La fase dei terrible two mette a durissima prova la pazienza e la calma dei genitori. Ecco come incoraggiare la crescita dei nostri terribili duenni.
La prima autonomia, le piccole ribellioni, la sorpresa e il grande orgoglio per le nuove conquiste: questi sono i due-tre anni, un periodo di grande crescita, anche per i genitori. Abbiamo chiesto qualche consiglio a Francesca Sisto, Educatrice, responsabile per Opera Munifica Istruzione del programma MenoUnoPiuSei, per approfittare di questa fase e incoraggiare la crescita dei nostri terribili duenni.
Dai 2 ai 3 anni: cosa c’è sotto il tappeto?
Il periodo che va dalla nascita al secondo anno di vita è il più straordinario e ricco di cambiamenti e sviluppi dell’intera esistenza dell’essere umano. Si passa dal neonato alla personcina con cui viviamo, che con sempre maggiore proprietà di linguaggio è in grado di sostenere una conversazione, di avere opinioni proprie (e quante!), di porre domande, di controbattere e rispondere con impertinenza e, soprattutto, di lottare per la propria indipendenza! A due anni i bambini contestano tutto e sempre, e ciò non è un male. Ma confonde i genitori. Già, perchè di fronte a un bambino che sa fare così tante cose (camminare, parlare, correre, giocare, pensare, ragionare, immedesimarsi negli altri) è semplice dimenticarsi che in realtà è ancora piccolo, sa ancora poche cose del mondo, in molte occasioni per lui ancora un mistero. E nell’esplorazione del mondo vanno incoraggiati, con rispetto, accoglienza e decisione.
Con gli occhi dei duenni
Alcuni genitori si chiedono che fine abbia fatto il bambino piccolo, tenero, e dipendente al quale erano abituati. Per quanto faticoso, sentirsi indispensabili può essere molto gratificante; mentre le manifestazioni di indipendenza dei duenni possono essere sentite a volte come una “rivolta” contro mamma e papà. E fa male se le rivolte sono incomprese. Può aiutare i genitori tenere presente che il bambino si trova sul confine di un passaggio importante di età, tra l’inizio della sua vita e l’infanzia vera e propria. Aiuta gli adulti provare a domandarsi il significato delle sue azioni, a guardare il mondo attraverso i suoi occhi: gli occhi di un bambino di due anni, esaltato dalle capacità che va scoprendo in se stesso, costantemente teso ad imparare, sperimentando il mondo, ad assorbire e a sentire tutto.
La sperimentazione del NO
A questa età il bambino scopre il potere della parola e dell’azione: lo sperimenta continuamente e affina la sua capacità di scegliere. Può succedere che scappi via quando lo si chiama, che nn voglia indossare il cappotto, non voglia uscire, baciare i nonni, lasciare un gioco condiviso. Scoprono quella potente parolina che è il “no”. Questa scoperta è una pietra miliare sulla strada dell’indipendenza e il bambino, che non ha ancora compreso fino in fondo il potere del no, è del tutto determinato a sperimentarlo. Sapere dire “no!” è importante tanto quanto sentirselo dire. Autostima e autodeterminazione iniziano in casa, sperimentando giorno dopo giorno il diritto di opporre un rifiuto o una contestazione. Ciò non significa però che genitori ed educatori debbano essere accondiscendenti con le richieste ed imperativi che il bambinoi pone. Il consiglio è di sforzarsi il più possibile di rispettare il bambino, ma con fermezza (non cadendo nella trappola delle punizioni o degli scambi), per aiutarlo nello sviluppo della coscienza di se e di ciò che fa e desidera, sviluppando nel tempo un certo autocontrollo. Il bambino impara così a capire l’adulto, l’importanza di riflettere sulle cose, e a trovare delle strategie per risolvere situazioni difficili.
