Earth Overshoot Day: il giorno del sovrasfruttamento della Terra

da | 17 Ott, 2024 | Green, Lifestyle

Il nostro debito ecologico non fa che crescere, e i risultati si vedono: l’Earth Overshoot Day è già arrivato il 1^agosto. Come prenderci cura della nostra casa comune?

Troppe sono le notizie orribili che quotidianamente riempiono le pagine dei giornali, da farci domandare se siamo esseri dotati di intelligenza, se siamo davvero degli homo sapiens. La risposta è sicuramente no. Da genitori è difficile rispondere alle domande delle nostre figlie e figli che ci chiedono spiegazioni su quello che succede. È imbarazzante, e la cosa più dolorosa è che si sta facendo poco per invertire la tendenza. 

Il debito ecologico aumento ogni anno

Tra luglio e agosto i mezzi d’informazione hanno parlato spesso di Earth Overshoot Day, un’espressione usata per indicare il giorno in cui si sono consumate le risorse naturali che la Terra impiega 12 mesi per rigenerare. Perché se n’è parlato in piena estate? Secondo calcoli del Global Footprint Network il 1° agosto era il giorno fatidico. Da quella data in poi si è iniziato ad andare in debito con la natura, che non riesce più a rigenerare quello che noi consumiamo. In altre parole, iniziamo a consumare cibo e materiali e a emettere emissioni di gas serra di competenza del 2025. Nel 1974 questa data cadeva il 30 novembre, da allora il nostro debito ecologico è cresciuto e i risultati si vedono: spaventosa perdita di biodiversità (animali e piante che scompaiono, difficoltà in alcuni posti a trovare il cibo), aumento di gas serra, i cui effetti stanno diventando più evidenti come il persistere delle giornate di calore (solo in Europa nel 2023 ha causato quasi 48 mila vittime), fenomeni atmosferici devastanti, siccità per citare i più evidenti. 

Proteggere con saggezza la nostra casa comune

Se analizziamo bene i dati l’overshoot day italiano è stato il 19 maggio. Per fortuna non in tutto il mondo si adottano i nostri stili di vita altrimenti servirebbero le risorse di 3 pianeti. Questi dati ci dicono una cosa molto semplice: le risorse del pianeta non sono infinite, con buona pace dei negazionisti e dei sostenitori dello sviluppo infinito che ha promosso una politica produttiva predatoria portandoci a un individualismo esasperato, dove il bene comune è stato cancellato, per un’ipotetica supremazia (per lo più monetaria). E la natura è stata una delle prime a farne le spese e con essa anche noi perché, in un mondo interconnesso, è impensabile vivere bene in un pianeta malato. Siamo andati oltre il limite, nonostante gli avvertimenti degli scienziati risalgono almeno a cinquant’anni fa. Aver perso il governo del limite ha significato proprio cancellare la prospettiva collettiva che ci rendeva parte di una comunità, di una casa comune che deve essere saggiamente protetta.

Risorse saccheggiate

Come ci ricorda papa Francesco nella Laudato Si’, la salvaguardia dell’ambiente non è separata dal perseguire la giustizia sociale nei confronti dei più fragile e delle generazioni future per evitare di sopravvivere in un mondo inospitale e sempre più povero. E come scrive Carlo Petrini su La Stampa: «Questo avviene perché viviamo in una comunità globale profondamente diseguale, in cui i Paesi cosiddetti avanzati vivono sulle spalle dei Paesi del Sud globale, ossia consumano, o per meglio dire saccheggiano, le loro risorse, per continuare ad alimentare il proprio benessere materiale». Questa scelta ha causato e aumenterà il degrado ambientale e la disuguaglianza tra Nord e Sud del mondo (Ghana, Indonesia e Guinea hanno l’overshoot day rispettivamente il 10, 24 novembre e 27 dicembre: sei mesi dopo noi!) oltre che esaurire le risorse naturali e minerali che supportano le società moderne. 

L’impronta ecologica del cibo

Quanto scritto sopra non è per creare panico, ma per stimolarci a uscire da questo stato di torpore o di sensazione di impotenza sulle tematiche ambientali. Certo se non c’è il sostegno della politica (comunque siamo noi scegliere i nostri rappresentanti), le cose sono più difficili, ma nel nostro quotidiano possiamo fare tanto. Secondo il WWF, ad esempio, se usassimo energia generata per il 75% da fonti rinnovabili (rispetto al 39% attuale) potremmo spostare in avanti l’Overshoot day di 26 giorni.

Ma veniamo all’azione quotidiana che pesa più di altre: l’alimentazione. Il cibo che scegliamo e i modi in cui questo raggiunge le nostre tavole, costituiscono il principale motore dell’impronta ecologica individuale, al punto tale che metà della biocapacità della Terra è utilizzata per nutrirci. La filiera del cibo, sempre più lunga e frammentata, è responsabile del 37% delle emissioni di gas serra e usa il 70% dell’acqua dolce e poi il 30% del cibo viene sprecato. La metà della superficie agricola è utilizzata per allevamenti o agricoltura di tipo intensivo che dipendono da fertilizzanti e pesticidi. Le filiere alimentari sono sempre più lunghe e frammentate. 

Dimezzare gli sprechi

Queste sono alcune delle disfunzioni di un sistema produttivo malato che danneggiano sia la salute umana che quella del pianeta e mettono in evidenza la necessità di attuare un cambiamento. Dimezzare gli sprechi alimentari (aiuterebbe a spostare di 13 giorni la data dell’overshoot day), sostituire il 50% del consumo di proteine animali con altrettante di origine vegetale, acquistare da produttori locali che adottano pratiche agricole rigenerative e contribuiscono alla manutenzione di certi territori, sono azioni concrete che tutti noi possiamo adottare. Se teniamo alla nostra specie (il pianeta sopravviverà anche senza di noi) dobbiamo fare qualcosa e scegliere cosa mettiamo in tavola potrebbe essere un buon punto di partenza.

Di Valter Musso

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