Una passione che si trasforma per cambiare vita, un progetto lavorativo radicato sul territorio, in linea con i propri ideali di sostenibilità e alla ricerca del giusto bilanciamento lavoro – famiglia
Chi non ha mai desiderato di cambiare vita, lasciare il lavoro per portare avanti il proprio progetto personale? Chi non vorrebbe organizzare il proprio tempo e scegliere fino a che punto il lavoro può invadere lo spazio che vogliamo dedicare alla famiglia? Alessandra, veronese expat a Bruxelles, ci racconta il percorso che ha intrapreso per trasformare quello che era un hobby, la passione per la cucina, in un progetto di catering alternativo e sperimentale, che scopre luoghi insoliti e punta tutto sulla qualità.
Dall’advocacy alla cucina
Alessandra ha studiato Relazioni Internazionali e Diritti Umani. Dopo un’esperienza nella cooperazione allo sviluppo in Congo, si trasferisce a Bruxelles insieme al proprio compagno. Lì trova lavoro in un network europeo che si occupa di giustizia finanziaria e sviluppo.
Un impiego perfettamente in linea con il suo titolo di studio e il suo percorso professionale. Tuttavia, il desiderio di creare un proprio progetto legato al territorio la spinge a coltivare anche altri interessi.
“Da sempre la cucina è stata una delle mie passioni, rigorosamente homemade, con un’attenzione alla sostenibilità del prodotto e alla stagionalità. Il mio lavoro mi piaceva, ma ho sempre sentito l’esigenza di creare qualcosa di mio. Inoltre, dopo cinque anni a Bruxelles nella ‘bolla’ delle relazioni internazionali, sentivo il bisogno di sentirmi più ancorata al territorio e di interagire con le diverse realtà che vivono in questa città”.
Cibo = aggregazione
“Un giorno la mia amica Pauline, francese che vive in Olanda, mi ha raccontato la sua esperienza nell’organizzazione di aperitivi. Da buona francese lei, come da italiana io, amiamo ricevere persone a casa, cucinare per gli altri e soprattutto creare aggregazione attorno al cibo.
Abbiamo così deciso di organizzare insieme una cena tematica sperimentale in un ristorante che metteva in affitto la propria cucina. E’ stato un gran successo, tanto che ci hanno chiesto di organizzare altri eventi simili. Ma siccome le persone interessate erano sempre di più, avevamo bisogno di un posto più grande.
L’idea ha preso forma da sola: organizzare appuntamenti mensili itineranti, in luoghi particolari dove non ti immagini di poter andare a mangiare, come al 27^ piano di una torre, in un parcheggio, in un cantiere o tra gli scaffali di un supermercato. Volevamo portare le persone a scoprire spazi gestiti da associazioni che portano avanti progetti sociali e inclusivi. Oppure da piccoli produttori locali che propongono prodotti particolari e che noi potevamo mettere in risalto con la nostra cucina”.
Sì al cambiamento, ma graduale
Sono molte le persone che sognano di cambiare mestiere e sperimentare qualcos’altro, ma è per forza necessario abbandonare tutto e rischiare facendo un salto nel buio?
“Se penso alla mia esperienza, non è stato necessario licenziarmi da un giorno all’altro per lanciarmi nel nuovo progetto senza certezze. Ho coltivato con cura la mia passione e poi ho provato, poco alla volta, a metterla in pratica. In questo modo capiamo se il sentiero che si apre davanti davvero ci piace e può diventare una strada da seguire.
Per me il passaggio è avvenuto gradualmente: prima dedicavo il mio tempo libero a questo progetto, poi ho richiesto un giorno libero a settimana e una riduzione dell’orario di lavoro. Infine l’aspettativa e un periodo di disoccupazione previsto dallo stato belga, dedicato a chi ha intenzione di mettersi in proprio.
Eravamo in tre, Pauline, Giampietro – il nostro terzo socio – e io. La nostra società si chiama POP POT, un gioco di parole che viene dall’espressione francese “faire la popote”, che significa fare da mangiare con quello che c’è, per molte persone. Tutti si siedono intorno ad un grande tavolo, si passano i piatti… esattamente come a casa!