All’altezza dei duenni
Per il bambino di due anni mamma e papà sono due figure dotate di una potenza immensa: sanno tutto, possono tutto, capiscono tutto. Questa convinzione è tra l’altro corroborata dalla realtà: se si prova a guardare il mondo dall’altezza di un bambino di questa età, si scopre una prospettiva diversa. Da quell’altezza i tavoli sono alti, i mobili enormi e gli adulti pure; come ci si potrà sentire quando si arriva appena alle ginocchia di questi giganti? Quindi provare a mettersi in questa prospettiva può essere utile per pensare all’idea di “disciplina.” Se proviamo a guardare il mondo dall’altezza dei due anni, attraverso gli occhi dei nostri bambini è più facile che le nostre ire si dissolvano, rendendo la nostra possibilità di capire più fluida. Quindi potrà essere più semplice sentire che il bambino magari è spaventato, geloso, stanco, provocatorio.
Respira prima di agire
A questa età la prepotenza è spesso motivata da apprensioni o da timori che il bambino prova nei confronti di qualcosa. Se a prepotenza si risponde con prepotenza non si va lontani e si creano muri. “Respira prima di agire” è il motto, cercando di comprendere cosa il bambino sta vedendo e sentendo dalla sua altezza. Questo aiuta nel trovare una risposta che dica al bambino che abbiamo capito, o che comunque stiamo cercando di capire, anche se a volte non ci azzecchiamo. Ma intanto gli stiamo dicendo che non lo lasciamo solo, in balia di ciò che prova. Così, per magia, spesso l’ostinazione si dissolve.
Per i duenni in fase “esplosiva” meglio la scuola o la famiglia?
I bambini sono felici di incontrare altri bambini e anche i genitori. Stare in compagnia dei propri figli è piacevole, ma sia i genitori che i figli hanno bisogno dell’esperienza, tutta rigenerante, dello stare con gli altri. Per i genitori può essere utile trovare altri genitori nella stessa situazione. Inoltre il confronto anche con le educatrici del nido è indispensabile per vedere il bambino anche da altri punti di vista, a pensare a lui insieme ad altri persone. Chiaramente al nido non è possibile un’attenzione personalizzata al singolo duenne in crescita. Di contro si può lavorare accompagnando nel gruppo l’incontro positivo tra i bambini, avendo in mente il rispetto e lo sviluppo della fiducia, rinforzando ciò che avviene anche a casa con i genitori. Infatti il rispetto per gli altri può essere imparato solo se il bimbo si sente rispettato egli stesso dagli adulti; esperienza che gli consentirà di sviluppare il rispetto per se stesso.
Le incognite del mestiere del genitore
Niente come la convivenza con un bambino di due anni obblighi gli adulti a fare i conti con l’aspetto infantile del proprio carattere. Poi ci sono le incognite del mestiere del genitore, che ci accompagnano per tutta la vita. Quando nasce un figlio, inizia un viaggio, il viaggio di accompagnare la vita di altro. Un altro che con buona probabilità è molto diverso da noi, ma che ha bisogno di noi, del nostro sguardo, della nostra presenza, dei nostri pensieri. Per trovarsi e per andare. Già, perché più di metà della sua vita la farà senza di noi, nel mondo, con altri. L’incontro con i figli cambia la nostra vita: niente sarà più come prima, perché per accompagnare loro a crescere, dobbiamo crescere anche noi. Dobbiamo rivisitare i luoghi interni della nostra infanzia, le emozioni che abbiamo lasciato indietro e che sono rimaste sospese: le cose che di noi non conosciamo o che conosciamo ma non abbiamo mai avuto voglia di affrontare.
Accettare di sbagliare
L’esperienza della genitorialità può essere una esperienza di profonda libertà, perché ci chiede di cambiare, di accettare di sbagliare. Se accettiamo questo, l’essere pronti a fare una nuova esperienza con i nostri figli, anche nei momenti in cui ci sembra di non capire niente o di sbagliare tutto, troviamo dentro di noi un’ esperienza a cui attingere che ci aiuta a provare. Questo i nostri terribili duenni ce lo chiedono profondamente, perché rivendicano il diritto di contestarci se non ci comportiamo “ragionevolmente”. Ci richiamano a noi stessi, alla necessità di avere dei limiti e di darli, di affrontare la paura di non saper fare, a sbagliare e ammettere i propri errori nel comprendere e a desiderare di fare meglio la volta successiva. Per questo i genitori sono i migliori esperti dei loro figli.