Caterina e una macedonia di domande
More. Lamponi. Mirtilli. Pesche. Albicocche. Fichi. Uva. Angurie. Quando sono mature, e questa è la stagione, sono meraviglie zuccherine, ciascun frutto ha il suo gusto, la sua consistenza e la grazia di decorare una torta, di colorare un frullato, di rinfrescare una giornata in spiaggia. Ogni estate, il loro colore caldo e la morbidezza ne raccontano la maturazione.
Il costo o la facilità di lasciare un ramo indicano che non sono primizie ma frutta di stagione.
Ma l’amore maturo, invece… come si riconosce? E dove si trova? A quale “costo”?
Non certo al mercato: mi darebbe 80 kg di amore maturo? Quanto fa, al chilo?
Caterina, per tutta la lunga primavera di meteo avverso, ha camminato sotto la pioggia che cadeva in temporali o restava sospesa nel cielo in forma di grigiore diffuso, chiedendosi che colore ha, l’amore, quale consistenza… ma al massimo ha trovato, alla fine delle sue passeggiate con l’ombrello, qualche tenue arcobaleno.
In inverno aveva smesso di cercarlo in montagna, perché nella neve forse aveva trovato un po’ d’amore ma aveva perso se stessa. No, l’amore a distanza non è, per Caterina e per l’Atleta, un amore che può maturare. Forse, allora, l’amore maturo è quello che lascia entrambi liberi di crescere, di colorarsi, stando vicini, nello stesso giardino? Ma si matura una volte per tutte o una volta all’anno e poi di nuovo il ciclo ricomincia? Quanto siamo simili e quanto diversi dagli alberi?
Un saggio, Caterina non ricorda più quale, dice: “senza radici non si vola”. Vabbè. Non aggiungiamo ali alle albicocche che sennò ci perdiamo ancora di più.
Forse, come per la frutta, esistono tanti tipi diversi di amore maturo, non esistono solo le angurie, che peraltro sono forse il frutto preferito di Caterina. Se l’amore fosse come l’anguria, sarebbe pesantissimo, iperfemminile nel suo essere fucsia, grondante emozioni e pieno di punteggiatura disordinata. Se l’amore fosse come i lamponi, sarebbe raro, delicatissimo, una costellazione estiva e le ricorderebbe la meraviglia che provava da bambina quando trovava i piccoli tesori vellutati sugli steli alti di quell’angolo nel giardino del nonno. Se l’amore fosse come i mirtilli, forse, sarebbe di nuovo un amore di montagna, che vive tra i cieli superazzurri e le rocce, i sentieri, le cascate, molta solitudine e molto silenzio. Ma forse l’amore è come le more, che hanno il colore della notte: vanno lasciate tranquille a diventare dolci e scure sotto un sole cocente, protette dai rovi, e bisogna avvicinarsi piano piano, con la bicicletta, tra le cicale e la polvere, al tramonto. Pesche, uva, fichi… Caterina si sta proprio perdendo in una ricerca che rischia di diventare marmellata.
Forse l’amore maturo è quello in cui ciascuno è un po’ Arcimboldo. Un po’ tutti i frutti. Un naso d’uva, una bocca di pesca, orecchie di fichi d’india. E, con la propria strana macedonia dentro e fuori, ci si prende per mani di albicocca e ci si incammina, in punta di lamponi, verso il futuro, staccando piano le radici da terre note, sotto stelle lontane.