Grazie a un crowfunding abbiamo affittato e sistemato un atelier cucina, e recuperato molti strumenti di seconda mano dal ristorante di un mio zio in Italia. Ci servivano una struttura più funzionale e una cucina tutta nostra. La gente che partecipava ai nostri eventi rimaneva colpita dai luoghi, dall’accoglienza e dal cibo, e iniziava a chiederci di ricreare la stessa atmosfera per eventi privati, compleanni, matrimoni o cene di famiglia”.
Sostenibilità ed economia circolare
Oggi POP POT organizza eventi sia nel pubblico sia nel privato, e rappresenta un modello di catering sostenibile e innovativo. “La sostenibilità è il nostro primo valore. Innanzitutto, prestiamo tanta attenzione a stoviglie e contenitori. Non usiamo nulla di usa e getta. Tutto è in ceramica, vetro o materiale lavabile, anche le tovaglie sono in tessuto riciclato.
Nei servizi di catering a domicilio le monoporzioni sono trasportate all’interno di vasetti WECK – quelli in vetro con il tappo usati per la vasocottura – e siamo parte di un network di enti e ristoranti che utilizzano questi contenitori.
Le persone che ricevono in questi barattoli devono semplicemente riportarli al punto di raccolta più vicino a casa loro: verranno lavati e ridistribuiti.
La scelta delle materie prime è il più possibile stagionale e locale, quindi le proposte di menù variano a seconda delle stagioni: oggi sembra strano eppure è una grande innovazione nel nostro settore.
La maggior parte dei catering tradizionali infatti propone lo stesso menù per tutto l’anno. Per noi una crudité a base di cetrioli e pomodori in inverno è impensabile!
Inoltre, acquistiamo e processiamo solo materie prime, di alta qualità (all’80% bio e produzione locale), ed evitiamo di acquistare preparati industriali. Facciamo quindi tutto homemade, dalla pasta sfoglia alla focaccia, dalle salse ai biscottini salati: un lungo lavoro ovviamente, ma apprezzato!
Infine aderiamo, quando possibile, a un progetto che prevede il recupero di prodotti invenduti da un mercato biologico: li ritiriamo e li processiamo subito per poi utilizzarli nelle ricette e ridurre così lo spreco alimentare.
Questo processo non è sempre facile, la quantità di invenduto che ti ritrovi a ritirare è molto variabile: quando in grande quantità bisogna poterla trasportare, selezionare e trasformare il giorno stesso.”
Proteggere gli spazi dedicati alla famiglia
Da quasi tre anni, quasi in concomitanza con la nascita ufficiale di POP POT, Alessandra è diventata mamma di Elio, e subito dopo di lei anche Pauline e Giampietro sono diventati genitori.
“Ovviamente i nostri ritmi di lavoro sono cambiati” spiega Alessandra. “Oggi abbiamo due collaboratori in cucina e una serie di persone che ci aiutano nei diversi aspetti del progetto e che coinvolgiamo negli eventi.
Ma la parte organizzativa è tutta a carico nostro e, offrendo un servizio di catering, è spesso molto complessa in quanto bisogna adeguare la logistica alle nuove location.
Da quando sono nati i bimbi abbiamo deciso di limitare gli impegni serali o al mattino molto presto.
Dalla ripresa degli eventi di quest’anno abbiamo ricevuto tante richieste, ma abbiamo imparato a dire di no, soprattutto quando l’attività, secondo noi, rischia di invadere lo spazio che vogliamo dedicare alla famiglia.
Saper bilanciare il lavoro con la vita famigliare fa anche parte della nostra idea di sostenibilità, e limitare la quantità è una condizione che ci permette di mantenere alta la qualità.
Sono passati cinque anni e sono convinta che non tornerei mai indietro. Certo, non ho le certezze del contratto a tempo indeterminato, ma in realtà l’incertezza e l’evoluzione costante mi motivano di più.
Adoro potermi gestire le giornate e il fatto che siano tutte diverse tra loro.
Quella di seguire il mio progetto personale e trasformare i miei valori con azioni concrete è stata una scelta di vita più che un cambio di lavoro. Oggi è POP POT è una realtà ben integrata con la città, riconosciuta dagli enti pubblici e partecipiamo a progetti sul tema della sostenibilità. Un lavoro che ha acquisito una dimensione più ampia rispetto all’idea originale: un percorso che cambierà sicuramente nel futuro, perché in costante evoluzione”.