Le coppie possono stipulare un contratto di convivenza per stabilire cosa succederà nel loro futuro
Hollywood ci ha abituati a conoscere moltissimi aspetti della realtà americana che ci sembrano familiari ma che, purtroppo o per fortuna, in Italia non esistono. Pensate al processo penale, dove si assiste a un teatro di arringhe pompose, di giurie e di “mi oppongo, Vostro Onore!”. Ecco, quello, qui da noi, non esiste.
Il contratto prematrimoniale è un’altra di queste realtà hollywoodiane che sono entrate nel nostro immaginario senza avere un riscontro pratico.
Il matrimonio, da noi, è un pacchetto unico: tutto o niente. La normativa civilistica relativa al matrimonio e alla famiglia si è consolidata in secoli di dibattito giuridico e politico ed è sempre la stessa da prima che venisse alla luce il nostro codice civile, nel 1942 (salvo le modifiche – anche radicali – intervenute nel corso degli anni come, per esempio, la legge sul divorzio).
Insomma, chi si sposa accetta tutto un intero comparto di obblighi e diritti, con poche possibilità di fare selezione.
Convivenza o matrimonio?
Nell’ultimo ventennio, il dibattito politico sulla convivenza more uxorio (cioè la convivenza stabile di due persone che non intendono sposarsi) si è fatto via via più acceso, fino a condurre nel 2106 alla promulgazione della Legge Cirinnà.
La convivenza è uno stato di fatto connotato da stabilità e continuità affettiva, dall’eventuale nascita di figli, da progettualità nel comune interesse e, prima di tutto questo, dalla scelta di non aderire al “pacchetto matrimoniale”.
Proprio questa differenza ha permesso una riespansione di quell’autonomia privata di cui sono pressoché prive le coppie sposate a cui è negata l’opportunità di regolare il loro rapporto diversamente da quanto prevede la legge.
I conviventi possono stipulare un contratto per regolare ogni aspetto della vita di coppia, con la precisazione che gli accordi assunti devono avere un contenuto patrimoniale (non confondiamo il contratto di convivenza con le romantiche promesse che vediamo nei film: obbligarsi a preparare ogni mattina la colazione al nostro partner non sarà giuridicamente vincolante).
Il contratto: figli, spese e testamento biologico
Il contratto di convivenza può prevedere come la coppia intende fronteggiare le spese comuni, per esempio l’apertura di un conto corrente, la divisione delle spese da sostenere, la divisione della rata del mutuo o del canone d’affitto, l’intestazione di contratti o utenze, il riconoscimento del lavoro casalingo e via dicendo.
Il mantenimento dei figli può essere suddiviso, fermo restando che entrambi i genitori hanno l’obbligo di mantenerli e che il contratto di convivenza non può intervenire a modifica della normativa relativa alla prole, che rimane inderogabile.
Nel contratto di convivenza si può specificare cosa succederà se il rapporto dovesse finire, con risparmio di tempo e denaro rispetto a un normale divorzio (contributi di mantenimento, possibilità di continuare ad abitare la casa in attesa di nuova sistemazione).
Anche le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT, il cosiddetto testamento biologico) prevedono la nomina di un amministratore di sostegno nel caso in cui uno dei partner dovesse averne bisogno e l’autorizzazione all’accesso alla documentazione sensibile nelle strutture sanitarie, giudiziarie o altrove.
In ultimo, il contratto può contenere le disposizioni riguardanti gli animali di famiglia, cioè con chi rimarrà Fido se dovessimo separarci e chi manterrà il gatto.
Come si stipula il contratto di convivenza?
Queste sono solo alcune delle possibilità offerte dal contratto di convivenza, uno strumento da costruire mattone su mattone sulle specifiche esigenze di ogni coppia e famiglia.
Ma come si stipula il contratto di convivenza? Il testo si redige con un avvocato o un notaio, nel caso di disposizioni che abbiano come oggetto trasferimenti immobiliari. Il professionista provvede ad autenticare le firme dei partner e, entro i successivi dieci giorni, registra il contratto presso l’anagrafe del comune di residenza. Da quel momento, l’ufficio prende nota del testo, che diventa efficace ed eventualmente opponibile a terzi.
di Francesca Salviato – Avvocato