Non tutto il monouso fa male. Nel settore della salute, per esempio, ha contribuito a salvare milioni di vite
La plastica è il simbolo del terzo millennio. La facilità di produzione e il basso costo l’hanno resa il materiale ideale per una serie praticamente infinita di applicazioni, molte monouso: imballaggi, vestiti, contenitori, strumenti sanitari, giocattoli. Tutto, ormai, è fatto di plastica.
Fino agli anni 2000 l’uso di questo materiale ha mostrato solo risvolti positivi, ma negli ultimi dieci anni ci si è accorti che c’è un conto da pagare. Ed è un conto particolarmente salato.
L’elevata resistenza agli agenti atmosferici e l’inalterabilità si sono trasformati da pregi in difetti. Gli scienziati hanno calcolato che negli oceani sono disperse oltre 150 milioni di tonnellate di plastica: si tratta di rifiuti che non sono stati correttamente smaltiti e che in virtù delle loro proprietà, una volta finiti nell’ambiente, non sono degradabili. Piatti, bicchieri, cotton fioc, forchette e coltelli di plastica, bottigliette: questa enorme massa rappresenta un problema ecologico di dimensioni apocalittiche.
Limitare la plastica
Allo scopo di limitare i danni prodotti dalla dispersione di plastica negli ambienti naturali, la Comunità Europea ha varato la direttiva SUP (Single Use Plastic) entrata in vigore lo scorso 3 luglio.
Essa prevede la messa al bando di tutta una serie di oggetti in plastica destinati a essere usati solo una volta per poi diventare rifiuti. In particolare, si pensa a oggetti come stoviglie in plastica monouso, cannucce, bicchieri o posate, che non potranno più essere immessi sul mercato se prodotti in plastica tradizionale.
Resteranno, ma dovranno essere in materiali biodegradabili. Si tratta di un passo importante che definisce una linea di maggiore attenzione verso l’ambiente e gli ecosistemi.
Il monouso indispensabile
Ma, in generale, possiamo fare a meno del monouso? A prima vista possiamo dire che la risposta a questa domanda appare relativamente semplice: sì! In fondo si può vivere tranquillamente senza posate di plastica. Ma come spesso accade, la faccenda è più complessa. Una messa al bando totale di ciò che riguarda l’oggettistica monouso ci farebbe fare un salto indietro nel tempo di almeno un secolo.
Il settore sanitario sarebbe quello che, più di tutti, accuserebbe il colpo. Siringhe, bisturi, tubi per flebo e prelievi sono tutti costruiti utilizzando plastica monouso e questo permette di evitare la trasmissione da un paziente all’altro di eventuali malattie infettive come l’epatite o l’HIV. Si calcola che proprio l’introduzione del monouso in ambito sanitario abbia contribuito a salvare milioni di vite consentendo a medici e operatori di lavorare in sicurezza.
Quindi, in linea generale, non è tanto il monouso a rappresentare il problema, ma le modalità con cui smaltiamo questa enorme mole di rifiuti. E anche l’uso del monouso, ma solo dove è indispensabile. Da buoni cittadini è importante ricordare di fare correttamente la raccolta differenziata e che alla bottiglietta di minerale si deve sempre preferire la borraccia da riempire alla fontana.
di Danilo Gasca, Divulgatore scientifico