Genetica degli alimenti: ecco come sono cambiati negli ultimi decenni

da | 16 Gen, 2023 | Green, Lifestyle, Tutto food

Dietro molti alimenti e prodotti che mettiamo nel carrello del supermercato si cela un’avanzata ricerca genetica che li ha cambiati rispetto a 40 anni fa. Luigi Cattiveli, direttore CREA Genomica e Bioinformatica, ci spiega in che modo e perché

Cosa c’è dietro i prodotti che acquistiamo tutti i giorni al supermercato? Lo abbiamo chiesto a Luigi Cattivelli, direttore della sezione Genomica e Bioinformatica del CREA.

Le ricerche che conduce la sua divisione sono mirate a migliorare le piante coltivate per assicurare la sostenibilità delle colture e la tracciabilità dei processi produttivi, oltre a garantire la sicurezza alimentare.

Per esempio, proprio recentemente sono stati presentati i risultati di Biotech, il primo progetto di ricerca pubblica dedicato alle biotecnologie sostenibili, che rappresentano oggi le nuove tecniche per la mutagenesi mirata e il trasferimento di geni tra piante della stessa specie.

Scegliendo questo approccio, non si applica l’inserimento di tratti DNA provenienti da organismi distanti. Le piante che si ottengono, pertanto, sono diverse dai tradizionali OGM e sono molto più simili a quelle ottenibili con i metodi convenzionali, ma in tempi più rapidi e con minori difficoltà. 

L’evoluzione dell’agricoltura

Frutta, verdura, farine e altri alimenti oggi sono molto diversi da quelli che compravano i nostri nonni o i nostri genitori. Secondo Cattivelli questo rappresenta un progresso importante perché, se non ci fosse questa evoluzione, oggi potremmo mangiare ben poco.

“Negli ultimi quarant’anni c’è stato un continuo miglioramento dei prodotti che mangiamo, alcuni sono talmente progrediti che sono completamente diversi. Per esempio, il pomodoro di quarant’anni fa non ha nulla a che fare con il pomodoro di oggi”.

Pensando a un caso specifico, il pachino è un’invenzione degli anni Novanta messa a punto da una ditta genetica israeliana. “L’innovazione del ciliegino non è tanto la forma, quanto la scadenza. Nei supermercati arrivano pomodori spesso confezionati una settimana o anche dieci giorni prima e dopo due settimane nel nostro frigorifero sono ancora buoni.

Oggi questa durata è vissuta come normale, mentre quarant’anni fa un pomodoro marciva in tre giorni. Per questo motivo allora non venivano venduti maturi, bensì quando si trovavano nella fase in cui virano dal verde al rosso”.

Come una volta, ma quando esattamente?

Quello che ha fatto l’industria dei pomodori è stato selezionare piante con un carattere genetico che ne rallenta la maturazione, allungando così la cosiddetta shelf life, ovvero la data di scadenza. “Spesso si pensa che il come natura crea sia meglio: in realtà, se oggi rimanessimo al come natura crea, il pomodoro marcirebbe in pochi giorni.

Molti altri prodotti hanno una storia come questa, la maggior parte hanno un’origine genetica risalente agli ultimi cinquant’anni. Il grano Cappelli, creato un secolo fa, è stato il primo frumento selezionato da un genetista. Il suo successo risiede proprio nella modernità”. 

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La genetica come motore per il miglioramento in agricoltura

“Da sempre l’uomo ha selezionato le piante”, racconta Cattivelli. “Oggi chiamiamo questa pratica genetica degli alimenti, ma non è una parolaccia, è il modo con cui l’uomo ha cercato di migliorare piante o animali. Per fare un esempio concreto, il progenitore del cane è uno solo, il lupo: da quel lupo l’uomo ha fatto derivare tutte le razze.

Lo stesso concetto vale per le piante, anzi, in questo caso la selezione è orientata da esigenze pratiche e utili, per esempio la produttività e la resistenza alle malattie”. Torniamo allo scaffale del supermercato e pensiamo al riso Carnaroli, che è una varietà degli anni Quaranta.

“Oggi c’è una variante recente tipo Carnaroli – spiega Cattivelli – che fa un seme con caratteristiche culinarie assolutamente identiche, ma presenta una maggiore resistenza alle malattie. Una pianta antica di Carnaroli è molto suscettibile alle malattie, quindi le serve una forte protezione fitosanitaria, mentre la pianta tipo Carnaroli moderna è uguale dal punto di vista alimentare, con il vantaggio che dal punto di vista agronomico ha bisogno di meno trattamenti chimici”. 

Dalla parte della sostenibilità

La selezione genetica degli alimenti in agricoltura è sostenibile? “Qualunque coltivazione ha un impatto sull’ambiente, la sfida è capire come gestirlo. Il Green Deal impone all’Europa di raggiungere una serie di obiettivi entro il 2050, fra cui ridurre del 50% i fitofarmaci in agricoltura. Raggiungere questo obiettivo significa non solo trasformare le colture in biologiche, che vietano l’uso dei fitofarmaci, ma anche coltivare piante geneticamente resistenti alle malattie, perché altrimenti si deve mettere in conto una perdita potenzialmente importante.

Anche le malattie sono provocate da esseri viventi che evolvono con varianti e salti di specie. Per questo sarebbe molto utile selezionare piante che producono tanto dal terreno e che resistono alle malattie.

Ma i consumatori comprano sulla base di quanto è bello e quanto buono ciò che acquistano. Ci sono già prodotti sostenibili eppure invendibili in Italia: esistono mele resistenti alle malattie che in Italia sono piaciute poco perché non hanno colore e forma cui i consumatori sono abituati”. 

Un’agricoltura 2.0

Il cambiamento climatico è un altro dei fattori che ha un impatto sull’agricoltura del futuro e sull’evoluzione della genetica degli alimenti. “Ha un impatto incredibile: quarant’anni fa l’uva per il vino si raccoglieva circa a ottobre, mentre adesso la raccolta è anticipata di circa 40 giorni. Un cambiamento profondo che si ripercuote su tutte le piante. La priorità è renderle resistenti al cambiamento climatico e alla mancanza di acqua”.

Cattivelli spiega che gli altri due grandi target per i prossimi anni contemplano da un lato la resistenza alle malattie, dall’altro le esigenze dei consumatori, che spaziano dalle primizie – avere prodotti fuori stagione – alla data di scadenza, che se prolungata diventa una misura antispreco. Ciò cui Cattivelli raccomanda di osservare con attenzione è piuttosto il messaggio pubblicitario associato ai prodotti, spesso fuorviante rispetto alla realtà.

“C’è un po’ la convinzione che il buono è quello di una volta, ma in realtà non è così. È importante capire che qualsiasi prodotto oggi contiene una genetica degli alimenti incredibile e in evoluzione”. 

 

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