Fase 2 e congiunti: cosa chiedono i nonni

da | 29 Apr, 2020 | Lifestyle

La fase 2 permette di vedere i congiunti, e i congiunti più vicini sono generalmente i nonni, ovvero coloro che appartengono alla categoria più a rischio. Ecco cosa ne pensa il comitato ‘Nonninsieme’

La fase 2 annunciata dal premier Conte permette di andare a fare visita ai congiunti. Sono stati tanti i punti interrogativi emersi nelle prime 24 ore. Chi sono i congiunti?  E coloro che non sono uniti in matrimonio? Posso andare a trovare mio suocero se io e il mio compagno non siamo sposati? E l’amico di famiglia che vive in solitudine?

Insomma, il criterio che ha portato a questa decisione non è chiaro e in tanti si sono chiesti quante persone possono andare a trovare i nonni senza creare il temuto ‘assembramento’.

Nel frattempo non è stato spesa una parola sull’interrogativo imminente di tutti i genitori che il 4 maggio andranno a lavorare, per quelli che già lavorano e anche perché no,  inventano peripezie tra il lavoro smart e il nuovo ruolo di maestro improvvisato.

Chi lavora  ha già esaurito il congedo di 15 giorni e i 600 euro di babysitter ha i suoi limiti burocratici, oltre al fatto che trovare una persona fidata in breve tempo non è semplice.

Ecco che ci si chiede se il decreto del 4 maggio autorizza i genitori a lasciare i bambini ai nonni in caso di necessità. Ma non appartengono alla categoria più a rischio, quella da tutelare? 

Ecco cosa ne pensano e cosa vorrebbero loro, i nonni.

Cosa vogliono i nonni?

I nonni vogliono poter scegliere, rendersi disponibili in questa situazione di emergenza in cui sono di nuovo l’unica alternativa. Ma chiedono anche controlli e monitoraggi più tempestivi sulla loro salute e su quella dei propri nipoti. 

Abbiamo ricevuto questa lettera dal comitato Nonninsieme che condividiamo volentieri con voi

Siamo NONNINSIEME, 

un gruppo spontaneo di nonne e nonni che si trovano con regolarità da oltre 3 anni presso la Casa del Quartiere di San Salvario a Torino.

Il nostro principale obiettivo è quello di costruire insieme percorsi di “nonnità” attraverso il confronto di esperienze, competenze e pratiche operative, prendendo spunto anche da contributi teorici.

Partecipiamo ad alcune ricerche condotte anche in collaborazione con il Politecnico di Torino.

Siamo consapevoli di essere nonne e nonni fortunati perché ancora in buona salute, senza eccessivi problemi economici, abituati a riflettere ed agire anche socialmente.

Scriviamo questa lettera per porre uno dei problemi meno appariscenti in questa fase emergenziale ma, ci pare, fondamentale per moltissime famiglie.

Presto apriranno aziende, uffici ed attività commerciali (gradualmente ed in sicurezza): ma chi curerà i figli delle mamme lavoratrici e dei padri lavoratori se le nonne ed i nonni saranno tenuti in isolamento? 

Sembra ormai certo che fino a settembre non saranno riaperti gli asili nido e le scuole, neppure con criteri di gradualità ed attenzione agli spazi, né verranno attivati centri e/o attività ludico-sportivo-ricreative estive. 

Questo a differenza di altri Paesi, dove si sta pensando anche ai diritti di bambine e bambini e delle persone più anziane, come solitamente sono le nonne ed i nonni.

Sembra che, in un programma di protezione basato sulla reclusione, gli anelli iniziale e finale della catena sociale siano dimenticati: tanto ‘i piccoli non votano, gli anziani non producono!’. 

I milioni di nonne e nonni che rappresentano un welfare non riconosciuto, non potranno ‘tenere’ e curare i propri nipoti per i rischi sanitari che correrebbero gli uni e gli altri? 

Ma si può definire una categoria a rischio sulla base dell’età e/o del ruolo, senza seri controlli sanitari e recuperi delle storie individuali? La nostra Costituzione non lo vieta?

I nonni devono essere messi in condizione di decidere autonomamente e in accordo con i propri familiari come e quanto occuparsi dei nipoti. 

Crediamo che la nostra generazione sia cresciuta nel concetto di libertà e di consapevolezza di essere, anche come nonni, persone nel pieno delle loro capacità.  Una volta istruiti e monitorati, la libertà aiuterebbe più delle attuali regole.

Nessuno sa quali saranno le conseguenze psicologiche e sociali del forzato isolamento soprattutto su bambine e bambini, ragazze e ragazzi.

Nonne e nonni possono rappresentare forse un supporto sufficientemente adeguato ad intervenire anche su questa problematica, offrendo possibilità di ripresa di una loro migliore socializzazione anche a scuole chiuse.

Insomma, spesso sono proprio le nonne ed i nonni che meglio sanno svolgere questo incarico di cura e altrettanto spesso lo vogliono svolgere.

Servono delle azioni efficaci, in particolare: 

  • si dovrà pensare, finalmente, ad informare correttamente sui rischi e offrire a chi ne ha bisogno sostegni adeguati, anche attraverso consulenze specifiche;
  • ci dovrà essere modo di poter accedere a forme di controllo sanitario rapide per ciascuna singola situazione, per evitare possibili nuovi contagi;
  • ci dovranno essere luoghi aperti ed attrezzati (giardini, giochi, ludoteche, …), sia pure regolamentati e controllati, in cui recarsi;
  • si dovranno inventare per le famiglie che ne avranno bisogno forme di reclutamento, contrattualizzazione, finanziamento di baby sitter
  • si dovranno poter attivare consulenze rapide per problematiche che potrebbero emergere a seguito del prolungato isolamento di adulti e bambini.

In sintesi, chiediamo ai decisori politici, ai quali rivolgiamo questa lettera aperta, di metterci nelle condizioni di proseguire – riprendere la nostra azione di “nonnità consapevole” a beneficio dell’intero sistema sociale.

Ai giornali cui inviamo la presente lettera aperta chiediamo di darne diffusione e di aprire un fecondo dibattito anche con la collaborazione degli esperti che spesso scrivono sui quotidiani e di sostenere le posizioni che abbiamo cercato di rappresentare.

Cordiali Saluti,

Nonninsieme 

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