La lotta tra i bambini: quando finisce il gioco?

da | 28 Feb, 2017 | Lifestyle

Gentile dottoressa, nostro figlio ha 6 anni e gioca a farsi picchiare con gli amichetti. Succedeva alla scuola materna e succede ancora oggi alle elementari. Considera il picchiare come gioco, ma un conto è se si azzuffano in due, un altro se sono in due o tre a picchiarlo. È un bambino silenzioso e introverso, non racconta molto di quel che succede a scuola, abbiamo scoperto di questi giochi in chiacchierate serali in cui si apre un po’ di più con noi. Cosa significano secondo lei? Abbiamo sbagliato come genitori? Grazie e saluti, Roberta e Federico

 

Cari Roberta e Federico, capita spesso che i genitori di fronte al gioco della lotta o a frasi come “Ti voglio uccidere”, “Adesso sei morto”, si trovino in difficoltà e non sappiano come comportarsi. Ma che cosa ci spaventa tanto? Il primo pensiero è che se mio figlio gioca in maniera aggressiva, da grande sarà un violento. Il secondo: “Io non sono un buon genitore”. Nel pensiero comune, il comportamento aggressivo non è considerato corretto e l’adulto deve limitarlo.

Ma l’aggressività ha una funzione importante nella crescita di un bambino: gli consente di separarsi dalla mamma, conquistare l’indipendenza, affermare la propria personalità. Nelle tappe evolutive del bambino, l’aggressività mostra caratteristiche diverse: a 1 anno e mezzo circa si manifesta attraverso il mordere gli oggetti e le persone per conoscerli e appropriarsi di loro come estensioni di sé; dopo i 2 anni rappresenta una modalità per affermare la propria presenza di fronte al mondo degli adulti e spesso si accompagna ai capricci. Tra i 3 e i 4 anni l’aggressività del bambino è funzionale a stabilire delle gerarchie con i pari, a ottenere il consenso degli altri, a primeggiare. Poiché il bambino non è ancora capace di giocare secondo le regole e di confrontarsi con gli altri, la tendenza è voler prevalere sul gruppo oppure viceversa essere vittima dell’aggressività dei compagni. Anche i giochi di fantasia includono sempre una componente aggressiva e rappresentano un modo con cui i bambini mettono alla prova la propria forza fisica, imparano a dosare l’aggressività e ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni/reazioni. Con lo sviluppo del linguaggio, il comportamento aggressivo del bambino diminuisce: al canale fisico di espressione delle emozioni si aggiunge infatti la comunicazione verbale.

Di fronte ai giochi aggressivi il genitore ha un ruolo fondamentale: è il garante del fatto che il gioco rimanga tale. Controlla il grado di eccitazione dei bambini in modo da impedire loro di farsi male. La differenza tra un gioco aggressivo e una situazione in cui l’aggressività è fine a se stessa sta proprio nel fatto che nel gioco “si fa per finta”, nessuno si fa male ma ci si diverte tutti. Spesso è difficile per un genitore distinguere quando il gioco va oltre, anche perché nella maggior parte delle volte questo accade in contesti dove l’adulto non è presente. La vera discriminante è l’osservazione del comportamento del bambino: se nel gioco il bambino è sereno, vi è un alternanza di ruolo, viene conservato il controllo del gesto. Se si osserva un fenomeno di autopenalizzazione, ovvero il bambino di sua volontà a un certo punto si fa buttare a terra e sconfiggere, il gioco è tale da non suscitare l’intervento degli osservatori e l’esito della lotta non allontana i bambini tra di loro.

Diversamente – quando il confine tra gioco e violenza è valicato – noteremo segnali specifici come difficoltà con il cibo, enuresi notturna, ipersonnolenza o insonnia, pianto, agitazione, rifiuto di incontrare determinati bambini o situazioni. In questi casi il limite è stato superato ed è bene rivolgersi a uno psicologo per approfondire la situazione. Nel vostro caso, cari Roberta e Federico, è importante osservare se nel gioco della lotta è sempre solo il vostro bambino a essere picchiato oppure se anche lui fa la parte del cattivo e se sono presenti altri segnali di disagio. Il fatto che il bambino sia introverso non è sufficiente per pensare che sia vittima di bullismo. È bene parlare con gli insegnanti e ascoltare la loro percezione della situazione. Potreste inoltre giocare a fare la lotta già a casa e vedere come si comporta vostro figlio, oppure invitare questi amichetti e giocare insieme: per esorcizzare la nostra paura di far crescere dei bambini violenti dobbiamo innanzitutto giocare con loro e con la loro aggressività!

[Francesca Maria Collevasone]

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