A poco a poco, diventa chiaro che dormire una notte intera, senza interruzioni, è un ricordo lontano. Sta capitando anche a voi?
Vi ricordate quando, in attesa della nascita del bimbo, vi ripetevano: “Dormi adesso, che dopo…”. Sembrava uno dei tanti commenti non richiesti e – a ben pensarci – aveva un po’ il sapore di una iettatura. Perché dovrebbe capitare proprio a me un bambino che non dorme?
Poi il bambino nasce e passano i primi mesi, in cui ci si sente ancora abbastanza carichi da non pretendere ritmi e regolarità. Dopodiché, a poco a poco, diventa chiaro che dormire una notte intera, senza interruzioni, è un ricordo lontano. Sta capitando anche a voi?
La nanna è una tragedia familiare?
Il pupo non ne vuole sapere di andare a dormire e impiega un tempo infinito per prendere sonno. Giochini e filastrocche non bastano mai. Nella notte si (e vi) sveglia quattro-cinque-sei-sette volte. Se tutto va bene. Se non ha fatto un brutto sogno. Se non è malato.
Il risultato a livello genitoriale è sempre lo stesso: si finisce per arrivare a sera con passo da zombie. Spaventati. Nervosi. Stanchi. E ci si rende conto che il genitore privato del sonno è disposto a tutto pur di cambiare la situazione.
A questo punto un’amica, oppure la maestra dell’asilo, o la pediatra o ancora una collega mossa a compassione, vi consiglia la lettura di un manuale che contiene un metodo facile facile per mettere i figli a nanna.
Di fronte a questo metodo, altri genitori inorridiscono e vi dicono che no, mai e poi mai dovrete adottarlo. Due modelli, due pratiche, due ideologie opposte. Non sapete quale scegliere (e avete ragione). Eccole spiegate.
Il modello Estivill
Un’amica, oppure la maestra dell’asilo, o ancora una collega mossa a compassione vi consiglia la lettura di “Fate la nanna”, un superclassico per genitori, scritto dal medico catalano Eduard Estivill assieme alla giornalista Sylvia de Béjar. Il libro offre indicazioni pratiche per risolvere il problema della nanna e, nonostante la grande quantità di critiche ricevute, viene spesso consigliato.
L’idea di fondo è che “a dormire si impara”, così come si impara a mangiare con il piatto e le posate. Secondo gli autori ogni bambino, a sei – sette mesi, è in grado di addormentarsi da solo e di dormire la notte intera a luce spenta. Di più: è in grado di riaddormentarsi senza bisogno di aiuto esterno nel caso di risvegli notturni. Basta che i genitori diano le giuste abitudini fin dall’inizio.
Questa tecnica, nota tra gli esperti come estinzione graduale del pianto o addestramento al sonno, è stata duramente criticata perché giudicata troppo violenta per la psiche dei bebè.
Come si insegna a dormire a un neonato? Creando una routine che precede l’addormentamento e aiutandolo “a contare” solo sugli oggetti che possono rimanere a sua disposizione durante tutta la notte.
Ne deriva che sono soprattutto gli oggetti ad assumere importanza per il bambino, più delle relazioni, del calore umano, della presenza positiva di un adulto protettore. Per addormentarsi bastano la culla, l’orsetto, il ciuccio, la giostrina, la copertina. L’obiettivo è l’autonomia: vietato ninnare, tenere in braccio, dare il biberon, scaldare il pancino.
Al momento di mettere il bimbo a letto (l’orario consigliato è le 20.30) i fermissimi genitori dicono buonanotte. Spengono la luce e si allontanano, senza toccare più il bambino.
La nanna in tabella
Se il bambino comincia a chiamare, se piange e se strilla, il “metodo” dice di non cedere ai richiami. Non farsi spezzare il cuore (ma si può?). Se l’età consente già al piccolo di alzarsi, il suggerimento è di “sistemare delle barriere davanti alla porta”.
Dopo un minuto di richiami, seguendo una rassicurante tabella, si può rientrare nella stanza del bambino, fermarsi un attimo e uscire subito. Continuando così, e aumentando progressivamente i tempi di allontanamento, si insegna al bimbo a restare da solo.
Sul libro c’è la tabella da seguire e l’indicazione di farlo rigorosamente. La promessa, alla fine, è che il bimbo imparerà ad addormentarsi da solo e tutti dormiremo felici e contenti.
Dormire ad alto contatto
Tutto al contrario del metodo Estivill e decisamente più dolce e fruttuoso, anche a livello di umanità e sentimenti, c’è il metodo della genitorialità ad alto contatto.
Sogni d’oro, consigliato dalla Leche League (il nome inglese della Lega per l’Allattamento Materno), oppure “Facciamo la nanna” sono libri il cui approccio è morbido e flessibile. Al cuore del modello ci sono genitori che possono imparare ad ascoltare e rispondere ai bisogni dei figli in modo intuitivo, senza cercare di adattarli alle loro regole.
La parola d’ordine è armonia. Nessuna idea preconcetta, anzi, un invito a riscoprire la propria individualità e la propria parte intuitiva. Ma soprattutto, un invito a rispettare il bambino e fidarsi di lui, perché possa a sua volta imparare a fidarsi di noi.
