Gli asili nido in Italia sono pochi, mal distribuiti e poco accessibili
In Italia mancano gli asili nido. Solo 1 bambino su 4 ha la possibilità di frequentare: un dato che è meno della metà rispetto alla Francia e che ci posiziona al di sotto degli obiettivi stabiliti dall’Europa, dove si vorrebbe un posto ogni tre bambini.
Non solo i nidi sono pochi (13.000 circa sul territorio nazionale) ma sono anche mal distribuiti, con una concentrazione al Nord e differenze persino all’interno delle singole città, dove l’offerta è maggiore in centro e minore nei quartieri periferici.
Cosa significa
Non è obbligatorio mandare i propri figli al nido: la scelta è lasciata alle famiglie ed è correlata agli stili di vita dei genitori. Fatto sta che in Italia è relativamente facile trovare un posto per un genitore lavoratore e relativamente benestante che vive al Nord, mentre è altrettanto difficile per chi abita al Sud, è disoccupato o vive in situazioni economiche non floride.
Questa diseguaglianza fa male tanto ai bambini quanto ai genitori, perché l’asilo nido è un servizio educativo di primaria importanza che accoglie bambine e bambini in una fase delicatissima della vita, da zero a tre anni e contribuisce a sviluppare le competenze e le facoltà non cognitive che accompagneranno la persona per tutto il resto della vita.
I benefici per i bambini
I bambini che possono frequentare un servizio educativo di qualità sono quelli che, per esempio, si ritroveranno con maggiori risorse per andare bene a scuola.
Questo effetto è importantissimo per contrastare i meccanismi intergenerazionali di povertà, ma il fatto che i nidi siano a disposizione principalmente delle famiglie lavoratrici e ben integrate fa sì che invece di risolvere le diseguaglianze il nido contribuisca a radicarle.
L’aumento dei posti disponibili porterebbe a un maggiore eliquibrio e tutti ne beneficerebbero, perché l’assunzione di nuovo personale, più giovane e con una formazione universitaria, migliorerebbe anche la qualità del servizio.
I benefici per i genitori
Oltre che per il bambino e la sua vita futura, l’asilo nido serve ai genitori, in particolare alle donne, per conciliare vita lavorativa e familiare.
Tuttavia gli ostacoli per ottenere il posto sono tanti, a partire dalle graduatorie per l’assegnazione, che sono gestite dai Comuni e sono un capolavoro di difficoltà e discordanza.
Alcune categorie di genitori, come chi è in cerca di lavoro o chi ha un solo figlio, risultano ingiustamente penalizzate e difficilmente vengono accettate. La garanzia della frequenza non esiste, il che crea problemi di pianificazione per il rientro al lavoro dopo la maternità.
Le rette sono alte e le alternative private sono ancora più costose.
Ci sono differenze tra città e città: in Trentino Alto Adige si paga in media 472 euro al mese, a Torino si arriva a pagare fino a 556 euro, a Milano 456, a Catanzaro 100 euro, ma i posti mancano.
In Emilia Romagna la Regione ha investito per abbattere le rette, in Umbria è garantito il posto a un bambino su tre, ma la Campania accetta solo il 6,7% dei bambini.
I bonus insufficienti
Il peso della retta ricade in buona parte sulla famiglia, nonostante la presenza del bonus asilo-nido, l’ennesima mancetta di un sistema di tutela delle famiglie che risulta insufficiente e poco sicuro, tant’è che per il 2021 ancora non si sa niente.
Il bonus infatti non è garantito e viene approvato di anno in anno in base alla disponibilità della Legge finanziaria. Le uniche certezze sono che viene erogato in ritardo, non copre interamente le spese ed è stanziato fino a esaurimento dei fondi. Il che significa che, una volta raggiunto il limite di domande sovvenzionabili, le ulteriori richieste vengono respinte.
Una battaglia di civiltà
La prima infanzia non è stata mai, nel nostro paese, una priorità politica. L’Italia spende per i minorenni solo lo 0,2% del prodotto interno lordo, di cui quasi la metà va nell’istruzione. Pochissimo: sette volte meno della Francia e due meno della Germania.
Lo dicono, da anni, i calcoli fatti dal Garante per l’infanzia, una voce autorevole ma evidentemente poco ascoltata. Da molto tempo serve una svolta: se ne era parlato a inizio pandemia, con la proposta di un piano famiglia e di un assegno universale per chi ha figli a carico.
Con il cambio di governo il discorso si è fermato. Dell’aumento dei posti negli asili nido, tuttavia, nessuno sembra interessarsi.