanto cerchiamo di evitarlo, c’è il rischio che i piccoli entrino in contatto con un contenuto ad alta umanità. Come si sa, alcune emozioni sono radioattive.
L’empathotecnica – un altro termine possibile – sarà una qualità che si potrà aggiungere al curriculum. Ci saranno asili nido che vanteranno, oltre all’insegnamento del violino e dell’inglese, ben due ore alla settimana di Emozioni ed empatia con un Empatologo certificato dal consorzio che intendo fondare. E non mancherà la credibilità, perché in modo autentico e originale, sarà tutto Montessoriano.
Dopo avere ordinato il Toy – con un click – e mentre aspettiamo la consegna, facciamo questo esercizio. Impostiamo la sveglia tra un minuto e mezzo, mettiamo il telefono muto e a faccia in giù. Per l’infinità di novanta secondi, tuffiamoci nelle nostre emozioni. Lo troviamo difficile? Ok, riprendiamo il telefono. Di sicuro c’è un’app per farlo.