Scivolare nel sonno, senza paura
Non lasciatelo piangere, perché non è certo con la forza o l’abbandono che il bambino imparerà a dormire. Lasciare un bambino da solo significa soltanto insegnarli che non c’è nessuno che lo voglia ascoltare quando ha paura, quando ha fame o sete. Ascoltare il bambino significa invece capire che con il pianto (o con le parole, se ha l’età) è in grado di comunicare dove si sente sicuro e dove è sereno. Dategli retta. Vedrete che vi indicherà lui la sistemazione giusta. Quella che permetterà anche a voi di dormire meglio.
Nella genitorialità ad alto contatto può essere utile adottare il cosleeping. Nel letto vicino ai genitori, i bambini si addormentano più in fretta e, se si svegliano, si riaddormentano. Se il bambino ha paura, si è sempre lì vicini e pronti a rassicurarlo, a volte quasi senza svegliarsi. Non bisogna condividere necessariamente il lettone: si può dormire nella stessa stanza, oppure organizzare un letto a tre piazze con una “culla side-bed“, o ancora mettere materassini per terra.
Quale linea seguire?
Tra il metodo “duro” e quello dolce, quale scegliere? Prima di tutto, eliminiamo un pregiudizio. Molti genitori credono che tutti i bimbi, eccetto il loro, vadano a letto tranquillamente senza fare capricci. O che i figli degli altri dormano tutta la notte senza svegliarsi. Non è così. Fidatevi.
Ogni notte i bimbi (tutti i bimbi) vengono cullati, coccolati, portati nel lettone, riportati nel loro letto e magari anche rimproverati. Il sonno è legato a mille variabili e non esiste la ricetta giusta, adatta a tutti per ogni occasione.
La nanna va affrontata a livello di sistema familiare. Si procede per tentativi e la miglior soluzione è unire ascolto e osservazione. Quando, dove e come i bimbi dormono bene? Perché in alcune occasioni dormono e in altre no?
Osservando le risposte, si trova la strada giusta per migliorare le strategie familiari. Un unico dato rassicurante: la qualità del sonno migliora naturalmente con la crescita. A volte basta solo attendere una settimana, un mese, due anni. I problemi del sonno sono comunque destinati a risolversi spontaneamente.
Qualche buon consiglio (che fa bene proprio a tutti)
BUON SENSO
Per addormentare un bambino fatevi guidare dal buon senso. Un genitore che può recuperare un po’ di sonno durante il giorno, può accettare di stare un po’ più sveglio di notte. Ma se il giorno dopo tutti gli adulti della famiglia devono affrontare una giornata di ufficio o lavori di responsabilità, sarà meglio che la notte riposino a sufficienza. In questo caso può essere necessario un aiuto esterno, magari programmando qualche notte dai nonni (o da altri parenti o amici a cui si può chiedere). O ancora stabilire un sistema di turni fra entrambi i genitori.
NO ESTREMISMI
Se siete attratti da un “metodo” di quelli rigidi, applicatelo con un po’ di coerenza ma senza estremismi. Per esempio: decidiamo di non far gustare al nostro bambino, neppure una volta, il piacere del lettone e insistiamo perché si abitui alla sua cameretta. Va bene. Ma stiamo seduti lì vicino e teniamogli la mano, senza sistemare barriere o lasciarlo piangere per 17 minuti, perché così prevede la tabella.
SINCERITA’
Ciò che funziona per genitori metodici e un po’ rigidi, non andrà affatto bene per quelli col cuore di burro. Guardatevi dentro con sincerità e chiedetevi che cosa siete capaci di fare. Cullare per ore? Resistere al pianto per più di un minuto?. E poi chiedetevi cosa non sopportate proprio. Alzarvi quattro volte per notte? Avere una presenza in più nel letto? Osservatevi e decidete di conseguenza, senza fare gli eroi.
OGNI BAMBINO HA UNA STORIA A SE’
Tenete conto del carattere dei bambini. Esattamente come noi, alcuni sono calmi e adattabili, altri vivaci e ribelli. Non fate confronti con i figli degli altri. Forse guardando nostro figlio rivediamo un po’ di noi stessi e scopriamo che anche lui, come noi, impiega tanto tempo per addormentarsi; la differenza è che noi ci leggiamo un libro senza disturbare chi dorme vicino, mentre lui ha bisogno di noi e della nostra attenzione.
COL TEMPO TUTTO CAMBIA
Ci sono differenti fasi nella vita del bambino. Chiedetevi se ha sempre avuto problemi a dormire. Se sì, li manifesta da quando ha incominciato la scuola materna? È appena nato un fratellino? Avete cambiato casa? In famiglia si litiga un po’ troppo spesso? C’è tensione? Il turbamento del sonno è legato a fil doppio a quel che succede di giorno alla luce del sole e se ne andrà dopo che il bambino si sarà adattato. Forse ha solo bisogno di rassicurazioni. In tutti i casi, ricordate che il tempo è dalla vostra e che nessun 18enne è felice di dormire con mamma e papà. Non state sbagliando niente. Si tratta solo di resistere. Forse, addirittura, di farsene una ragione.
RITUALI A GO-GO
Abbiate fiducia nei rituali pre-nanna, cioè nella semplicità rassicurante della routine. Ripetete ogni giorno le stesse azioni, possibilmente nella stessa sequenza. Create sempre la giusta atmosfera (niente lotta acrobatica prima di dormire). La routine rassicura e trasmette il messaggio che “va tutto bene, tutto è come sempre, si può dormire tranquilli”. I bambini ci si affezionano: dopo cena si gioca un po’ o si guarda un cartone e poi ci si lava, ci si mette il pigiama, si abbassa la luce. Mamma o papà leggono una storia, sistemano i pupazzi nel letto e si fa la nanna. O almeno, si spera!