Michelangelo Mammoliti, chef stella Michelin, ha elaborato nel menu che propone nel suo ristorante delle ricette collegate alle sue emozioni di infanzia, in un percorso a ritroso con la psicologa Francesca Collevasone
Lo scriveva Marcel Proust, che con una petite madeleine inzuppata nel tè si sentiva subito meglio, ricordandosi di quelle domeniche mattina a casa di zia Leonia. Attraverso il gusto, attraverso il cibo, passano i ricordi, e un particolare sapore può essere in grado di riportare alla mente sensazioni ed emozioni d’infanzia.
La neurogastronomia
È un principio valido per tutti, ma comunque curioso: come è possibile che le papille gustative siano così connesse con la nostra attività cerebrale da causare emozioni, sensazioni, ricordi che magari pensavamo perduti e che invece ritroviamo al morso di un semplice dolcetto?
Quel che forse non tutti sanno è che esiste perfino una branca degli studi che si specializza proprio in questi fenomeni e si chiama Neurogastronomia.
A studiarla e applicarla nei suoi piatti, tra gli altri, c’è anche un giovane talento langarolo, lo chef Michelangelo Mammoliti, una stella Michelin nel suo resort La Madernassa e una cucina attenta a ogni dettaglio, contaminata dalle tecniche francesi e in larga parte ispirata dalle sue esperienze personali, soprattutto quelle d’infanzia.
Nei piatti raffinati di Mammoliti, oggi, troviamo la reinterpretazione di quei profumi e quegli odori che per lui significano famiglia, casa, felicità.
Non è solo una sensazione: aiutato dalla psicoterapeuta Francesca Collevasone, Mammoliti ha provato a codificare il rapporto tra palato e cervello, tra gusti ed emozioni legate all’infanzia: ne è nato un percorso alla ricerca dei sapori che fossero in grado di suscitare emozioni uniche e personali, o perlomeno che potessero dare degli stimoli, come: “Quel piatto mi ha fatto ricordare un preciso momento della mia vita”.
Le ricette della memoria dello chef Mammoliti
Punto di partenza sono le ricette che sono legate in primis alla memoria di chi le ha ideate, Michelangelo Mammoliti, lasciandosi ispirare dai suoi ricordi d’infanzia.
Il primo esempio di questa direzione è nato ancor prima degli studi sulla neurogastronomia dello chef ed è uno dei suoi piatti iconici: BBQ, uno spaghetto nato per ricordare le grigliate della domenica quando era ancora bambino.
“L’odore che vi arriva dal piatto, una volta servito, è quello della costina di maiale caramellizzata, o meglio dire abbrustolita sulla griglia di papà. Ho usato il prosciutto di Cuneo per arricchire il piatto del sapore della parte proteica del maiale che nella pasta altrimenti non ci sarebbe stato. Parliamo di un piatto che ho scelto di inserire in carta per continuare a essere legato alla mia famiglia, ai miei genitori. È una fuga nel ricordo, la mia, è un tornare a casa quando non sono a casa”.
Emozioni e ricordi attraverso la cucina
“Il progetto è nato quasi spontaneamente, perché dopo BBQ mi sono accorto che la mia cucina stava andando in una direzione familiare e identitaria: tutti i piatti che ho sviluppato e ideato erano sostanzialmente legati a gusti che ho assaggiato da bambino o a ricordi di viaggio o di infanzia. Non poteva essere un caso, ed è così che è nato un percorso con Francesca, alla ricerca del modo di creare emozioni e ricordi attraverso la cucina”.
Perché, a suo parere, il cibo è in grado di scatenare immediatamente sensazioni così forti, riportandoci a quando eravamo bambini?
“Ma non lo sa fare solo il cibo, e comunque non è sempre una cosa positiva, perché così come ci sono sensazioni positive legate a ciò che mangiamo ci sono anche quelle negative: a chi non è mai capitato di assaggiare un piatto in un momento brutto della vita e poi non volerlo più mangiare? Il nostro cervello è qualcosa di meraviglioso: è lì che vengono catalogati tutti i sapori, legati a determinati ricordi che possono essere riattivati”.
Ricordi d’infanzia
Quali sono i piatti che più ti ricordano la tua infanzia?
“Il pollo arrosto della nonna, per esempio, o il suo peperone ripieno con la mortadella e il provolone. Il carciofo ripieno cotto al forno, che era uno spettacolo, e la pasta con il ragù di capra di mamma”.
E quali sono quelli che hai creato ispirandoti ai tuoi ricordi?
“A parte BBQ, in ricordo delle domeniche passate alla griglia, c’è “pane e mortadella”, che racconta della colazione che facevo da bambino. È una sfoglia di pasta all’uovo che ha il colore e la consistenza della mortadella, cotta in un’estrazione di mortadella con pistacchio di Bronte e pepe indiano Pondicherry. C’è poi “Americanino”, uno spaghetto legato a mio nonno, che aveva un ristorante, “L’Americano”, e lì preparava questa pizza all’Americanino (lui si chiamava Nino). Oppure il pre-dessert “L’essenziale per essere felici”, un piatto che racconta di quei pomeriggi passati a falciare il fieno nei campi di mio zio: al ritorno in casa la ricompensa era pane, burro e cioccolato, il tutto leggermente intiepidito nel forno a legna”.
Qual è il primo ricordo che hai in cucina?
“Ricordo me davanti alla cucina, avrò avuto quattro anni, che aiutavo la nonna a pulire gli champignon. I piatti che più mi piacevano erano gli agnolotti di mia nonna e la pasta al pomodoro. Una cosa semplice ma buonissima”.
E qual era la cosa che ti piaceva di meno?
“La barbabietola: un ingrediente che adesso adoro, ne mangio come se non ci fosse un domani”.
Sentito, genitori? Anche per noi che fatichiamo a far mangiare le verdure ai bambini, c’è speranza per un futuro migliore. Purché ci sforziamo di fare in modo che a quel sapore si associ un ricordo positivo!