Il mio bimbo di due anni e mezzo, quando è in compagnia di altri bambini, non vuole assolutamente che si tocchino i suoi giochi. Quando può, però, cerca di portare via i giochi degli altri. Come devo fare per non sgridarlo in continuazione e vederlo piangere?
Proprio attorno ai due-tre anni, ogni bambino attraversa una fase in cui il comportamento diventa particolarmente ostinato e ribelle: i capricci sono frequenti, pretende di fare a modo loro, non collabora. Alcuni parlano di un periodo di crisi, ma è un passaggio naturale caratterizzato dal bisogno di affermare la propria personalità e volontà. Gli sentiremo pronunciare spesso (e con ostinazione) le parole “io, no e mio”. Il “mio”, in particolare, può farci pensare a un desiderio irrefrenabile di possesso e proprietà, ma in realtà è un modo per rafforzare la propria identità (“io ci sono“) estendendola spesso agli oggetti che gli sono più vicini, come i giochi. Non solo non li vorrà condividere, ma si accaparrerà anche quelli degli altri, per estendere il suo territorio e occuparlo con la sua presenza. Come uscirà da questa mania di protagonismo? Nello stesso periodo, fortunatamente, cresce nel bambino il desiderio e la capacità di instaurare rapporti sociali anche di là della sfera familiare: gradualmente imparerà che se riesce ad affrontare piccoli sacrifici personali (se si controlla un po’ e si rispettano semplici regole) è più piacevole stare con gli altri e si vive meglio. L’ingresso alla scuola materna aiuta a compiere questo passaggio: i bimbi imparano sul campo le regole di gruppo e “pagano” le scorrettezze e gli eccessi di egoismo. Lì, inoltre, i giochi sono davvero di tutti e non di uno solo. L’esperienza della classe può far particolarmente bene ai figli unici, in genere abituati a non rinunciare a nulla e ad avere sempre la precedenza.
Può anche accadere che il bambino capisca al volo che è meglio adeguarsi alle regole della scuola, ma rimanga più ostinato e possessivo dove può, cioè a casa sua o dagli amichetti. In questo caso è utile stargli vicino, anche fisicamente se necessario, per tranquillizzarlo e stimolarlo a condividere i giochi abbassando il suo livello di ansia. E’ controproducente invece irrigidirsi, sgridarlo e intromettersi o imporgli di prestare i suoi giochi: non capirebbe la logica dell’azione e aumenterebbe il suo desiderio di contrastare le altre persone per affermare se stesso. Non serve neppure perdersi in mille spiegazioni: ragionevolezza e democrazia, a due anni, sono parole inutili. Abbiate fiducia in lui, la crescita lo porterà a bilanciare la spinta all’autoaffermazione e la necessità di stare bene con gli altri.
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