Giocare è una cosa seria

da | 27 Ott, 2016 | Lifestyle

Quante volte giocando con nostro figlio abbiamo finto di bere da una tazzina, abbiamo coccolato un cane di peluche e preparato polpette di fango? I bambini ci coinvolgono nel loro mondo immaginario con serietà e solennità e noi adulti possiamo solo riconoscerne il valore, immergendoci nelle loro storie fantastiche, un po’ spettatori, un po’ complici, consapevoli che giocare è una cosa seria. Serissima. L’articolo 31 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia dice che “gli Stati riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età”. Il gioco è dunque un diritto, oltre che un’esperienza fondamentale per lo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale. Il gioco insegna a conoscersi e a conoscere il mondo circostante, sviluppa la memoria, l’attenzione, la concentrazione, la capacità di confronto e di relazione, insegna a essere perseveranti, creativi e ad avere fiducia nelle proprie capacità.

I bebè e il giocare

L’attività ludica comincia nei primi mesi di vita. In questa fase, che va dalla nascita fino al primo anno, l’interesse è rivolto alle persone che si prendono cura del bambino: mamma, papà, nonni e fratelli che lo cullano, massaggiano e coccolano. Con la scoperta del proprio corpo, assumono grande attrattiva mani e piedi che vengono osservati, messi in bocca e succhiati. Mano a mano che maturano nuove conquiste motorie, l’interesse si sposta dalle persone agli oggetti; i giocattoli vengono dapprima afferrati, toccati, esplorati con la bocca, poi manipolati con maggior destrezza attraverso il gioco del “vuotare e riempire”, del “dare e prendere” e del lanciare a terra. Ci si avvicina alla consapevolezza del sé che si manifesta pienamente intorno ai 2 anni. È in questa fase che il bambino sceglie un gioco speciale – l’oggetto transizionale – che lo aiuta ad affrontare i primi distacchi dai genitori. Non importa che sia particolarmente bello o colorato; ciò che conta è che “sappia di mamma e papà” e che lo aiuti a riempire il vuoto che sente tutte le volte che i genitori si allontanano.

Tre anni: il gioco insieme

Da un punto di vista sociale, a 2 anni si passa dal gioco solitario al gioco parallelo: i bimbi iniziano a condividere spazi e giocattoli, si osservano, replicano ciò che vedono, ma non hanno ancora acquisito le competenze necessarie per cooperare. È intorno ai 3 anni che iniziano i primi giochi di socializzazione. I passaggi dal gioco simbolico individuale a quello sociale e socio-drammatico, in cui vengono interpretati personaggi riconoscibili e situazioni reali, diventano sempre più frequenti. Il bambino interagisce con gli altri in maniera consapevole e volontaria, imparando a essere disponibile, a condividere, a comprendere le conseguenze dei propri comportamenti. Questa cooperazione, oltre a favorire lo sviluppo sociale, ha un elevato valore educativo: insegna al bambino il senso di responsabilità e di onestà verso gli altri. Intorno ai 4-5 anni il gioco diventa espressione delle dinamiche interne che il bambino sta vivendo: predilige giocare con le bambole, al dottore e a nascondino e attraverso il gioco di finzione interpreta, commenta, esagera ed evidenzia la realtà che lo circonda.

Sette anni: le regole del gioco

A partire dai 7 anni si assiste allo svolgimento di giochi con regole: la comprensione e il rispetto delle norme divengono l’elemento dominante. Questi giochi di gruppo contribuiscono all’evoluzione mentale del bambino, riducono il suo egocentrismo e lo addestrano al controllo imposto dalle regole e alla verifica che gli altri le rispettino.

Scegliere il gioco adatto all’età

Conoscere lo sviluppo delle capacità del bambino permette ai genitori di scegliere giocattoli adeguati alla sua età, evitando di stimolare competenze non ancora presenti e di non perdersi in un consumismo eccessivo e spesso lontano dai reali bisogni dell’infanzia. Molti dei giocattoli in commercio sono concepiti sulla base dell’equivoca convinzione che il bambino, per svilupparsi, abbia bisogno di tanti stimoli esterni.

Al contrario, lo sviluppo intellettivo e motorio matura se spinto dalla ricerca, dalla scoperta e dall’esperienza. L’ambiente deve dare al bimbo la possibilità di scoprire, inventare, sorprendersi, emozionarsi e conquistare. Di grande importanza sono le relazioni e le emozioni che provengono dalla famiglia e dalla vita quotidiana.

