Se c’è una frase che Caterina non può pronunciare, anche se in certi momenti vorrebbe, è: “Questa casa non è un albergo!”, perché casa sua è anche un albergo. Per sostenere gli inverni di trasferte d’amore e di sci in montagna, per mostrare un po’ di mondo ai figli, per arrotondare uno stipendio con partita Iva, Caterina ha infatti messo la sua casa su Airbnb. E così, quando lei non c’è, la casa diventa albergo. Per lo più l’esperienza è bellissima, in effetti remunerativa e ha un significato profondo: quando si è separata, Caterina ha sentito il bisogno di aprire le porte di casa per far circolare nuova energia tra le pareti in cui vive con i figli.
Prima c’è stato lo scambio-casa, grazie al quale hanno visitato Parigi, Madrid e Berlino, poi Caterina ha deciso di passare agli ospiti paganti. Ed è contenta. Senonché un fenomeno carsico si è fatto strada dentro di lei: l’impegno di tenere la sua casa pulitissima e in ordine, i salti mortali per lasciare le chiavi, gestire partenze e arrivi, hanno aumentato la sua aspettativa verso le case nelle quali lei migra a sua volta, quando ha ospiti.
Caterina, diciamolo, è diventata o-s-s-e-s-s-i-v-a nella ricerca della dimora ideale e quando un alloggio non risponde a certi requisiti, lei va seriamente in depressione. La casa dei suoi sogni, anche solo per pochi giorni, è luminosa, grande e funzionale (il letto è comodo? La doccia funziona davvero?), silenziosa, colorata, ha una bella vista o è in un quartiere interessante. Insomma: è bella come casa sua, ma è altrove. La complessa organizzazione dell’ospitalità e lo stress delle trasferte hanno in pratica aumentato il desiderio di nido, di casa, di calore e comodità.
Questo fenomeno è stato difficile da capire e poi da spiegare all’Atleta, che, quando Caterina parla di case ha lo stesso sguardo che Caterina ha quando l’Atleta parla di corsa in montagna, altrimenti detta trail (fino a 42 km) o ultratrail (oltre i 42 km): non ti capisco ma, finché posso, mi adeguo e ti seguo. Per l’Atleta l’unico requisito di una casa è che non ci piova dentro, affinché non si bagni il cavo della tv, essenziale per seguire il Tour de France e il Moto GP. Per Caterina, invece, è l’elettrodomestico meno importante. No, decisamente il loro punto di incontro non è nell’idea di casa. E nemmeno nella corsa in montagna, che per Caterina è come decidere di andare in guerra quando potresti stare in vacanza. Eppure, quest’estate, hanno trascorso settimane deliziose in una casetta imperfetta (non arrivava la luce, era orrendamente arredata ma economica): l’Atleta andava a correre in montagna, facendo trail ma sognando ultratrail, Caterina aveva tempo per scrivere nei prati pieni di luce e per cucinare. E l’ossessione della casa ideale, per un po’, stando vicini vicini e abbassando le luci, è passata, pensa Caterina disconnettendosi dal sito, dove ha visto uno chalet pieno di sole che forse l’anno prossimo…