Alcuni semplici batteri, come quelli in grado di produrre metano, possono trasformare una crisi in un’opportunità
Il periodo che stiamo attraversando è particolarmente complesso. La scarsità di materie prime dovuta alla ripresa economica dopo il Covid, è aggravata dalla crisi energetica. L’invasione russa dell’Ucraina ha costretto i Paesi europei a interrogarsi su come raggiungere l’autonomia energetica e, come spesso accade, non tutto il male viene per nuocere.
Se da un lato l’instabilità internazionale ha fatto volare alle stelle i prezzi del gas e dell’energia, dall’altro sta costringendo verso la transizione energetica. Fino a qualche tempo fa il passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili sembrava un capriccio ambientalista, adesso sta diventando un’esigenza economica che potrebbe portare ricadute positive sull’ambiente.
È così che si stanno elaborando nuove strategie di approvvigionamento energetico. Da una parte si stringono accordi con nuovi Paesi per le forniture di metano, dall’altro si sfruttano nuova conoscenze scientifiche e tecnologiche, come nel caso degli impianti che consentono di produrre e recuperare metano dalle deiezioni animali, dai fanghi di depurazione o dagli scarti alimentari.
Fanghi, deiezioni e scarsi come si trasformano in risorsa? La risposta sta in un gruppo di microrganismi dal nome evocativo: Methanobacteria. Questa classe di batteri è in grado di produrre una reazione chimica chiamata metanogenesi. Attraverso l’assunzione di materiale organico, come la cellulosa contenuta negli scarti alimentari, questi batteri sono in grado di produrre metano.
Il bello è che sono molto più comuni di quello che si può immaginare. Per esempio, il Methanobrevibacter smithii è il principale inquilino del nostro intestino e produce metano a partire da anidride carbonica e idrogeno. Ebbene sì, anche le nostre flatulenze sono ricche di metano!
Ma non è finita qui. Li troviamo all’interno del primo stomaco dei ruminanti, come le mucche, o direttamente all’interno delle deiezioni animali. Per la loro capacità di decomporre il materiale organico sono largamente utilizzati all’interno degli impianti di depurazione delle acque nere dove confluiscono le fognature cittadine.
La capacità di produrre metano di questi batteri si sta rivelando particolarmente interessante. Attraverso minimi accorgimenti tecnici è possibile trasformare un impianto di depurazione delle acque in un sistema in grado di produrre discrete quantità di metano. Inoculando i metanobatteri all’interno degli scarti organici conferiti negli impianti di compostaggio è possibile velocizzare la trasformazione in compost e nel frattempo ottenere biometano con cui alimentare le caldaie cittadine o i sistemi di teleriscaldamento.
Il biometano prodotto con questi sistemi presenta numerosi vantaggi, primo tra tutti la sua rinnovabilità. Il gas che si ricava grazie all’azione dei metanobatteri non è una risorsa finita.
Finché ci saranno scarti alimentari, deiezioni animali e fanghi di depurazione si potrà produrre metano quasi senza limiti. Inoltre, è un metano a emissione di anidride carbonica nulla, poiché deriva dalla decomposizione di materiale vegetale o animale. Infine, si tratta di un metano mediamente più puro rispetto a quello estratto dal sottosuolo.
Il metano fossile spesso contiene frazioni di altri gas come l’anidride solforosa, un contaminante che deve essere eliminato poiché particolarmente dannoso per le caldaie e gli altri sistemi di riscaldamento. Questo tipo di gas non è contenuto nel biometano e questo semplifica moltissimo le procedure necessarie alla sua immissione in rete.
Le crisi sono indubbiamente un problema, ma possono rivelarsi fonte di innovazione e possono accelerare processi che altrimenti non verrebbero mai messi in atto. Tutto sta a sfruttare al meglio le occasioni che ci vengono offerte.
di Danilo Gasca, divulgatore scientifico