Siamo i genitori di due bimbi, Francesco e Olivia, e ci troviamo spesso a confrontarci su temi che riguardano l’educazione dei figli. In particolare, ultimamente non ci troviamo d’accordo sull’argomento “sculacciate”. Io non le tollero, ma lui ogni tanto trova che ci stiano. Non spesso, né per motivi futili, ma quando sono troppo capricciosi o irragionevoli, lo scapaccione vola. Io non lo sopporto proprio. Capisco che i piccoli ogni tanto fanno perdere la pazienza, ma trovo che alzare le mani sia sempre sbagliato. Chi ha ragione? C’è un modo per convincerlo delle mie ragioni? Grazie, Chiara
Cara Chiara, la sculacciata rientra nel concetto di punizione adottata nei confronti del bambino come conseguenza di un suo comportamento sbagliato. La valenza della punizione come metodo educativo è stata oggetto di controversie tra pedagogisti, soprattutto nell’ultimo secolo. Diverse ricerche, come quelle condotte da Bruno Bettelheim, Donald Woods Winnicot e Alice Miller, hanno sottolineato la scarsa utilità di un approccio educativo basato sul metodo delle punizioni, in particolare di tipo fisico. La mortificazione immediatamente successiva alla punizione non sempre è seguita dalla comprensione da parte del bambino di ciò che non dovrà più fare e di ciò che ha fatto di sbagliato; anzi spesso si manifestano risposte di tipo aggressivo che rendono la situazione ancor più complessa da gestire. “Il rispetto si guadagna con il rispetto” suggeriva Maria Montessori: un’educazione per essere attiva e fruttuosa necessita di un grosso impegno dell’adulto che diventa non solo promotore di regole ma soprattutto modello di comportamento. Riuscire a esercitare la propria genitorialità senza ricorrere a punizioni di tipo fisico permette ai bambini di osservare un comportamento adulto stabile e autorevole e questo fa sì che sempre meno si creino momenti di tensione tali da far perdere il controllo. Come educatrice ritengo che i sistemi educativi maggiormente funzionali siano quelli premianti e non punitivi. Valorizzare e premiare i nostri piccoli, dando un senso al loro comportarsi bene, sottolineando azioni e atteggiamenti giusti ci consente di promuovere un agire educativo improntato su ciò che è giusto fare. Automaticamente il “non devo” o il “non è giusto” assume un significato maggiormente tangibile per i bambini perché sanno ciò che devono ed è giusto fare. Vi invito a riflettere insieme sulla vostra azione educativa, esaminando le finalità che vi ponete e gli strumenti utili a raggiungerle. Converrete con me che la sculacciata non raggiunge il fine, cioè impedire che il capriccio si ripeta, semplicemente risolve nell’immediato una situazione. Un sistema premiante che promuove atteggiamenti educati e rispettosi verso i genitori, la capacità di avere calma e pazienza anche quando siamo nervosi, assieme al modello che noi offriamo ai nostri figli raggiunge sicuramente l’obiettivo. Una raccomandazione: premiare non significa “comprare”, ma semplicemente gratificare con parole, con piccoli simboli come smile o stelline da appendere in cameretta a simboleggiare la capacità dei piccoli di agire nel modo giusto.