I tuoi diritti in maternità

da | 18 Nov, 2021 | da non perdere, Lifestyle, Soldi e Diritti

La maternità evoca diritti, soprattutto legati alla salute e al mondo del lavoro. Li conosci?

Il primo ricordo che ho, legato alla maternità, è la seconda gravidanza di mia mamma, quella che ci ha portato il fratellino (ora fratellone). Il pancione, l’ospedale, le tutine, il latte, il carillon, le pappe alla crema di tapioca. Una visione “romantica” che si scontra con un’altra oggi più dibattuta: la maternità dei diritti, quelli che una società civile promette (e spesso non mantiene).

Maternità: diritti non applicati

Gli anni di lotte sindacali hanno portato infatti al riconoscimento di una serie di diritti a favore delle lavoratrici con una doppia finalità. La prima, evitare loro l’uscita dal mondo del lavoro. La seconda: facilitare la conciliazione fra vita lavorativa e vita di mamma (il cosiddetto work life balance). 

A fine 2021 possiamo dire che le regole, sacrosante, non hanno portato i risultati sperati. Si sono rivelate, piuttosto, un’arma a doppio taglio, da usare contro le persone che dovrebbero essere tutelate. 

Innanzitutto, si è scatenata una fortissima antipatia all’assunzione di donne in età da fare figli: il datore di lavoro che subodora da lontano l’intenzione di far lievitare un bel pancione, difficilmente sceglie la candidata, con il rischio di trovarsi costretto a erogare tutte quelle garanzie richieste per chi vuole mettere al mondo una creatura. 

In secondo luogo, le tutele previste per la mamma non sono risultate sufficienti a garantire il benessere della famiglia, poiché, in mancanza di parità di trattamento fra lavoratori padri e lavoratrici madri, rimane comunque sulla donna il peso – fisico e psicologico – del dovere di cura che di fatto è un secondo lavoro. 

Inoltre, si è creato un forte squilibrio fra la compagine dei dipendenti pubblici e quella dei dipendenti privati: nel primo caso, infatti, il costo sociale dei diritti della maternità ricade sullo Stato. Nel secondo ricade direttamente sull’imprenditore, con un impatto e una capacità di assorbenza ben diversi.

Le garanzie per le mamme 

Ma quali sono queste garanzie? Per le donne dipendenti: permessi retribuiti per effettuare le visite prenatali, divieto di sottoporre la dipendente a incarichi pesanti, gravosi o all’orario notturno, divieto di licenziamento fino all’anno di vita del bambino, 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro (da giocarsi prima o dopo il parto) all’80% – 100% di retribuzione (di più, nel caso di gravidanza a rischio). Un ulteriore periodo di astensione facoltativa al 30% di retribuzione (diritto anche dei papà), diritto alla riduzione dell’orario di lavoro per il primo anno di vita del bambino, permessi per la cura dei figli minori in caso di malattie.

Per le libere professioniste: diritto a un’indennità mensile a partire da due mesi prima del parto e per i tre mesi successivi (poi dipende dalla cassa privata a cui si aderisce). Nessun obbligo di astensione dal lavoro. 

Ma maternità non fa rima solo con diritto del lavoro. L’ordinamento prevede anche una serie di tutele sanitarie, e ci mancherebbe. Per esempio l’esenzione per tutti gli esami gestazionali ordinari (ecografie, esami del sangue e tutto il corredo protocollare).

La Regione Emilia Romagna – avveniristica – ha anche previsto l’applicazione del solo ticket per l’esame del DNA fetale al fine di individuare precocemente le malattie genetiche come, per esempio, le trisomie. Un esame non invasivo che, nelle altre Regioni, può costare anche 1.000 euro. 

Su tutto il territorio, poi, sono presenti i consultori familiari che assistono le donne e le famiglie in attesa gratuitamente e, spesso, anonimamente (comprese le donne straniere prive di permesso di soggiorno), senza contare che l’assistenza ospedaliera al parto è sempre garantita. 

Parto anonimo e violenza ostetrica

Fra i diritti della maternità, annovero anche il diritto di interrompere la gravidanza in caso di scoperta di gravi malformazioni del feto, entro la ventiduesima settimana di gestazione, momento in cui – allo stato della scienza – il bambino sarebbe astrattamente capace di sopravvivenza autonoma.

Inoltre è sempre garantito il diritto al parto anonimo, nel caso in cui la madre non voglia essere nominata. Il bambino viene lasciato nell’ospedale in cui è nato per ricevere le cure adeguate ed essere sottoposto al procedimento di adozione. Questo è un incentivo per le donne che non intendono portare avanti la loro esperienza di madri, garantendo però sempre un parto in sicurezza e in condizioni adeguate. 

Per coloro che non intendono avvalersi del parto anonimo in ospedale (o che non ne conoscono l’esistenza), in 50 poli nascita italiani c’è la “culla per la vita”, una culla termica, accessibile dall’esterno dell’ospedale e senza telecamere, che permette di depositare il bambino in uno spazio sicuro. Basta chiudere lo sportello e la culla rileverà la presenza di un ospite allertando i medici. Molto meglio di un cassonetto, no? 

Infine, è bene sapere che è prevista una tutela per tutti i casi di violenza ostetrica sia psicologica (derisioni, body shaming, scherni da parte del personale sanitario nei confronti della partoriente), sia fisica (sottoposizione a manovre non autorizzate o procedure senza consenso informato). Sembra impossibile ma si, succede anche nel 2021.

Francesca Salviato, avvocato

 

 

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