I bambini che arrivano dopo un percorso di fecondazione assistita sono bambini generati nel cuore, a volte anni prima di nascere. E tra questi ci sono quelli nati con la fecondazione eterologa, in forte aumento in Italia
Ci sono genitori che per diventare tali devono lottare, piangere, attendere e attraversare lunghi momenti di sconforto. Genitori che hanno perso le speranze e abbandonato il percorso, altri che lo hanno ripreso, mentre riflettevano sui veri motivi per cui desideravano avere figli. Persone che imparano che nulla è scontato. E poi, con un poco di fortuna e grazie alla collaborazione di tante persone, il miracolo può arrivare.
Una partenza tutta in salita
Alessandra e Pasquale si conoscono alla soglia dei 40 anni, e ai nostri tempi non è una rarità. Pasquale pur stando bene è affetto dalla sindrome di Noonan, una malattia che provoca vari disturbi, tra cui problemi cardiaci. Nella sua famiglia d’origine, il padre e i due fratelli ne sono affetti e quindi portatori: le possibilità di trasmissione a un eventuale figlio sarebbero altissime.
“Dopo un anno di riflessioni ci siamo rivolti a un centro di fecondazione assistita – racconta Alessandra – ma i nostri desideri sono stati subito infranti. Secondo la ginecologa il mio peso era eccessivo per questo tipo di trattamento, avrei dovuto perdere 40 chili. In quel momento ho odiato la dottoressa che mi metteva davanti un ostacolo tanto difficile. Oggi invece, a distanza di tempo, la ringrazio. Ho capito l’importanza di quello che mi chiedeva, mi sono resa conto che lo sforzo era necessario. Ho fatto un bypass gastrico, una dieta e sono tornata dopo un anno con 45 chili in meno e convinta di voler iniziare il percorso”.
La strada della fecondazione eterologa
Nel frattempo Alessandra ha già 42 anni e un AMH – l’ormone che misura qualità e riserva ovarica – molto basso. La probabilità di avere figli naturalmente utilizzando i propri ovociti è bassissima. “Ci hanno indirizzato subito verso l’eterologa con doppia donazione, ovvero l’embriodonazione. Ringrazio i medici per averci consigliato questa strada da subito. Purtroppo ho conosciuto molte coppie che hanno intrapreso la fecondazione omologa nonostante l’età avanzata e con basse percentuali di riuscita. Hanno finito per perdere tempo e i propri risparmi inutilmente, una delusione grandissima. Noi abbiamo avuto modo di pensarci a lungo: essere genitori era un nostro grande desiderio e quel bambino che aspettavamo esisteva già da tempo, nel nostro cuore. Per noi la somiglianza e il patrimonio genetico non avevano alcuna importanza”.
La delusione dietro l’angolo
Molte coppie italiane che intraprendono la strada della fecondazione eterologa si rivolgono a cliniche straniere o a centri in Italia che collaborano con cliniche all’estero. In Italia la legge consente la fecondazione eterologa dal 2014, ma i donatori sono pochissimi.
Alessandra e Pasquale vengono indirizzati a una clinica di Bruxelles. “Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un medico belga che si trovava in Italia in vacanza. Ci ha spiegato tutto il procedimento, abbiamo compilato la scheda relativa al nostro fenotipo e la clinica ha iniziato la ricerca di donatori. Nel giro di tre mesi siamo partiti per Bruxelles per fare il primo transfer. Le aspettative erano altissime, dopo tutta quella fatica e ormai due anni di percorso alle spalle ci sentivamo vicini al traguardo. Purtroppo gli embrioni non hanno attecchito e la gravidanza non è partita: una delusione enorme. Mi sentivo in colpa verso mio marito ed ero arrabbiata con il mio corpo, che nonostante la nuova forma fisica non rispondeva ai nostri desideri. Così per un anno ho mollato tutto. Avevo bisogno di riprendermi da questa delusione e pensare ad altro”.
Se ci credi, i miracoli possono arrivare
L’anno successivo Alessandra e Pasquale tornano a Bruxelles perché, nonostante la delusione, il desiderio di diventare genitori è sempre acceso nel loro cuore, anzi, più di prima. Viene eseguito un nuovo transfer con altri due embrioni, il cui esito è di nuovo negativo. “Questa volta non ci siamo abbattuti e abbiamo deciso di capire il motivo del secondo fallimento. Ci siamo rivolti a un medico di Torino specializzato in FIVET: secondo lui la terapia ormonale suggerita era troppo blanda e mi ha suggerito di rinforzarla. Siamo così partiti per il terzo tentativo. Questa volta eravamo rilassati, pronti a prendere le cose così come sarebbero capitate e ad accettare un altro negativo. Il transfer è stato fatto il giorno del compleanno di mio marito e dopo una decina di giorni, a colazione, abbiamo fatto il test di gravidanza, questa volta con estrema serenità. Forse è stato un caso o una semplice grande botta di fortuna: il test era positivo!”.
