Vita in roulotte, spostamenti, scuole nuove, autoscontri da montare: come vivono i giostrai oggi?
Ventisei anni lei, Leslie, originaria della provincia di Milano, e trentadue lui, Sharon, di Torino. Sono giostrai da generazioni e si sono conosciuti montando le giostre nelle piazze. Lui seguiva i genitori con la pista di autoscontri e lei con la sua famiglia portava nelle piazze la grande giostra a catena calcinculo. Oggi hanno due figlie, di sei e due anni, e vivono nella loro roulotte a Torino. Almeno un paio di volte l’anno si spostano dalla base per andare a montare le giostre in qualche piazza, per periodi relativamente brevi.
“Una volta arrivare nei paesi con le giostre era emozionante. I ragazzi ci aspettavano e la piazza diventava il luogo dei loro appuntamenti, dei motorini che arrivavano dai paesi vicini, degli innamoramenti e delle ragazzate. Adesso non c’è più questa magia purtroppo, i ragazzi hanno lasciato le giostre per vedersi dai cellulari”.
Non ci si muove più come una volta
Quando si pensa alla vita dei giostrai, si immagina un grande nomadismo, lunghi viaggi, tante piazze e un movimento costante. Ma non è più così. “I nostri nonni cambiavano città e regioni, giravano davvero; ma adesso non è più così”, ci racconta Sharon. “Ora siamo molto stabili, fermi. Viviamo a Torino e montiamo qui gran parte dell’anno, al parco della Pellerina o al luna park di Natale in giostra.
Poi ci spostiamo a Tortona e Chivasso, ma per poco. Siamo abituati a vivere in roulotte, ma potremmo quasi pensare di trasferirci in casa visto quanto poco ci spostiamo”. E se la roulotte facilitava gli spostamenti anche per piacere, come per raggiungere la famiglia di Leslie in Lombardia, oggi con una bambina alla scuola dell’obbligo ci si sposta ancora meno.
Essere figli di giostrai
Seppur girando meno rispetto alle generazioni precedenti, Leslie e Sharon hanno sempre seguito le loro famiglie e cambiato le scuole durante i periodi fuori (le scuole dell’obbligo hanno il dovere di accogliere i bimbi in qualunque momento dell’anno, anche se per poco tempo).
“Io ho cambiato molte scuole e ho frequentato fino alle medie”, racconta Leslie. “Ogni volta voleva dire ricominciare, reiserirsi, fare nuove amicizie. Anche il programma della scuola non sempre era uguale a quello che io avevo seguito, e poi non sempre i bambini e le bambine erano accoglienti nei nostri confronti”.
Giusto il tempo della festa con le giostre in piazza per poi smontare tutto e ripartire. “Ricordo – commenta Sharon – quando arrivava il momento di chiudere e andare via. Io magari mi ero creato qualche amicizia, delle simpatie, e avevo il nodo in gola e pensare di dover andare”.
Fidanzamenti difficili
Leslie e Sharon hanno una bellissima storia d’amore. “Le cose stanno un po’ cambiando, ma fino a poco tempo fa non era possibile per una ragazza fidanzarsi o frequentare un ragazzo senza sposarsi”, dice lui. “Io ero la più piccola di tre fratelli, con due maschi più grandi che mi controllavano a vista. Era impossibile per me avere un fidanzato”, dice lei.
Le loro famiglie avevano una piazza in comune, dove portavano le giostre per quattro giorni l’anno. “Ci conoscevamo di vista, poi ci siamo piaciuti, ma era difficile incontrarsi. Un giorno – sorride Leslie- lui è arrivato da me dicendo che aveva comprato un biglietto per l’Egitto, per fare la fuitina. Non ci potevo credere, e invece in due giorni ho preparato la borsa e senza dire niente a nessuno sono partita con lui”.
La “fuitina” è l’unico modo che avevano per dimostrare alle famiglie di essersi scelti e di voler fare le cose seriamente. “Ho chiamato mio zio per avvisarlo. Le due famiglie si conoscevano e i miei conoscevano Sharon, sapevano che era un bravo ragazzo, quindi mio zio mi ha rassicurato che sarebbe andato tutto bene”.
Cercare un dialogo
Al rientro dall’Egitto le due famiglie avevano organizzato una festa: “un matrimonio senza matrimonio, ma di fatto ci autorizzavano a stare insieme”, conclude Leslie ridendo.
“A noi è andata bene, ma per le mie figlie vorrei una cosa diversa”, sospira papà Sharon. La negazione assoluta di una cosa porta a nascondere, spesso a evadere, e non sempre finisce col lieto fine. “A volte le ragazze si uniscono a ragazzi poco raccomandabili o semplicemente le cose non vanno bene, e in quel caso non è ben visto che la ragazza torni sui suoi passi, dopo aver “vissuto” e consumato. Con le nostre figlie cercheremo il dialogo. Vorremmo conoscere i loro fidanzati, sapere se frequentano qualcuno. Che vadano pure dalla mamma se vogliono confidarsi, ma io vorrei sapere cosa fanno e con chi escono, senza costringerle alla fuitina per sentirsi libere di vivere un fidanzamento. Siamo un pochino indietro forse, ma le cose stanno cambiando o comunque noi vorremmo che per le nostre figlie fosse diverso”.
Uscire dal giro
Non è detto che ci si debba fidanzare sempre e solo tra giostrai; è una scelta libera. “Io ho due sorelle – racconta Sharon – una vive con noi e l’altra ha casa e ha lasciato le giostre”.
