Diversi anni fa vidi una commedia con Juliette Binoche e William Hurt: un divano per due. Pensai con un sorriso che mi sarebbe piaciuto sperimentare lo scambio casa, ma fu solo un pensiero fugace.
Diversi anni e pensieri dopo, mi ritrovai con tutta la famiglia al seguito a vivere una particolare avventura da ‘scambisti’, non in senso bieco. Complice la scoperta di un sito per viaggiare con una lente differente: homeexchange.com.
Le reazioni della maggior parte degli amici e dei conoscenti a cui raccontammo di partire per un viaggio ‘scambiando casa’ furono quasi di ammirazione ma, nel contempo, tutti affermarono che sarebbe stato per loro troppo difficile lasciare le proprie quattro mura, con dentro tutto il loro vissuto ad estranei.
Il timore non era tanto lasciare beni materiali preziosi, ma quel qualcosa di profondamente personale, che scrive il codice genetico di una casa e lo fa con gli umori, le energie, i sorrisi, le lacrime e gli affetti dei suoi abitanti.
Proprio di quel segno parlavano i miei amici: di ricordi chiusi tra la polvere dei cassetti, di lettere e accappatoi a forma di drago dei nostri primogeniti o di, ancor meglio, quell’anima che tutte le case hanno e di cui solo chi la abita può sentirne l’eco.
Intuivo già che la conoscenza di noi stessi durasse una vita intera ma, davanti alle considerazioni delle persone, mi resi conto che siamo nati per sorprenderci costantemente.
E la sorpresa di me stessa fu proprio di non aver nessun timore che altri vedessero o toccassero il contenuto dei miei cassetti.
La parte più intima e particolare di quell’insieme di ‘cose’ era dentro di me, sotto la mia pelle, negli antri della mia memoria e in quelli del mio cuore.
Mi accorsi che tutto il pieno delle mie stanze era in fondo vuoto, perchè mi accompagnava ovunque andassi. E, così, marito e bambini al seguito partimmo per Parigi.
Per Filippo di sei anni e per Leonardo di undici fu l’occasione per avventurarsi in case ‘non asettiche’ come i soliti affitti, ma con stanze piene di giochi differenti e arredamenti inusuali. Per loro fu una sorta di caccia al tesoro alla scoperta di quei proprietari al momento assenti ma presenti nell’anima più vera della casa.
Cosa cambia tra un home exchange e un affitto casa qualsiasi?
Cambia la lente, la prospettiva, l’angolatura con cui si vive una città. È lo sguardo quello che muta. Un guardare che ha fatto a pugni con il solo vedere per poter scivolare, fino ad immergersi, nell’hummus di un’altra storia.
La casa di Emmanuelle e Sebastienne, a due passi dallo storico cimitero di Pere Lachaise, aveva un corpo e un’eco. Era bella, questo sì. Ma bella perché vissuta.
Legno, vetro e un inconfondibile amore per le cose del passato la caratterizzavano. Intonaci naturali, esotici o provenzali, un pot-pourri di stili e poi, libri, chitarre, olii essenziali, collezioni di vecchi specchi e spazzolini da denti anni ’30.
Detta così potrebbe sembrare la fotografia di un museo. E, invece, era il contrario. Era la precisa e puntuale incarnazione del luogo con la L maiuscola. Non un posto di passaggio ma una culla dove ascoltarsi e, magari, lasciare uno spiraglio aperto della porta per far entrare il respiro del mondo.
All’incirca la stessa cosa è avvenuta con un viaggio più lungo a Berlino dove Christoff e Jessica ci hanno regalato per il periodo natalizio il gusto di una casa a U, in cui salutare i bambini dalla finestra ma saperli a schiamazzare dall’altra parte del cortile era a dir poco rilassante.
Gli stessi berlinesi hanno scoperto poi la vecchia capitale sabauda nel torrido agosto piemontese, prendendosi cura delle nostre due micie e scambiando con noi pareri e opinioni sulla sorniona Torino. Intanto noi li aggiornavamo sul nostro Miami-New York fatto di paesaggi sconfinati e retaggi cinematografici.
Lands e Carlos ci hanno aperto la loro casa gialla e blu nel cuore di Miami, dove parlare spagnolo e bere latte di cocco ha sfamato la nostra voglia di calore latino. E un viaggio all’alba verso Key West ci ha riportato alla mente gli scenari di Hemingway, di una natura che tutto ingloba e fa perdere occhi e pensieri in un mare infinito.
Diverse le case, gli intonaci e i gusti ma tutti incredibilmente vivi e personalizzati. Tutti, con una cosa in comune: l’amore per la lettura e la curiosità per il mondo e per gli esseri che lo abitano.
E, alla fin fine, la miglior parte della vita è fatta di questo: di frammenti e di piccoli attimi. Che quando riusciamo a rendere luminosi, ci rivestono di una pelle nuova e ci tatuano addosso qualche verso.
Perchè la poesia è così poca che se, nel pulviscolo delle nostre e delle altre città, riusciamo a coglierla… ci aiuta a reinventare una storia. Che magari è proprio la nostra e, anche solo per una manciata di secondi, ci rende felici.