Un problema che affligge molte neo-mamme: facciamo il punto con il dottor Daniele Bollero, specializzato in diastasi addominale
È un problema molto sentito dalle neo-mamme, colpisce infatti quasi un terzo delle donne dopo la gravidanza, la diastasi addominale, ma di cosa si tratta esattamente? Lo chiediamo al chirurgo plastico Daniele Bollero, che da anni studia e opera in questo campo.
“La diastasi è l’allargamento dei muscoli retti addominali, causato dalla pressione del feto sulla parete addominale. Una separazione fisiologica e che si risolve generalmente entro un anno dal parto”.
Ma non sempre, e in questo caso che cosa si può fare. “Non si tratta solo di un problema estetico: a volte può avere ripercussioni dal punto di vista funzionale. Quando la colonna vertebrale non è adeguatamente sostenuta dai muscoli addominali, questo può causare mal di schiena e difetti posturali”.
Un approccio multidisciplinare
“L’approccio più corretto per trattare questa patologia è quello multidisciplinare – prosegue il dottor Bollero -. Dovrebbe iniziare con la prevenzione in gravidanza, seguendo i consigli di un’ostetrica sui movimenti da evitare e le precauzioni da adottare.
Dopo il parto bisogna attendere il tempo fisiologico di recupero dei muscoli addominali. In caso di rilassamenti importanti l’ostetrica o fisioterapista possono suggerire esercizi mirati e strategie utili per migliorare il tono e l’aspetto della pancia, ma è fondamentale agire tempestivamente”.
Partire dalla consapevolezza
Se dopo un anno dal parto il problema permane, come si procede? “Innanzitutto, si effettua un’ecografia per verificare che si tratta davvero di diastasi dei muscoli retti (e non di semplice rilassamento addominale) e per valutare la presenza di eventuali ernie associate.
Se la diastasi viene confermata, a quel punto si può procedere con l’intervento chirurgico, che però io consiglio di effettuare se la donna non desidera avere altri figli, altrimenti il problema potrebbe ripresentarsi. Per me è molto importante partire dalla consapevolezza del proprio corpo, dall’importanza di accettarsi. Consiglio quindi alle mie pazienti di prendersi il tempo giusto di riflessione, di proseguire con esercizi mirati, prima di valutare per l’intervento”.
Qual è momento migliore per programmare l’operazione? “Per la diastasi, come per qualsiasi intervento chirurgico, il momento giusto è quello in cui si ha il tempo di recuperare. Io lo chiamo il tempo di ‘fuori uso sociale’ e sono consapevole che per una mamma è un lusso. Però per una buona ripresa da questa operazione servono almeno due settimane ed è fondamentale concedersele”.
Diastasi: l’importanza di prevenzione e riabilitazione. I consigli dell’ostetrica Alessandra Marchi
Prevenzione e riabilitazione sono aspetti chiave per evitare una diastasi addominale o migliorare la situazione. Ne parliamo con l’ostetrica Alessandra Marchi. “Durante i mesi della gravidanza è bene che le donne tengano presente alcune piccole accortezze. Ad esempio, devono evitare il sollevamento di carichi grossi o pesanti.
Ci sono poi tecniche consigliate per alzarsi, da un divano ma soprattutto dal letto, che consentono di non si sovraccaricare i muscoli dell’addome. È anche opportuno fare alcuni esercizi mirati che servono a tonificare i muscoli addominali trasversi. Giunto il momento del parto, ci sono delle posizioni migliori e altre che sarebbe meglio evitare. Ad esempio, la classica posizione distesa sul lettino causa un sovraccarico dei muscoli addominali ed è un fattore di rischio per la diastasi”.
E dopo la nascita del bambino che cosa consiglia? “Innanzitutto, un’accurata valutazione da parte di uno/una specialista. Quindi, migliorare il tono addominale con esercizi di ginnastica specifici per le neo-mamme che rinforzano i muscoli addominali e che sono consigliati a tutte, che ci sia una diastasi o meno. In presenza di diastasi, gli esercizi sono comunque utili, perché quando i muscoli sono più forti stringono e tengono dentro. Se poi la diastasi è importante e comporta disturbi funzionali, si valuta l’operazione chirurgica con il medico di riferimento”.