Una ricerca ha confermato che in compagnia e presenza si riesce a studiare meglio. Ecco i risultati
Si studia meglio se in compagnia: questo è il risultato di uno studio del gruppo di ricerca Bip – Brain Plasticity and behavior changes del dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. Al bando allora didattica a distanza davanti al tablet, riunioni sempre in solitaria guardando una webcam e conferenze virtuali. Ne hanno parlato su un articolo su “Scientific Reports” , gruppo Nature, ripreso anche da la Repubblica.
Lo studio
La ricerca è stata realizzata proprio nel periodo pandemico, ed ha analizzato i risultati cerebrali e mnemonici in tre condizioni: in presenza di altre persone, in una presenza virtuale (come Skype, Google Meet o Webex) o in una condizione di solitudine. Il gruppo di ricerca, che utilizza tecniche elettrofisiologiche e di neuroimmagine, ha esaminato le capacità di memorizzazione dei partecipanti, con tecniche simili al gioco del Memory, nelle tre differenti situazioni. I risultati hanno confermato che la compagnia e presenza di altri compagni e colleghi sia un valore aggiunto.
Meglio studiare in presenza
“È emerso che i risultati sono significativamente migliori in compresenza fisica“, spiegano Katiuscia Sacco (coordinatore del gruppo BIP), Pietro Sarasso e Irene Ronga. “Ci sono numerosi studi che dimostrano che il contesto di condivisione amplifichi l’attenzione, e volevamo approfondire il fenomeno in maniera sistematica. Non vogliamo giudicare le forme di didattica a distanza, che si sono dimostrate molto utili nel contesto dell’emergenza sanitaria, ma vorremmo contribuire a capire come renderle più efficaci. Così l’idea di analizzare gli aspetti positivi della presenza e capire come replicarli nelle interazioni virtuali per migliorarle”, aggiungono.
L’esperienza e il vissuto fanno la differenza
Non è chiaro esattamente cosa succeda in gruppo e perché l’apprendimento è più performante se condiviso. “Crediamo che dipenda dal vantaggio evolutivo che quindi si è sempre avuto in presenza”. Probabilmente l’esperienza, il vissuto, e la modalità di apprendimento sono più efficaci se concepite in modo esperienziale appunto, se alle informazioni sono unite emozioni, condivisioni e situazioni che la memoria può riprendere, ancorare e associare.