Meglio la scatola del regalo?

Vittorio Castellazzi, psicologo clinico, psicoterapeuta ed esperto in psicopatologia dell’infanzia e dell’adolescenza, nel suo libro “Quando il bambino gioca” afferma che regalare un giocattolo comporta un investimento amoroso e fantasioso per gli adulti. “Ma ricordiamo che non necessariamente il bambino si diverte con il giocattolo più costoso – dice Castellazzi – e che un vero giocattolo deve dare la possibilità di sentirsi protagonista e creativo. Spesso la fantasia di un bimbo può trasformare nei migliori giocattoli oggetti che all’apparenza dimostrano poco valore ludico”. Chiunque abbia figli lo sa bene; l’interesse e l’attrattiva che suscita un oggetto di uso quotidiano possono essere ben superiori a quelle di un gioco supercostoso e tecnologico. Spesso siamo noi adulti a riempire le camerette dei nostri figli di giocattoli inutili e non richiesti; un po’ per gratificare i bisogni insoddisfatti del nostro bambino interiore, un po’ per riempire assenze, inadeguatezze, mancanze affettive e sensi di colpa.

Lasciamo spazio all’attesa e al desiderio

Da questa eccessiva offerta di beni materiali di cui ci facciamo spesso promotori, ne deriva un bambino che ottiene molto di ciò che vuole e a volte anche più di ciò che desidera. Un bambino mai realmente soddisfatto e sempre proiettato verso ciò che non ha.

È fondamentale ricalibrare le richieste dei nostri figli, far capire loro che un giocattolo ha un costo, che va tenuto con cura, che esistono momenti dedicati ai regali e altri in cui è inutile chiedere. Ve la ricordate l’emozione che precedeva il Natale? La letterina che raccoglieva i desideri di un anno e la speranza che qualcuno di quei regali finalmente arrivasse? Riportiamo nella vita dei nostri bambini quella speranza. Pochi giocattoli dunque, desiderati, valutati insieme a mamma e papà e ceduti ad altri bambini una volta diventati “grandi”.

Il decalogo per scegliere i giochi

1) Prima di comprare un gioco, parliamo col negoziante e chiediamo se è adatto all’età del bambino. Attenzione: l’età indicata sulla confezione indica la sicurezza e non la “giocabilità”.
2) Valutiamo la creatività che offre il gioco dal punto di vista intellettivo, motorio e sensoriale.
3) Meglio i giocattoli che possono essere usati in modi differenti secondo la fase di sviluppo. Il set di pentoline prima si suona, poi si usa per imitare i grandi in cucina, poi per cucinare pranzetti a bambole e peluche.
4) Il gioco può essere usato anche per giocare con altri bambini? Di che età? Stimola il gioco fra fratelli e sorelle? Fra adulti e bambini?
5) C’è il marchio CE? Questo marchio è un’autocertificazione del produttore che garantisce la conformità alle norme di sicurezza dettate dall’Unione Europea. Deve essere presente sulle confezioni e deve avere una grafica ben precisa con lettere arrotondate. Attenzione! Se le lettere sono squadrate non si tratta di marchio CE ma dell’ingannevole “China Export”. Significa che il gioco che state acquistando è di importazione cinese (con qualche legittimo dubbio sulla sicurezza).
6) C’è il marchio IMQ? È bene che sia presente sui giocattoli che contengono parti elettroniche o elettriche.
7) Va a pile? L’energia che serve per produrre una pila è cinquanta volte maggiore all’energia prodotta dalla pila stessa: uno spreco di risorse e una immissione non necessaria nell’ambiente di sostanze pericolose come cadmio e mercurio. Anche le pile più green contengono zinco, carbonio, cloruro di mercurio e manganese.
8) Non corriamo a comprare tablet e telefonini: ce li chiederanno i bimbi fra pochi anni. Finché si può, prediligiamo giochi di fabbricazione artigianale, anche per un discorso etico.
9) Evitiamo giochi in plastica, inquinanti e non biodegradabili. Optiamo per il legno non trattato e le fibre naturali. Alcune aziende attente all’ambiente hanno iniziato a produrre giocattoli e oggetti in bioplastica, un materiale ottenuto a partire da materie prime rinnovabili, biodegradabile e riciclabile.
10) Non dimentichiamo l’autocostruzione: inventare i giocattoli in casa utilizzando materiali riciclati è un modo alternativo, educativo e divertente per stare con i nostri figli.

[Silvia Ciraldo]

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