Buongiorno, sono la mamma di una bimba di un anno. Fino a circa otto mesi la mia piccola ha accettato di buon grado di essere trasportata sul passeggino, che a quel tempo era un ovetto in cui stava semidistesa e rivolta verso mamma e papà. Una mattina, senza che fosse capitato nulla di diverso dal solito, ha iniziato a strillare insofferente all’abituale mezzo di locomozione. Abbiamo immaginato che fosse diventata “grande” e si annoiasse in quella posizione da bebè così abbiamo sostituito l’ovetto con il passeggino vero e proprio: posizione più verticale e vista sul mondo. Niente da fare, da quel giorno non siamo più riusciti a trasportarla su ruote (usiamo ormai solo il marsupio) perché urla incessantemente sul passeggino ma anche in auto, in bici, sul nuovissimo triciclo delle principesse. Durante le vacanze abbiamo fatto qualche tentativo (più che altro una prova di resistenza) ma non è servito a nulla: una settimana di urla da tortura e alla fine abbiamo desistito noi!
Come possiamo fare per salvarci la schiena?
Carissima lettrice, si trova ad affrontare veramente un grosso problema. La prima cosa da fare è capire se le urla della piccola sono semplicemente un capriccio oppure sono legate a una effettiva paura maturata per qualche ragione. Ripensi alla mattina in cui per la prima volta la bambina si è rifiutata di essere trasportata sull’ovetto. Lei scrive che non ricorda “fosse capitato nulla di diverso dal solito” spesso però cadiamo nell’errore di guardare le cose dal nostro punto di vista. Provi a ripercorrere quella mattinata mettendosi nei panni della piccola, cerchi di ricordare tutte le cose che hanno preceduto il momento “dell’ovetto”, eventuali malumori, azioni che possono averla spaventata, persone presenti in quel momento, forti rumori. Se dai suoi ricordi emerge una possibile risposta al suo comportamento, la soluzione del problema è cercare di aiutarla a non associare più la paura di quel ricordo all’utilizzo di qualsiasi mezzo di trasporto. Verosimilmente basterà rassicurarla e creare una prima esperienza positiva, magari sul bellissimo triciclo delle principesse. Nel caso in cui invece realmente quella mattina non sia avvenuto nulla di diverso dal solito allora probabilmente si tratta di un capriccio, in questo caso la parola d’ordine è “non cedere”. La bambina con il suo pianto e le sue urla sta tentando semplicemente con tutte le armi che ha a disposizione di imporre la sua volontà. Se l’adulto cede è la fine, come afferma Italo Farnetani, pediatra e docente dell’Università di Milano-Bicocca: “ha perso non la battaglia, ma direttamente la guerra!”. Armatevi di tanta pazienza e questa volta non desistete: otterrete sicuramente il risultato salvaschiena sperato.