Femministi migliori

da | 2 Mar, 2021 | Lifestyle

Con “Pronto soccorso femminista” la scrittrice Giulia Blasi raccoglie domande e problemi dei giovanissimi. E ci racconta perché di femminismo abbiamo così tanto bisogno

Stare dove stanno i ragazzi, provare a immedesimarsi per capire come funziona il loro mondo. E aiutarli a fare la rivoluzione. È quello che fa la scrittrice Giulia Blasi con il suo “Pronto soccorso femminista”, uno sportello attraverso il quale, dal suo profilo Instagram, ascolta i quesiti esistenziali degli adolescenti e prova a dar loro una risposta in chiave femminista. 

Dalle slavine di domande arrivate in poco più di un anno è nato anche un libro: “Rivoluzione Z. Diventare adulti migliori con il femminismo”. Ma cosa sanno di femminismo i giovanissimi? E quanto, di riflesso, possiamo dire di saperne noi genitori?

Pressione, estetica

Giulia, cosa ti chiedono gli adolescenti?

“È molto diffuso il disagio verso i rapporti familiari. Le ragazze sentono la pressione degli stereotipi di genere, dall’essere trattate in maniera diversa rispetto ai fratelli maschi, fino al papà che non vuole che continuino gli studi.  Sempre le ragazze lamentano di essere sottoposte a pressioni estetiche, soprattutto le madri. ‘Perché non ti trucchi? Non è il caso di perdere un po’ di peso?’. C’è una spinta all’adesione a un canone estetico che le mamme fanno in buona fede: vogliono che le figlie siano la versione migliore di loro stesse e questo “migliore” passa per il corpo.

A proposito del corpo: c’è ancora bisogno di dire alle giovanissime che del loro corpo decidono loro?

“Sì, perché l’idea non passa: è un attimo che il tuo corpo non ti appartiene più. O meglio, ti appartiene fino a che fai le cose che la società si aspetta da te. Devi essere magra, ma non troppo, truccata ma in un certo modo, devi essere una cosa “in mezzo” che comunque non va mai bene. 

Il corpo è costantemente al centro delle preoccupazioni delle donne. Per fortuna però le ragazze, lentamente, stanno prendendo coscienza, opponendosi ai troppi stereotipi che girano intorno a loro. I social sono lo strumento in cui nasce la massa critica intorno a nuove idee e nuove aspirazioni. I social arrivano in posti nei quali queste idee non potrebbero altrimenti andare”. 

Lasciamoli liberi

Noi genitori su cosa dovremmo lavorare?

“È molto difficile “deprogrammarci” individualmente. Quello che possiamo fare è accettare, senza giudicare, il fatto che ragazze e ragazzi si definiscano oggi in un altro modo, che non è quello che conosciamo noi. Pensiamo a tutta la questione della definizione del genere. Quasi naturalmente, noi insegneremo loro a farlo alla nostra maniera, molto binaria. Maschi di qua, femmine di là. Può essere che a loro questa definizione vada stretta: dobbiamo imparare a non giudicarli quando scelgono strade diverse (giudizio che, tra l’altro, li fa soffrire inutilmente). Dobbiamo fare un atto di fede, prima ancora che un atto di empatia, e accettare la loro realtà, anche se non la comprendiamo fino in fondo.”

A proposito di definizioni strette e stereotipi: le principesse?

“La principessa in sé non è problematica. L’idea di bontà, felicità, leggiadria è umana e non è sbagliata. Il problema, semmai, è che non venga estesa ai maschi. Credo che l’importante sia che le bambine non si sentano vincolate a un unico modello, che sappiano di poter scegliere di essere quello che vogliono di giorno in giorno. Dovremmo trasmettere l’idea che si può essere più cose, anche contemporaneamente e che ogni bambina, come ogni bambino, può scegliere per sé. Ci si può vestire di rosa, ricoprirsi di glitter e contemporaneamente scrivere romanzi, lavorare in laboratorio e far atterrare sonde sulle comete. Le bambine prendono pezzi dove li trovano e si costruiscono da sé. 

I genitori possono dare un’educazione etica e offrire modelli relazionali, ma contano anche le donne che le bambine hanno intorno. Quante donne vedono? Cosa le vedono fare? Quante ne trovano sui libri e nell’arte? Possiamo dire alle bambine che possono essere quello che vogliono, anche delle principesse, l’importante è che siano, bambine e bambini, empatiche e gentili.”

Femminismo, con metodo

Nel tuo libro fai riferimento alle cicatrici della tua adolescenza. Quali saranno quelle degli adolescenti di oggi?

“Evitare le cicatrici credo sia impossibile. Non possiamo evitare che i nostri ragazzi soffrano, ma possiamo insegnare loro a non fare del male agli altri, a optare per la gentilezza e a misurare il più possibile le conseguenze delle proprie azioni. In questo siamo molto carenti: insegniamo ai ragazzi a difendersi, ma non a non colpire.” 

Tu parli di “femminismo con metodo“: cosa significa?

“I femminismi sono un metodo perché al loro interno si sono stabilite delle pratiche che possono cambiare le cose. Immaginiamo i collettivi, nei quali si fa autocoscienza e si organizza la protesta, dando più valore alla squadra che all’individuo. 

Bisogna pensare in termini di cultura: niente di quello che viviamo è fisso, tutto è modificabile e siamo noi a doverci assumere la responsabilità di cambiarlo. Il femminismo è una pratica, sicuramente rivoluzionaria, che va integrata con altre e che se portata nel dibattito pubblico può aiutare a bilanciare il mondo. È collaborazione e successo collettivo al posto dei personalismi e dei privilegi.” 

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