I miei figli sono pigri? E’ la domanda che si fa qualsiasi genitore. A tre, cinque, otto, quindici o venti anni, l’impressione è che i figli non facciano molte attività, giusto quell’ora di sport a settimana in orario extrascolastico.
Quando tornano da scuola (elementare, media o superiore) ci piacerebbe vederli attivi, mandarli in cortile a giocare con un pallone per sfogarsi. Invece si piazzano sul divano, si chiudono in camera loro e non fanno (apparentemente) niente.
Da piccoli leggiucchiano un giornalino, sembrano non avere a forza di toccare un gioco e rimangono sdraiati, quasi a sognare a occhi aperti. Appena più grandi si rintanano dietro ai videogiochi, agli schermi dei telefonini, alla tv. La condizione preferita di molti ragazzi sembra essere l’immobilità.
I genitori ( le madri soprattutto) che per scelta o per obbligo conducono una vita con il ritmo del tornado, soffrono a vedere tanta inerzia. Vorrebbero stimolarli, farli uscire, vederli correre a giocare con gli amici. Sbagliano?
“Una eccessiva pigrizia può essere un modo attraverso cui i bambini e i ragazzi segnalano un disagio – spiega la psicologa Francesca Maria Collevasone -. Se coinvolti in eccessive attività extrascolastiche, possono reagire alla stanchezza che deriva dall’iperstimolazione perdendo interesse e rifugiandosi nell’inerzia. Ma nel caso di una generica pigrizia, il motivo è diverso. Fare una pausa dopo una cascata d’esperienze fatte a scuola è molto sano”.
Bisogna considerare che i bambini ricevono quotidianamente una enorme quantità di stimoli. A livello cognitivo sono sempre più bravi a confrontarsi con tutte le esperienze proposte, ma emotivamente fanno fatica a contenere il tutto.
“I bambini hanno bisogno di tempo per elaborare i vissuti – continua la dottoressa Collevasone –. È importante riuscire a rispettare questo loro bisogno di tempo. Lasciarli liberi di riflettere, leggere oppure fare niente: è un modo che utilizzano per ascoltarsi, per imparare a conoscersi e trovare così in sé stessi nuovi stimoli”.
Come adulti spesso sottovalutiamo la potenzialità derivante dallo stare da soli con se stessi. “I genitori si preoccupano di dover offrire opportunità e motivazioni ai figli, ma oltre un certo limite c’è il rischio di sostituirsi a loro e di impedire, in concreto, che emergano i desideri autentici dei bambini”.
Una prova da fare? Stare con i figli senza fare nulla. Imporsi una piccola finestra di inerzia, soprattutto quando si hanno figli piccoli. “I bambini hanno bisogno come l’acqua nel deserto di stare con un adulto, senza necessariamente aver definito un obiettivo se non quello di rispondere al desiderio di stare insieme”.