La disidratazione nei bambini

da | 9 Ott, 2013 | Lifestyle

I bambini, soprattutto quelli piccoli, sono maggiormente soggetti al rischio di disidratazione rispetto agli adulti. In parte ciò è dovuto alle loro dimensioni, in parte alla loro produzione di acqua, che è inferiore, in proporzione al peso corporeo, rispetto a un adulto. La disidratazione nei bambini può manifestarsi a diversi stadi: lieve, moderata e grave. Poiché l’acqua è un elemento fondamentale per l’organismo, non bisogna mai sottovalutare la disidratazione che, nei casi più gravi, può rappresentare un pericolo per la vita. Le cause della disidratazione sono varie, ma sono tutte riconducibili a situazioni in cui si verifica un’elevata perdita di fluidi corporei e sali minerali. Ciò accade quando il bambino ha la febbre alta, per esempio, oppure episodi ripetuti e continui di diarrea o vomito (cinque o sei episodi in due o tre ore), o ancora in casi di sudorazione elevata. I primi sintomi di disidratazione si osservano dalla secchezza delle mucose (bocca asciutta, labbra secche) e dalla scarsa pipì, che nei bebè è più facile da osservare controllando il pannolino (ed eventualmente pesandolo da asciutto e da bagnato). Inoltre l’urina può assumere un colore giallo più scuro del solito. La pelle anche ne risente: diventa secca e poco elastica. Gli occhi si fanno cerchiati, il cuore batte più velocemente, il bimbo è sonnolento o irritato. Nei più piccoli la fontanella, l’area della testa in cui le ossa non sono ancora saldate, può diventare incavata. Il pianto non ha lacrime e la gola può essere irritata. Se si individuano i primi sintomi di disidratazione nei bambini, soprattutto in quelli più piccoli, è bene ricorrere al pediatra. Al di sotto dell’anno di vita, un bambino che vomita e non sporca il pannolino da 24 ore è da portare urgentemente a visitare. Alcuni esami di laboratorio permettono di accertare lo stato di disidratazione e prescrivere la giusta terapia. In linea di massima, per riequilibrare l’organismo e fornire il giusto apporto di liquidi al corpo, è sufficiente che il bambino beva di frequente ma in piccole quantità. Per evitare che il bimbo vomiti, se la disidratazione è causata da questo problema, lo si può far bere piano piano con un cucchiaino. Le bevande giuste sono naturalmente l’acqua, prima di tutto, ma si possono anche offrire centrifugati, spremute e succhi di frutta, un té o una tisana leggera. Da evitare invece le bevande zuccherate, soprattutto se il bambino soffre di diarrea. Il pediatra, nei casi di disidratazione grave, può prescrivere soluzioni particolari da prendere per bocca.

Parti cesarei: il 43% non è giustificato

Il 43% dei parti cesarei fatti nel 2010 in Italia è “ingiustificato”. Lo dicono, crudamente, i dati dell’indagine nazionale condotta dal Ministero della Salute. Nel 2010 ci sono stati 482.195 parti, tra naturali e cesarei: questi ultimi sono stati il 29,31% del totale e per il 43% si sono trovate troppe diagnosi di posizione anomala del feto, condizione fortemente associata al taglio cesareo. I carabinieri dei Nas, che hanno prelevato cartelle cliniche in 78 ospedali pubblici e privati d’Italia, hanno trovato cartelle cliniche vuote, senza documentazione a supportare la diagnosi. Il record assoluto in Sicilia, con il 72% dei casi esaminati. I problemi dei cesarei non necessari non riguardano soltanto la spesa sanitaria ingiustificata, ma soprattutto i rischi per la salute delle neo mamme: una donna sottoposta a cesareo ha un rischio triplo di decesso a causa di complicanze e un rischio di lesioni fino a 37 volte maggiore. La principale complicanza è la rottura dell’utero in una successiva gravidanza, la cui probabilità dopo un taglio cesareo è di 42 volte superiore rispetto a un primo parto vaginale. È quindi “evidente – conclude il Ministero – che il taglio cesareo è un intervento chirurgico non privo di rischi e deve essere eseguito solo se si verificano le condizioni mediche che lo rendono necessario. Se non vi sono controindicazioni, il parto naturale è da preferire al taglio cesareo, per la tutela della salute della partoriente e del bambino”.

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