“L’inverno è così. Il mio lavoro è così.”, dice l’Atleta uscendo il sabato alle 8 di mattina, la domenica alle 7, il lunedì, il martedì e tutti gli altri giorni senza pause, con la sua tenuta da sci da novembre ad aprile. Mai un giorno di ferie. Questo è l’inverno, bellezza. E poi le cene con i gruppi, il Carnevale bianco, la cena dei maestri, e da Caterina arriva stremato dopo ore di lezione e cene di rappresentanza. Caterina ci sta dentro quasi tutto l’inverno.
Lo sa, che il lavoro è così. Lo sa, che per loro la primavera arriva sempre dopo. Lassù la neve non molla. Sa tutto, ma in certi momenti è troppo pesante. Lo ha incontrato sulle piste da sci, non in un caffè del centro. Sulla mia carta d’identità non c’era scritto: città, le ha detto una volta. Va bene. Non c’era scritto, però sono passati 4 anni e in 4 anni un po’ di desiderio di stesso tetto, stesso letto tutta la settimana… non è nato? No. Non ancora. Poi ci pensiamo. Sai che è difficile tesoro, ci sono tanti vincoli. Ed è allora che Caterina prova diverse brutte sensazioni. C’è la gelosia, una gelosia pesante e depressiva, fatta di pensieri ricorrenti: magari se non vuole vivere con me è perché vuole vivere con un’altra? O pervasiva: è gelosa pure del cane che vive con l’Atleta e che lo ha sempre vicino. Poi arrivano i pensieri furenti: la voglia di rompere un bicchiere. Infine, la conta lugubre e ossessiva di “quante cose divertenti abbiamo fatto negli ultimi tre mesi insieme?” Nessuna. L’ultima festa insieme? L’ultimo cinema? Tutto ancora del 2017. Tutto prima della neve. Dimenticava: i giretti su Facebook… quanti “nuovi amici” ha lui, che lei non conoscerà mai?
Ma Caterina non è così. Lo diventa quando è in astinenza da compagnia e divertimento con l’Atleta. “Ma vieni in montagna ogni due weekend, no? Ci vediamo già tutte le volte che possiamo!”. Già. Ma a lei non basta. O ne ha abbastanza di questo inverno. Di questi ritmi. Di queste distanze. Di queste case separate. Delle trasferte del weekend. Di questi pensieri un po’ tristi. Caterina, di natura, non è triste. Melodrammatica a tratti… ma non triste. Quando si sono incontrati lei era allegra. E non lamentosa. E vuole tornare così. Allora, la notte, sul suo cuscino di città, cerca un pensiero-scala per uscire da questo buco di neve e pensieri bui. Lo trova in un biglietto del treno. In una ricerca rapida sul web. Nel buono di Airbnb tenuto da parte.
E in una canzone. Caterina questa tua canzone la vorrei veder volare, sopra i tetti di Firenze… canta De Gregori. E allora torno alle origini, pensa, torno a me stessa, torno a un tipo di casa che mi piace: una casa sconosciuta in una città che amo; niente montagna questo weekend, sarei comunque sola la maggior parte del tempo. Prendo un po’ di distanza da te, Atleta, metto un po’ di chilometri diversi tra noi, non i soliti 100 tra casa mia e casa tua. Vado a rigenerarmi di bellezza, vado via, a tuffarmi nella luce e nei colori di Firenze.