Grande boom di divorzi in Cina dopo la quarantena: non siamo più abituati a passare tanto tempo (non virtuale) insieme. Aumentata anche la violenza domestica.
Adesso che la Cina ricomincia a respirare, si può iniziare a parlare di post virus e di quello che questa quarantena obbligata ha portato. Alcune notizie sono molto positive, come il tempo libero ritrovato o l’inquinamento dell’aria nettamente abbattuto; ma ce ne sono altre che fanno riflettere. Tra le conseguenze della quarantena da Coronavirus ce n’è una che non era prevista, come l’aumento della richiesta di divorzi. Forse non siamo più abituati a passare così tanto tempo (non virtuale) insieme?
Il boom di divorzi da quarantena
Il quotidiano Global Times qualche giorno fa ha dato notizia della forte crescita di domande di divorzi e scioglimento di matrimoni in Cina. Alla riapertura delle attività, le domande sono state così tante da intasare gli uffici dei distretti di Xi’an, Yanta e altri. Ma perchè? “A causa dell’epidemia, molte coppie sono state costrette a restare a casa insieme per oltre un mese – ha commentato un funzionario al giornale- il che ha fatto riemergere gli attriti latenti”. Questo in aggiunta al fisiologico accumulo delle richieste dovute alla chiusura prolungata degli uffici obbligata dal governo centrale per fronteggiare la diffusione del virus.
Disabituati alla convivenza: il perché dei divorzi
Il punto è che le coppie sono state costrette a passare insieme chiusi in casa 24 ore al giorno, cosa a cui non siamo più abituati. Il nostro quotidiano è fatto di molto lavoro, tante ore fuori casa, mille impegni e commissioni da gestire al di fuori delle mura domestiche, non sempre in modo condiviso. Succede più o meno la stessa cose nelle coppie con figli diventati grandi che lasciano casa. La loro routine cambia di punto in bianco, e i silenzi aumentano. Ci si trova a doversi riconoscere e riscoprire, per verificare se gli interessi, le passioni e la voglia di stare insieme come coppia sono ancora vivi. La vita di oggi e gli scambi tra le persone, poi, avvengono principalmente sui social, anche tra gli affetti più cari. E le relazioni virtuali ci hanno disabituato alla vicinanza fisica, soprattutto se forzata e prolungata. Di sicuro la tensione e le preoccupazioni per l’emergenza non hanno facilitato la convivenza. Di fatto, quanto sta accadendo in Cina ci deve far riflettere.
Aumento delle violenze domestiche
Insieme al numero di divorzi aumentano anche le denunce di violenza domestica, di cui le donne cinesi sono vittima, soprattutto con la clausura forzata. Durante il periodo di quarantena infatti gli abusi tra le mura di casa sono raddoppiate. Secondo quanto diffuso da un’associazione no profit di Jingmen, nello Hubei (epicentro cinese del virus), nel solo mese di febbraio sono arrivate alla stazione di polizia nella contea di Jianli 162 denunce di violenza domestica, il triplo rispetto ai casi denunciati nello stesso mese del 2019. “L’epidemia -ha dichiarato il funzionario nell’intervista- ha avuto un impatto enorme sulla violenza domestica. Secondo le nostre statistiche, il 90% delle cause di violenza in casa sono legate all’epidemia di COVID-19”, alla paura delle persone, all’isolamento forzato e alla scarsa presenza delle forze dell’ordine e dei servizi ai cittadini.
Non è tutto negativo
Secondo le associazioni femministe però questo fenomeno non è del tutto negativo, in un Paese in cui il matrimonio è spesso ancora combinato dalle famiglie e ci si tiene il proprio coniuge anche se la relazione non va bene. Il divorzio in Cina è possibile dal 1950, ma di fatto viene ostacolato, poiché visto come socialmente destabilizzante. Si può divorziare per motivi politici, da un/una controrivoluzionario/a per esempio, più facilmente che per violenze. Oltre la metà delle richieste di fine matrimonio viene respinta dai tribunali e del 2018 chi chiede il divorzio è obbligato a un periodo di riflessione, a percorsi di meditazione gratuita e a quiz di coppia per far cambiare idea alle coppie.