Due bambine e una gravidanza
Alla prima ecografia si vedono finalmente due embrioni e due sacche: erano due gemelline, ancora piccolissime. “All’inizio eravamo un pochino spaventati da questa gravidanza gemellare, ma il dottore mi ha rassicurato ed è stata una gravidanza bellissima. Mi sentivo bene, ho preso poco peso e mi sono fatta fare anche un servizio fotografico, proprio io che ho sempre odiato farmi fotografare!
Gli ultimi due mesi sono stata messa a riposo totale per via del collo dell’utero che si è accorciato. Poi a trentacinque settimane più tre giorni, con parto cesareo, sono nate Giulia e Francesca”.
Era il 6 luglio 2018: 1750 grammi la prima e 2170 la seconda. “La loro nascita è stato il momento più emozionante della mia vita, anche se accompagnato da una giusta dose di spavento. Francesca non respirava bene, durante il parto ha avuto un distress respiratorio. Nell’ospedale in cui ho partorito, la terapia intensiva neonatale non aveva posti disponibili, così le hanno portate in un ospedale a 5 km di distanza. Io sono riuscita a farmi trasferire lì dopo 3 giorni e varie battaglie con il personale medico, perché non volevo assolutamente rinunciare all’allattamento. Nel frattempo mio marito aveva iniziato a coccolarle con la marsupio-terapia. E finalmente, 12 giorni dopo, siamo riusciti a portarle a casa e la nostra nuova vita a quattro è iniziata!”.
Le bimbe oggi, e domani
Oggi Giulia e Francesca hanno 19 mesi, frequentano il nido e sono due bimbe molto sveglie e vivaci. Alessandra ha ripreso il lavoro, riducendo l’orario a un part-time. “Giulia porta il nome di un’amica che ho conosciuto sul lavoro durante l’anno trascorso tra un transfer e l’altro. Una persona che mi ha trasmesso tanta positività e mi ha convinta a riprovare e andare avanti. Alcuni dicono che le bambine mi assomigliano, anche se a me sembra assurdo. Eppure una delle due ha delle espressioni che avevo io quando ero piccola. Forse non è un caso, viste che le nuove ricerche sull’epigenetica hanno dimostrato quanto una madre può trasmettere al feto durante la gravidanza. Nel nostro caso i donatori sono anonimi e possiamo risalire a loro solo in caso di malattie gravi o rare. Io spesso penso a loro, e quando guardo le bambine li ringrazio in silenzio per il dono che ci hanno fatto”.
Gli psicologi suggeriscono a tutti i genitori dell’eterologa di raccontare ai bambini il loro arrivo prima possibile, attraverso libri e favole. “Loro sapranno come è nata la nostra famiglia: racconteremo la tenacia e la speranza di cui abbiamo avuto bisogno, e soprattutto che questo miracolo è stato reso possibile da tante persone. Sapranno quanto le abbiamo amate quando erano embrioni e quanto le abbiamo desiderate molto prima che esistessero, quando erano ancora un’idea nel nostro cuore”.
Embriodonazione ed embrioadozione
Oggi in Italia il 3% dei bambini nasce grazie attraverso la fecondazione in vitro. Solo nel 2017 ne sono nati quasi 14000. Di questi 1700 con la fecondazione eterologa. La fecondazione eterologa prevede l’utilizzo di almeno uno dei due gameti (maschile o femminile) proveniente da un donatore esterno, mentre nel caso dell’embriodonazione entrambi i gameti provengono da donatori sconosciuti. Quando i donatori sono una coppia di fatto che ha deciso di “donare i propri embrioni”, la fecondazione eterologa prende il nome di embrioadozione.
Il destino degli embrioni crioconservati
I bimbi nati in Italia nati grazie alla fecondazione assistita aumentano ogni anno in maniera esponenziale. Eppure parlare di infertilità e fecondazione in vitro è ancora un tabù, soprattutto quando si tratta di eterologa.
Rispetto ad altri paesi europei, l’Italia è un passo indietro dal punto di vista legislativo. La fecondazione eterologa è legale dal 2014, ma le coppie non possono scegliere il destino degli embrioni fecondati rimanenti. Mentre altrove è possibile scegliere se donare i propri embrioni crioconservati ad altre coppie (embrioadozione), alla scienza, oppure ancora optare per la distruzione degli stessi, in Italia non è possibile. Fino a quando non sarà varata una legge che lo permette, le cliniche di PMA sono obbligate a conservare tutti gli embrioni (oggi pare siano più di 70.000) fino a data indefinita.
“Fortunatamente gli embrioni che sono rimasti, ancora cinque, sono crioconservati nella clinica di Bruxelles” racconta Alessandra. “Secondo la legge belga saranno a nostra disposizione per 5 anni: poi potremmo donarli ad altre coppie. Ci piace l’idea che altre persone siano felici come noi e che nascano nuove famiglie!”.