Intervista con Amedeo Bagnis, 21 anni, campione italiano di skeleton
Chi l’ha detto che esistono solo il calcio, la danza o la pallavolo? Trovare una disciplina insolita da praticare può essere stimolante e divertente: perché limitare i propri orizzonti? È quello che ha fatto il giovane vercellese Amedeo Bagnis, campione italiano di skeleton, la disciplina invernale in cui si scende su una pista ghiacciata muniti di slitta, sdraiati con la testa in avanti, raggiungendo velocità vertiginose: anche più di 130 chilometri orari. Forte, no? Amedeo ha solo ventun anni ed è già un campione affermato: primo classificato alla Coppa Europa di Innsbruck 2020, undicesimo alla Coppa del Mondo 2020.
Una passione nata per gioco
Da quanto tempo pratichi lo skeleton? “In realtà non da molto, sono al terzo anno, ma ho sempre fatto sport: la passione per lo skeleton è arrivata quasi per gioco. Facevo atletica e un giorno mentre si facevano le selezioni per lo skeleton mi hanno chiesto di provare. Mi sono detto: perché no? Nei test sono andato molto bene e mi hanno chiesto di partecipare ai campionati italiani di spinta a Cortina. Da lì la faccenda si è fatta seria, perché quei campionati li ho vinti”.
Cosa ti piace dello skeleton? “La velocità, sicuramente. Ci sono piste dove si fanno anche i 140 all’ora: è uno sport che regala tanta adrenalina”.
Nonostante la velocità, possono provare anche i più piccoli? “Sì, e mi piacerebbe davvero che lo facessero. Io sto lavorando molto, voglio vincere tanto in questo sport per farlo diventare più famoso e popolare. Ci sono Paesi in cui si inizia anche da piccoli, ovviamente con discese meno impegnative e un percorso di crescita graduale”.
Non la solita disciplina
Perché scegliere una disciplina sportiva diversa dal solito? “Perché è bello e stimolante fare esperienze diverse, nella vita bisogna essere curiosi, provare cose nuove. Io sto in giro tutto l’inverno per il mondo, in luoghi che non avrei mai visto nella vita. Tutto grazie allo skeleton”.
A che età deve iniziare a fare sport un bambino per diventare un campione? “Dipende. Io ho iniziato in seconda elementare con la ginnastica artistica, poi dopo sei anni ho proseguito con l’atletica, a cui devo moltissimo. Da quando faccio sport il mio sogno è sempre stato di diventare un atleta professionista e grazie allo sport ho sempre avuto un obiettivo che mi ha aiutato a seguire la strada giusta. Finivo scuola e poi andavo ad allenamento. Certo, ho anche sacrificato molto”.
Quindi è una questione di motivazione: inutile insistere se un bambino non ama quello sport? “Naturalmente ero io a volermi allenare così tanto e trovo che sia sbagliato da parte di un genitore insistere più del dovuto: un figlio deve scegliere il suo sport. Deve essere una passione, quasi una vocazione”.