Ho sentito al telegiornale che i genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli fino a 26 anni: è vero? Ma non era fino alla maggiore età? Grazie per la sua risposta e cordiali saluti. Annalisa
A onor del vero la legge prevede l’obbligo dei genitori di mantenere la prole fin tanto che questa, raggiunta la maggiore età, non sia in grado di conseguire l’autosufficienza economica. Tale obbligo deve essere adempiuto dai genitori in proporzione alle loro rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere il loro dovere nei confronti dei figli. In buona sostanza: l’obbligo dei genitori di mantenere i figli non cessa automaticamente per il semplice raggiungimento della maggiore età ma perdura finché i figli non siano diventati economicamente indipendenti (abbiano cioè terminato gli studi e, conseguentemente, abbiano trovato un’occupazione da cui sono in grado di trarre gli strumenti necessari per mantenersi) ovvero non siano stati posti nelle concrete condizioni di essere economicamente autosufficienti e non ne abbiano tratto utile profitto per colpa propria e/o per scelta. A titolo esemplificativo: se vostro figlio, maggiorenne e in età da lavoro, terminati gli studi preferisse trascorrere le proprie giornate a bighellonare con gli amici anziché cercarsi un’occupazione, voi potreste sentirvi esonerati dall’obbligo di mantenerlo, perché lo avete fatto studiare e avete fatto tutto quel che era in vostro potere per assicurargli gli strumenti necessari per provvedere al proprio mantenimento. Ancora: se il figlio staziona all’università per anni senza mai conseguire la laurea, con ciò di fatto approfittando del mantenimento dei genitori e ritardando l’ingresso nell’ “età adulta”, si potrebbe porlo di fronte alla scelta di terminare con una certa sollecitudine gli studi (e molti sono al giorno d’oggi i quarantenni che affollano le università) ovvero di interrompere la carriera universitaria e di andare alla ricerca di un’occupazione.
Sto per separarmi e immagino che la mia futura ex-moglie vorrà (e otterrà) il pagamento degli alimenti, anche se siamo orientati sull’affidamento congiunto per entrambi i nostri bambini. Sono curioso di sapere se una sua eventuale relazione con un altro uomo può farle perdere il diritto agli alimenti. Grazie. Daniele
Se è vero che la separazione non fa venir meno il matrimonio fra i coniugi, non sembra d’altro canto che con ciò si possa giustificare la permanenza del dovere di fedeltà scaturente dal matrimonio stesso. Questo dovere non è mantenuto in vita da alcun riferimento normativo. Si ritiene d’altronde che i coniugi separati (sua moglie diventerà “ex” solo con il divorzio!) mantengano i doveri impliciti alla stessa qualità di coniuge, relativi alla reciproca tutela dei valori di riserbo, di decoro, di onorabilità e dignità, nonché ai criteri di lealtà, correttezza e solidarietà per quanto concerne lo svolgimento dei residui rapporti tra le parti e, soprattutto, nei confronti dei figli. Sotto questo profilo, dunque, è possibile affermare che cessa il dovere di fedeltà, con eccezione di quei comportamenti che possano costituire ingiuria grave nei confronti dell’altro coniuge (come l’inizio di convivenza stabile con altra persona) e che pertanto ledano i suddetti diritti alla dignità e onorabilità. Il dovere di fedeltà finisce in buona sostanza per trasformarsi, durante la separazione, in un dovere di rispetto dell’altro coniuge. Sulla specifica questione della rilevanza, ai fini della corresponsione dell’assegno, di una relazione del coniuge beneficiario con un terzo non esiste un indirizzo consolidato. Secondo un primo indirizzo solo le nuove nozze del coniuge beneficiario fanno cessare l’obbligo a carico dell’altro; secondo un secondo indirizzo, il coniuge onerato dell’obbligo di corrispondere un assegno non può semplicemente invocare una relazione dell’ex ma deve fornire la prova di sistematiche erogazioni di denaro da parte del partner dell’altro; secondo un ulteriore indirizzo, infine, un’eventuale convivenza instaurata dal coniuge beneficiario, che si caratterizzi per i connotati della stabilità, continuità e regolarità, tanto da venire ad assumere i connotati della “famiglia di fatto”, in quanto tale caratterizzata dalla libera e stabile condivisione di valori e modelli di vita, può incidere sulla presunta necessità di assegno del coniuge che lo invoca. Un’ultima precisazione: anche in caso di affidamento condiviso non viene meno l’obbligo di un genitore di versare all’altro, presso i quali i figli vivono prevalentemente, l’assegno di mantenimento.