Ne sentono parlare ovunque: in tv, durante i pranzi in famiglia, al parco giochi sotto casa, spesso con toni e semplificazioni che non rendono giustizia alla curiosità e al bisogno di capire proprio dei bambini
Eppure, quella dei migranti e dei rifugiati è una realtà che i piccoli conoscono per esperienza diretta molto bene. Giocare e studiare insieme ad amichetti che parlano lingue diverse e hanno tradizioni differenti fa parte della loro quotidianità più che della nostra. E, allora, come dare loro spiegazioni e risposte coerenti alle domande che inevitabilmente sorgono davanti alle immagini dei barconi in mezzo al mare e ai discorsi su “porti chiusi” e accoglienza negata?
A questa domanda risponde la Fondazione Ismu – Iniziative e Studi sulla Multietnicità – che promuove e realizza analisi e attività di divulgazione sul tema delle migrazioni internazionali.
Non avere paura della complessità
“Per prima cosa, noi genitori e insegnanti non dobbiamo avere paura di parlare con i bambini anche di questioni complesse come l’immigrazione. Di guerra, povertà, del lavoro che non c’è, della realtà di paesi nei quali sono negati anche i diritti basilari si può e si deve parlare con i bambini. Le cose brutte e difficili esistono, non ha senso far finta di niente. Tutto sta nel farlo con un linguaggio semplice, adatto all’età e nel modo giusto”, spiega Gabriella Lessana, insegnante per oltre 30 anni della scuola primaria e oggi collaboratrice del Settore Educazione dell’Ismu. Ma qual è il “modo giusto”? “Lasciare che siano loro a fare domande senza mettere in bocca ai bambini risposte precostituite. Un esempio buono a scuola è prendere una parola, come ‘viaggio’ o ‘migrazione’, scriverla alla lavagna e chiedere cosa viene in mente. E partire da lì per una riflessione condivisa”.
Riflettere sulla propria storia
Lavorare sull’esperienza personale e i sentimenti dei bambini è l’approccio migliore per favorire la comprensione dei fenomeni, anche dei più articolati. “Invitiamo i bambini a riflettere sulla propria storia: i genitori, i nonni, hanno sempre vissuto dove vivono adesso o si sono spostati nel tempo e perché lo hanno fatto? A scuola – suggerisce Lessana – si può costruire tutti insieme una vera e propria mappa di questi spostamenti. Visualizzarli aiuta i bambini a comprendere che spostarsi è un fatto molto antico, che ha a che fare anche con la loro storia personale. Chiediamo loro di pensare a come si sentirebbero se dovessero partire e lasciare la propria casa e gli amici”.
Il rispetto per le persone
“Alla base ci deve essere un concetto chiaro: il rispetto per gli altri. Spieghiamo ai bambini che i migranti sono persone che hanno un nome, una mamma e una famiglia, dei figli, degli amici, una casa. Personalizzare aiuta a non generalizzare. Da questo punto di vista, può aiutare far conoscere ai bambini una persona adulta, un migrante, che racconti loro la propria storia. È così che i migranti smettono di essere un numero o qualcosa visto in tv e diventano persone con le quali si può interagire e alle quali fare domande”.
A scuola
Il ruolo della scuola è fondamentale: “Partiamo dall’idea che i bambini non vedono le differenze che vediamo noi. Lavorare sulle diversità in chiave positiva è di grande stimolo per tutti. Non soffermiamoci, per esempio, sulle difficoltà linguistiche dei bambini da poco arrivati in Italia, ma raccontiamo del loro paese e della loro cultura. Questo aiuta i bambini migranti a sentirsi valorizzati nella loro individualità ed è un esercizio di mobilità cognitiva per i loro compagni, che imparano sin da piccoli che le cose si possono vedere da punti di vista diversi”.
La scuola può rappresentare, poi, un punto di raccordo fondamentale tra le famiglie, ad esempio organizzando incontri tra i genitori “per confrontarsi su come il tema viene trattato a scuola e a casa. Il supporto di un esperto può aiutare gli adulti a comprendere meglio le storie dei bambini migranti e delle loro famiglie e anche a prendere consapevolezza del fatto che fare i genitori in un paese straniero può essere molto più difficile di quello che crediamo”.
Raccontiamo le storie
Come sempre, davanti alle grandi questioni i libri possono rappresentare un validissimo aiuto alla comprensione: “Leggiamo coi bambini ‘Il piccolo principe’, ‘I viaggi di Gulliver’, le storie di Marco Polo e Sinbad. Usiamo la letteratura e le storie dei grandi viaggiatori – conclude Lessana – per attivare la loro fantasia e aiutarli a capire cosa può voler dire arrivare in un posto nuovo nel quale si parla un’altra lingua ed è tutto diverso”.
Consigli di lettura
Tra i libri per bambini più conosciuti che affrontano il tema dei migranti c’è “L’immigrazione spiegata ai bambini. Il viaggio di Amal”, la bella storia scritta da Marco Rizzo e illustrata da Lelio Bonaccorso che racconta gli sbarchi dei migranti attraverso lo sguardo di quattro animali finiti con i loro padroni su una delle navi che attraversano il Mediterraneo.
“Di qua e di là dal mare” è la raccolta di “filastrocche migranti” nata dall’esperienza di un insegnante, Carlo Marconi. Grazie alla sua esperienza riesce a spiegare ai più piccoli i drammi e le opportunità delle migrazioni attraverso il linguaggio universale della poesia e delle immagini.
In “Yusuf è mio fratello” Pina Varriale ci racconta la storia del “viaggio alla fine del viaggio” di un bambino siriano, minore non accompagnato in Italia, e delle sue avventure a scuola da “clandestino”.