Non ci sono rancori se un o una giovane decide di fidanzarsi con qualcuno non del giro. “È solo più difficile”, dice Leslie. “Fidanzarsi con qualcuno che arriva da una famiglia di giostrai significa avere a che fare con una persona con vita e ritmi simili ai tuoi. Vuol dire incontrarsi e mettere su famiglia sapendo che si è fisiologicamente disposti a partire per qualche periodo dell’anno. È condiviso. Fidanzarsi con chi ha un quotidiano diverso significa dover raggiungere un compromesso: accettare la partenza oppure smettere di farlo, e ovviamente non è facilissimo trovare l’accordo”.
La famiglia si allarga
Leslie e Sharon presto hanno deciso di mettere su famiglia e sei anni fa è nata la prima figlia. “Diventare donna e mamma per me, figlia femmina con due fratelli maggiori maschi, non è stato facilissimo”. Già, alcuni tabù sembrano ancora radicati.
“Ho bevuto il primo caffè davanti a mia mamma a ventisei anni, perché è una cosa da maschi e perché il caffè porta la sigaretta, quindi per una ragazza non va tanto bene. Anche da incinta, sebbene loro fossero al corrente e avessero autorizzato la mia relazione con Sharon, e nonostante il mio amore per i vestiti attillati, io davanti alla mia famiglia tendevo a coprire la pancia con maglie larghe”. Pure rispetto alla nascita le usanze tengono la donna piuttosto a distanza.
“Quando siamo tornati dall’ospedale dopo la nascita della nostra seconda figlia, siamo passati a trovare mio nonno, allora 93enne. Per tutti era strano che la neo mamma fosse in giro, e mi dicevano di fare attenzione perché altri non avrebbero compreso e apprezzato”, racconta Sharon. La puerpera per quaranta giorni dopo il parto non deve uscire.
“Se Leslie preparava il caffè, mio nonno non lo beveva. E se gli chiedevo di prendere in braccio mia figlia, lui mi chiedeva quanti giorni avesse e se erano meno di quaranta gentilmente declinava le coccole”.
Ancora tanta discriminazione
A vederli e sentirli parlare della loro storia e del loro amore non verrebbe da pensarci, invece è ancora tanta la discriminazione che una famiglia può vivere per il semplice fatto di avere un lavoro atipico e meno ordinario rispetto ad altri.
“A volte passano le macchine e ci urlano cose brutte e mi fa male pensare che anche le bambine abbiano sentito. Quando arriviamo nei posti dove non ci conoscono, il primo sguardo è sempre di paura e timore”. In passato, nei paesi hanno pensato che con le giostre arrivassero i furti; d’altronde con la gente alla festa in piazza e le case vuote i ladri ne approfittavano. E l’associazione d’idee era immediata.
“Ci sono alcune cose difficili da accettare e comprendere”, dice Leslie pensierosa. “Al supermercato mi tengono d’occhio, a volte ci accusano ingiustamente e poi danno per scontate le nostre origini dell’Est, anche se siamo italianissimi”. Ma nelle piazze, tra giostrai, c’è più accoglienza? Se ci si conosce si è una grande famiglia, ma “quando si trova posto in una piazza nuova si viene tenuti d’occhio dagli storici. Se io arrivo con la mia giostra di autoscontri da 44 posti, mi metto a fare giri lunghi e regalare gettoni, le altre giostre smettono di lavorare e me li inimico”.
Il bello della vita in roulotte
Ci sono anche momenti molto belli nelle piazze. “A volte, soprattutto nei paesi più piccoli e dove ci conoscono, ci portano i dolci o frutta e verdura dall’orto. Poi noi siamo gran chiacchieroni e abbiamo un sacco di amici in giro”, dicono all’unisono.
Spostarsi e cambiare ambiente vuole dire conoscere tante situazioni e molte persone, una bella scuola per le bambine, che iniziano a crescere e a occupare visibilmente lo spazio nella loro roulotte, piccola e accogliente. Per viverci in quattro, con due bambine in età “creativa”, ci deve volere senz’altro molto amore e molta pazienza.
“Lo spazio è pochissimo e bisogna essere molto ordinati, e io non sempre lo sono”, sorride Leslie. “Selettivi, anche, altrimenti si accumula troppa roba. Abbiamo tanti di quei peluches per le bimbe che non so più dove metterli!”, continua mostrando i pupazzi sui letti. “Sicuramente però questo spazio e il nostro stile di vita hanno già insegnato alle nostre bambine ad adattarsi e ad essere flessibili”.
L’augurio per il futuro
Hanno una vita tutta da scegliere le due piccole. “Alla più grande delle nostre figlie noi ripetiamo sempre che vorremmo tanto che studiasse, che sapesse le lingue e soprattutto che deve sentirsi libera e serena di scegliere il suo futuro. Se vuole lasciare le giostre per noi non ci sono problemi, l’importante è che sia felice”.
Kate, così si chiama la seienne, ha iniziato la prima elementare da qualche mese. Il primo giorno di scuola la maestra ha chiesto ai bambini che lavoro facessero i genitori. C’erano medici, cuochi, giornalisti. “Mio papà monta” ha detto Kate senza specificare cosa. Lei magari un po’ si vergogna e invece Kate, Leslie e Sharon non lo sanno che tanti bambini sarebbero rimasti a bocca aperta dalla meraviglia, increduli davanti alla frase: “i miei genitori hanno le giostre”. Forse un pochino di magia è già tornata.